Justa Domínguez de Vidaurreta e Idoy
(1875 - 1958)
Superiora della Provincia Spagnola della Società delle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli, si distinse per la carità operosa, gioviale e contagiosa che si manifestò soprattutto nei momenti più difficili. L’amore verso Dio la portò all’amore verso gli altri, superando sacrifici e difficoltà
La Venerabile Serva di Dio Justa Domínguez de Vidaurreta e Idoy nacque il 2 novembre 1875 a Azpeitia (Guipúzcoa, Spagna) in una famiglia profondamente cattolica.
Sentendosi chiamata alla vita consacrata, nel 1895 entrò nella Compagnia delle Figlie della Carità, nell’Ospedale Civile di Pamplona. L’8 settembre 1900, emise la professione dei voti religiosi.
Fu incaricata della formazione delle giovani suore e, nel 1922, venne nominata Direttrice e principale responsabile della formazione.
Per trentasei anni, offrì alle giovani consorelle un programma di santità, fondato sulle Regole date da San Vincenzo de’ Paoli alle Figlie della Carità.
Nel 1932 fu nominata Visitatrice Provinciale, della Provincia religiosa Spagnola, formata da 628 comunità e 8300 consorelle. Diede inizio a diverse istituzioni a favore della gioventù, quali l’Associazione dei Figli di Maria per i fanciulli; le opere del doposcuola per bambini e ragazzi; la Biblioteca Popolare cattolica vincenziana; la Galleria Letteraria per la gioventù cattolica; due mense sociali per bambini poveri; una mensa sociale per lavoratori e numerose scuole in quartieri molto poveri della Capitale.
Vedendo avvicinarsi la persecuzione e la guerra del 1936, incoraggiò ed esortò le consorelle a confessare la fede fino al martirio. Nello stesso anno, subì l’assalto della Casa Provinciale, lo scioglimento e la dispersione di 400 comunità e la distruzione di gran parte delle opere portate avanti dalle Figlie della Carità.
Dal 21 luglio 1936 al 31 agosto del 1937 passò dalla prigione a case-rifugio in atteggiamento di oblazione e continua sottomissione alla volontà di Dio, pur negli avvenimenti avversi.
Nel settembre del 1937, ottenuta la liberazione, stabilì il suo centro d’azione a Sangüesa, presso il Seminario. Da lì animò e incoraggiò le consorelle negli ospedali campali; riorganizzò le opere nelle zone che venivano liberate e, soprattutto, stabilì punti di aiuto per le consorelle che rimanevano in prigione, campi di concentramento o rifugi nelle zone repubblicane coinvolte nella persecuzione.
Terminata la guerra civile, dedicò tutte le sue energie alla riconciliazione e al perdono dei persecutori; al rafforzamento della vocazione delle consorelle; al reperimento di aiuti per i poveri e alla riorganizzazione della Provincia.
Contemporaneamente, inviò alcune consorelle nella Missione di Cuttack in India; fondò la Casa de estudios per la formazione delle consorelle e le riviste Hoja Pedagógica e Reina de las Misiones come mezzi di comunicazione delle esperienze apostoliche e missionarie; favorì lo stabilirsi della Unión de enfermos misioneros negli ospedali tenuti dalle consorelle; inviò consorelle nell’isola di Santo Domingo.
Le vocazioni crebbero molto e la Provincia arrivò a contare 11.500 membri.
Sperimentò con singolare pazienza e umiltà la croce delle incomprensioni negli ultimi anni.
Morì a Madrid (Spagna) il 18 dicembre 1958.
In ogni circostanza, cercò sinceramente la volontà di Dio. Da fedele figlia di San Vincenzo de’ Paoli si distinse per la carità operosa, gioviale e contagiosa che si manifestò soprattutto nei momenti più difficili. L’amore verso Dio la portò all’amore verso gli altri, superando sacrifici e difficoltà. Fu promotrice di associazioni laicali cattoliche ispirate al carisma vincenziano, con le quali cercò di arginare l’associazionismo laicista che stava prosperando in Spagna.
Durante la guerra civile, lasciò libere le consorelle di scegliere se restare nella Congregazione oppure tornare nelle proprie famiglie. In lei spiccarono le virtù della temperanza e della giustizia.
Una sua caratteristica fondamentale fu la capacità di perdono che la disponeva alla riconciliazione verso tutti.
Seguendo il carisma vincenziano, manifestò la sua donazione a Dio principalmente nell’amore per i poveri.