Causa in corso
Maria de Lourdes Guarda
- Venerabile Serva di Dio -

Maria de Lourdes Guarda

(1926 - 1996)

Venerabilità:

- 21 novembre 2025

- Papa  Leone XIV

Fedele laica; visse quasi tutta la sua vita paralizzata a letto, offrendo la sua sofferenza al Signore, sentendosi pertanto profondamente unita alla passione di Cristo. Confortata da una intensa pratica di preghiera, seppe trovare la forza di reagire con fede alla sua situazione di grave infermità, dedicandosi con grande spirito di carità all’apostolato praticato all’interno di diverse realtà ecclesiali

  • Biografia
“In tempi difficili, Dio ci usa per grandi imprese. Non mi sono mai offerta come vittima a Dio. Accetto e basta”

 

La Venerabile Serva di Dio Maria de Lourdes Guarda nacque a Salto, stato di San Paolo (Brasile), il 22 novembre 1926 e fu battezzata il 12 febbraio 1927 nella parrocchia della Madonna del Monte Serrat di Salto. Era la seconda dei tre figli di Innocêncio Guarda e Júlia Froner Guarda. La famiglia era povera, ma profondamente cattolica. Fece la prima comunione l’8 dicembre 1934 e da quel momento, insieme con la madre, il fratello e la sorella, partecipava ogni giorno alla messa e si comunicava. Nel 1938, finita la scuola primaria, si trasferì nella vicina città di Itu, dove frequentò il prestigioso collegio delle Suore di san Giuseppe di Chamberry. Dopo aver conseguito il diploma magistrale, nel 1944 fece ritorno a Salto. Era una bella donna nel fiore degli anni, con una vasta cerchia di amici, insegnava presso le Suore di San Giuseppe ed era molto attiva nella vita parrocchiale.

Si faceva strada in lei la chiamata alla vita religiosa e, aiutata dal parroco, iniziò una preparazione immediata per entrare come aspirante fra le Suore di san Giuseppe dove qualche anno prima, nel 1940, era entrata la sorella maggiore Maria da Conceição prendendo il nome di suor Leonor. Come è prassi, le fu chiesto un certificato di buona salute e, accusando la giovane forti dolori alla schiena e alle gambe, fece una visita specialistica che le diagnosticò una patologia della colonna vertebrale. Fu l’inizio di un calvario che l’avrebbe tormentata fino alla tomba per quasi mezzo secolo.

Dopo aver tentato inutilmente terapie mediche, fu consigliata dall’amico di famiglia, Archimedes Lammoglia, allora ancora studente di Medicina, di ricorrere a un famoso chirurgo e ortopedico il quale, eseguita una radiografia, decise di operarla con urgenza. Il 12 aprile 1947, all’ospedale Matarazzo di San Paolo, si tentò questo intervento chirurgico sulla discopatia. Sulle prime l’intervento sembrò risolvere, almeno in parte, la grave sintomatologia dolorosa, tanto che fu dimessa e poté riprendere la sua attività didattica. Il dolore, però, non scompariva e si manifestarono limitazioni motorie per cui si fece un accertamento radiologico che mostrò i segni suggestivi di un fatto infettivo che coinvolgeva le vertebre e il nervo sciatico. Fu necessario un secondo intervento per risolvere il fatto infettivo, sbrigliare le vertebre e le radici nervose così da evitare che l’infezione si estendesse al midollo spinale. Il secondo intervento fu eseguito il 18 febbraio 1948, ma, per una manovra sbagliata del chirurgo, si produsse una lesione del midollo che produsse una serie di effetti negativi. Quando le fu comunicato l’incidente avvenuto e le possibili conseguenze esclamò: “Sia fatta la volontà di Dio”.

Lourdes era immobilizzata e aveva bisogno di cure per recuperare la funzionalità motoria e far cessare il dolore che la tormentava. Il chirurgo, consapevole della sua responsabilità, fece in modo che fosse ospitata stabilmente e gratuitamente in una stanza dell’ospedale. Nel tentativo di farla tornare a camminare, Lourdes subì altri dolorosi interventi chirurgici che la obbligavano a post-operatori faticosissimi, chiusa in ingessature gravose e costretta a posizioni insopportabili. Nonostante i tanti interventi, rimase immobilizzata in un letto e, sostenuta dall’ingessatura, poteva muovere solo la testa e le braccia. Nel 1957 si rese necessaria l’amputazione della gamba destra per una cancrena, e con il tempo la gamba sinistra si atrofizzò. Nel 1963, aiutata economicamente da amici e benefattori ed in particolare dal dottor Archimedes Lammoglia, oltre che da una piccola pensione avuta dal padre, poté trasferirsi in una camera singola più adatta alle sue necessità, con un’ampia finestra e alcune immagini sacre.

