Causa in corso
Luigi Rocchi
- Venerabile Servo di Dio -

Luigi Rocchi

(1932 - 1979)

Venerabilità:

- 03 aprile 2014

- Papa  Francesco

Laico; colpito fin da piccolo da un male incurabile e costretto a ventisette anni di immobilità assoluta su di un letto, fu un  uomo innamorato della vita, impegnato a «consolare i crocifissi vivi»,  come  lui amava definire gli infermi

  • Biografia
«Sentirsi un niente, ma un niente visitato da Dio»

 

Il Venerabile Servo di Dio Luigi Rocchi nacque a Roma il 19 febbraio 1932. Poco dopo la famiglia si trasferì a Tolentino, loro città di origine. Dall’età di quattro anni, iniziò a manifestare una serie crescente di patologie: cadeva continuamente; a scuola non era in grado di muoversi e di correre come gli altri bambini, finendo per essere emarginato; per ricevere la Prima Comunione, dovette avanzare verso la balaustra sorretto dalla mamma. Gli fu diagnosticata una terribile malattia: la distrofia muscolare progressiva o morbo di Duchenne. Cominciò ad aver bisogno di un bastone per camminare, poi di due, alla fine anche una pietruzza diventava per lui un ostacolo insormontabile e per salire al piano superiore di casa i familiari dovevano caricarselo in spalla. Inoltre, a nove anni fu coinvolto in un incendio per un bombardamento aereo, che gli lasciò in eredità una completa calvizie.

Di fronte a questa situazione, ebbe inizialmente un comprensibile atteggiamento di ribellione, che produsse in lui tristezza, crisi esistenziale, abbandono della fede e completa disperazione. La sua mamma, una donna dalla fede semplice e convinta, giunse ad accettare la malattia del figlio e a tenerselo in casa, contrariamente all’abitudine dell’epoca di ricoverarlo in qualche istituto. Ella gli ripeteva spesso una frase, «Luigino, Gesù ti ama», che – come il Venerabile Servo di Dio avrà a confessare un giorno – sarà l’inizio della sua conversione.

Nel frattempo, giunto in età giovanile, Luigi dovette ritirarsi da scuola, rinunciare a formarsi una famiglia, perdere il lavoro da sarto, perché non più in grado di tenere l’ago tra le dita, rinunciare alle compagnie di cui era l’anima e vivere in una cupa solitudine. Si mise a letto a diciannove anni, imprecando contro il suo destino. Ma, attingendo ai valori appresi in famiglia, in parrocchia e nell’Azione Cattolica, frequentata durante l’adolescenza, egli ebbe un moto di reazione e, con la forza disperata di un naufrago, rivolse la sua invocazione a Gesù crocifisso. La preghiera a poco a poco divenne il respiro della sua giornata. 

In quel periodo iniziò a partecipare ad alcuni pellegrinaggi a Lourdes e a Loreto e alle diverse iniziative dell’UNITALSI (= Unione Nazionale Italiana Trasporti Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali) e dei “Volontari della sofferenza” e strinse amicizia con altri infermi, che lo aiutarono ad accogliere la sua situazione come una speciale partecipazione all’amore di Dio e alla sofferenza di Gesù. In quel periodo scrive in una lettera: “La mia vita non è più solo dolore; non che non soffra più però il dolore si è fatto veicolo di gioia, di amore, di vita”. Entrò a far parte della “Rete Radié Resch”, un’associazione di solidarietà, e, iniziando a scrivere sul Messaggero di Sant’Antonio, entrò in contatto con molti lettori, diventando per tutti un efficace consigliere spirituale. La sua immobilità diventava sempre più totale e le sue mani divennero incapaci a scrivere: allora imparò a premere i tasti della macchina dattilografica con un bastoncino che manovrava con la bocca, riuscendo così a far spedire anche una ventina di lettere al giorno, per incoraggiare, sostenere, consigliare.

Dal profondo della sua sofferenza, Luigi, come dice il profeta Zaccaria, seppe “volgere lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Zc 12,10). Da quello sguardo di fede scaturì una straordinaria testimonianza di amore e di fecondità, sostenuta dalla preghiera e dalla vita sacramentale, crescendo nell’esercizio delle virtù. Voleva solo fare del bene e pregava molto, aveva una grande sensibilità verso i sofferenti e contro tutte le ingiustizie e oppressioni commesse sui poveri del mondo. Aveva il dono di consolare e colpiva la serenità e la gioia presente nella sua vita. Di fonte al dolore non si ripiegò su se stesso, ma si aprì all’amore di Dio e del prossimo. Quanti lo avevano conosciuto videro in lui un autentico «sacramento del dolore»: una limpida irradiazione di fede, di speranza e di carità.  Ripeteva spesso: “Non voglio amare la croce, ma, come Gesù, voglio amare la gente “a costo” della croce!”

Immerso sempre più nel mistero della croce e continuando a «sentirsi un niente, ma un niente visitato da Dio», Luigi Rocchi si spense in Macerata il 26 marzo 1979.