
Inés Arango Velásquez (in religione: María de la Nieves de Medellín)
(1937 - 1987)
Suora professa della Congregazione delle Terziarie Cappuccine della Sacra Famiglia; malgrado la consapevolezza che sarebbe potuta morire, ritenne necessario arrivare a trattare con la tribù dei Tagaeri prima dell’arrivo dei lavoratori e dei mercenari delle compagnie petrolifere, che avrebbero potuto usare violenza.
La Venerabile Serva di Dio Inés Arango Velásquez nacque a Medellín (Colombia) il 6 aprile 1937. Dopo un’esperienza come aspirante nell’Istituto delle Suore Missionarie di María Inmaculada e Santa Catalina de Siena, entrò nella Congregazione delle Suore Terziarie Cappuccine della Sacra Famiglia, fondata dal Venerabile Servo di Dio Luis Amigó y Ferrer. Il 2 luglio 1955 ricevette l’abito religioso, prendendo il nome di María de la Nieves de Medellín. Il 15 luglio dell’anno successivo emise la professione temporanea e, il 15 agosto 1959, quella perpetua. Dopo aver esercitato l’apostolato dedicandosi all’insegnamento, nel 1977, prese parte alla prima spedizione missionaria delle Suore Terziarie Cappuccine della Sacra Famiglia ad Aguarico, in Ecuador. Suor Inés svolse l’apostolato missionario in tre comunità: Shushufindi, Nuevo Rocafuerte e Coca. Delle ultime due, fu anche Superiora.
Il 4 agosto 1977 fu destinata a Nuevo Rocafuerte, dove lavorò in ospedale, mentre contemporaneamente si dedicò all’evangelizzazione di diverse comunità indigene sulle rive del fiume Napo, sotto la guida dei religiosi cappuccini Alejandro Labaka e Manuel Amunárriz. Nel 1987 fu assegnata a Coca, dove si dedicò all’evangelizzazione degli Huaorani.
Consapevole del pericolo imminente che incombeva sulla tribù Tagaeri, minacciata dalle grandi compagnie petrolifere, insieme al Venerabile Servo di Dio Alejandro Labaka Ugarte, Suor Inés Arango decise di andare incontro a tale popolazione. Pur ben valutando il rischio che comportava per loro questa azione, il 21 luglio 1987 furono trasportati in elicottero sul territorio abitato da quegli indigeni sorvolandolo, dove lasciarono cadere vari doni raccolti dai locali. Successivamente, furono lasciati nella foresta. Il giorno successivo, quando in elicottero tornarono a prenderli, furono trovati i loro corpi trafitti da frecce e lance. Portati a Coca, ed eseguita l’autopsia, risultò che il corpo di Mons. Labaka presentava 134 ferite, mentre quello di Suor Inés ne aveva 85.
La Venerabile Serva di Dio offrì liberamente e volontariamente la propria vita propter caritatem, per le missioni e, nel caso concreto, per la tribù dei Tagaeri.
È sufficientemente chiaro anche il legame tra l’offerta della vita e la morte prematura. Sapeva che la sua missione era molto rischiosa, ma necessaria per il bene dei nativi. La sera prima della sua morte Suor Inés scrisse una Nota di saluto con le sue ultime disposizioni: una specie di testamento, a conferma della cognizione del pericolo che avrebbe corso.
Malgrado la consapevolezza che sarebbe potuta morire, ritenne necessario arrivare a trattare con la tribù dei Tagaeri prima dell’arrivo dei lavoratori e dei mercenari delle compagnie petrolifere, che avrebbero potuto usare violenza.
Anche se non ci furono testimoni del momento della morte, è chiaro che ella decise di rimanere fedele al suo impegno verso i più poveri e alla missione evangelizzatrice. Sussiste, quindi, il nesso tra l’offerta libera della vita radicata nell’amore missionario e per le popolazioni indigene e la morte prematura di Suor Inés.
La sua uccisione ebbe una grande eco in tutto l’Ecuador, nel Vicariato Apostolico e ovviamente nella sua Congregazione. Da questo momento si è sviluppata una fama dell’offerta della vita che è giunta sino ai nostri giorni, unita ad una certa fama di segni.