All’inizio di questa via dolorosa – ella confiderà in seguito – aveva “persino messo in dubbio Dio”, ma poi, aiutata da due religiose, suor Bernadete Locore e suor Mônica Castanheira, abbracciò la sua condizione come una Sua volontà. Si dedicava a lavori di cucito e di ricamo per aiutare la famiglia. A poco a poco iniziò un’opera di apostolato e di aiuto ai malati e, soprattutto, ai bambini malati. La sua fama si diffondeva e nella sua stanza passavano padri e madri di famiglia, prostitute, mamme single, omosessuali, emarginati e bisognosi di aiuti materiali e spirituali. Lourdes trovava conforto nella preghiera e tutto offriva al Signore, né la malattia e la disabilità avevano spento nel suo cuore il desiderio di consacrazione. Ricordava il 1947, anno dell’entrata in ospedale, insieme a suor Mônica Castanheira che in quell’anno era entrata in monastero, come anno dell’offerta delle loro vite al Signore. Avrebbe voluto consacrarsi nell’Ordo virginum della Diocesi, ma le sue condizioni fisiche determinarono il rifiuto da parte del Cardinale di San Paolo perché l’unica destinazione dell’Ordo virginum era il lavoro in Curia e – ovviamente – Lourdes non era idonea.

Nel 1966 conobbe Romilda Capossoli, una infermiera della Pastorale della Salute, che era legata, con voti privati, a un istituto secolare denominato Caritas Christi. Dopo un periodo di formazione con la responsabile locale, Margarida Oliva, Maria de Lourdes, nel 1967 entrò nell’Istituto, nel 1970 fece il suo primo “patto” e l’incorporazione definitiva sarebbe poi avvenuta l’11 febbraio 1975. Secondo l’indole di molti istituti secolari, mantenne segreta la sua appartenenza. Le riunioni del gruppo si svolgevano da lei e spesso l’assistente celebrava nella stanza. Riuscì anche a partecipare a due incontri nazionali a Belo Horizonte e a Salvador.

Nel 1972 festeggiò le nozze d’argento del suo ricovero e, alla presenza di parenti e amici, ringraziò Dio per il bene che aveva effuso su di lei e che le aveva concesso la grazia di vivere felicemente in quella casa di amore e di carità un quarto di secolo. In questa occasione fu organizzata una grande festa in suo onore e la stampa di San Paolo raccontò l’evento, dedicandole diversi articoli.

Nel luglio del 1974 Lourdes fu invitata dal cappellano dell’ospedale a partecipare ad un incontro di paraplegici organizzato dai padri Gesuiti nell’ambito del Movimento Speranza Cristiana, fondato da padre Aldo Giacchi, missionario italiano in Cile e lui stesso disabile. Dopo alcune perplessità iniziali, si impegnò con tutte le sue energie a diffondere il Movimento, diventandone la coordinatrice in Brasile. Si apriva la possibilità di trasmettere un messaggio evangelico a chi, come lei, doveva portare una croce pesante.

Nel maggio del 1977 conobbe il Movimento internazionale ed ecumenico per l’integrazione dei disabili, nato a Verdun nel 1945, conosciuto con il nome di Fraternità cristiana dei disabili. La Fraternità era giunta in Brasile nel 1972 e Lourdes la conobbe nel 1976 e già l’anno seguente prendeva vita a San Paolo il primo nucleo. Si riconosceva perfettamente nella missione della Fraternità che era quella di valorizzare la persona con disabilità e non la disabilità della persona, come ebbe a dire a padre Giacchi. Nel maggio del 1977 avvenne l’incontro con il giovane gesuita Geraldo Nascimiento: ne nacque un sodalizio fortissimo e ricco di frutti. Nonostante le gravi limitazioni, cominciò a visitare famiglie, ospedali e persino carceri dove stavano i disabili per sostenerli spiritualmente, per difenderne la dignità e i diritti e per creare una rete di relazioni.

Un episodio emblematico fu la manifestazione nella metropolitana di San Paolo per protestare contro l’umiliazione procurata dal personale a un disabile sulla sedia a rotelle. La sua stanza della diventò il quartier generale della Fraternità. Era un via vai continuo di gente che cercava il suo aiuto o che voleva consigliarsi con lei. Lourdes era infaticabile nell’accogliere, nel raccomandare, nell’organizzare iniziative. Dal 1980 al 1992 Maria de Lourdes fu la coordinatrice nazionale della Fraternità e iniziò a viaggiare in tutto il Brasile e anche all’estero, in auto o in aereo, promuovendo e incoraggiando la formazione di nuovi Nuclei del Movimento e l’inserimento sociale delle persone con disabilità. Quando si ritirò dal Coordinamento nel 1992, la Fraternità era già presente in 17 Stati della Federazione, con settemila collaboratori e circa 25mila persone iscritte, di cui il 70% con qualche tipo di disabilità.

Coordinò, con altre associazioni e movimenti, la celebrazione dell’Anno Internazionale delle Persone con Disabilità nel 1980. Il 30 luglio 1980, partecipò, con altre persone disabili, ad una messa all’aperto celebrata da papa Giovanni Paolo II a Campinas, durante la sua prima visita in Brasile. Il suo lavoro nell’ambito della Pastorale dalla Salute fu riconosciuto dalla Conferenza Episcopale Brasiliana (CNBB). Ebbe la stima e l’appoggio del cardinale Paulo Evaristo Arns, arcivescovo di San Paolo. Per merito della sua intraprendenza la Fraternità mantenne contatti con molti movimenti sociali e con molti organismi civili. Dopo aver lasciato il coordinamento del Movimento della Fraternità nel 1992, pur essendo in cattive condizioni di salute, continuò ad aiutare le persone con uno straordinario ottimismo.

Gli ultimi 3 anni della vita furono funestati dalla inopinata chiusura dell’Ospedale Matarazzo. Cercò con tutte le forze di impedire la chiusura di un presidio sanitario che offriva un servizio eccellente a un vasto bacino di utenza, sostenne i medici e il personale per difendere i posti di lavoro, cercò di sensibilizzare l’opinione pubblica nella totale insensibilità dei responsabili al Governo. Il complesso fu chiuso il 17 ottobre 1993 e dal 1995 rimase, lei sola, in una stanza dell’ospedale. Le sue condizioni cliniche intanto peggioravano e nel marzo 1996 si rese necessario il trasferimento nell’Ospedale Santa Caterina: subì diversi interventi chirurgici. Fu ricoverata in un ambiente riservato allestito come una terapia intensiva. Il suo corpo era divenuto tutto una piaga. Soffriva dell’isolamento e della solitudine cui era costretta, ma chi poteva avvicinarla la trovava egualmente serena e fiduciosa. La mattina del 5 maggio 1996 ricevette gli ultimi sacramenti e verso le 18, assopita, ma lucida, accolse l’approssimarsi la morte.

Il corpo fu vegliato e visitato da moltissime persone per tutto il giorno seguente nel cimitero di Araçá. Il funerale fu celebrato a Salto da padre Geraldo do Nascimiento davanti a un’assemblea di 500 persone, molti sacerdoti e autorità locali. Fu sepolta nella tomba di famiglia a Salto. Il 30 settembre 2010 la sua salma venne riesumata e trasferita nella Chiesa madre di Salto, sotto l’altare della Sacra Famiglia.

La Venerabile Serva di Dio visse quasi tutta la sua vita paralizzata a letto, offrendo la sua sofferenza al Signore, sentendosi pertanto profondamente unita alla passione di Cristo. Confortata da una intensa pratica di preghiera, seppe trovare la forza di reagire con fede alla sua situazione di grave infermità, dedicandosi con grande spirito di carità all’apostolato praticato all’interno di diverse realtà ecclesiali. Pur vivendo segregata in ospedale, la sua stanza divenne centro di riunioni per coordinare le diverse attività di apostolato e dispensava consigli e incoraggiamento a chiunque le si recasse in visita, offrendo conforto spirituale e materiale.

La sua fede era nutrita da una intensa vita sacramentale. Nella contemplazione dell’Eucarestia, trovò quella consolazione e quella pace che riusciva poi a infondere al suo prossimo più bisognoso. Costretta a letto per quasi cinquant’anni, attraverso la preghiera e l’abbandono fiducioso alla Volontà divina, superò anche i momenti di scoraggiamento. Nutrì la sua fede non solo con le pratiche religiose, ma anche condividendo la spiritualità dell’Istituto Caritas Christi al quale scelse di appartenere, partecipando, nonostante l’estrema difficoltà, ai ritiri spirituali e alle riunioni. Ebbe un forte senso della giustizia battendosi perché fossero riconosciuti i diritti delle persone più deboli, specialmente dei disabili. La sua fama di santità, già presente in vita, si è accentuata dopo la morte.