Vittorio Trancanelli
(1944 - 1998)
Laico, Padre di famiglia; l’esperienza della malattia lo rese particolarmente sensibile verso i suoi pazienti, che seguiva, oltre che con le sue abili qualità di medico e chirurgo, anche con profonda comprensione. Fu apprezzato da colleghi e degenti per il suo senso di umanità e la sua dolcezza
Il Venerabile Servo di Dio Vittorio Trancanelli nacque il 26 aprile 1944 a Spello (PG), dove la sua famiglia si era rifugiata a causa della guerra. Successivamente, si trasferì a Petrignano d'Assisi, luogo del quale era originario suo padre. Lì il Venerabile Servo di Dio passò la sua infanzia e l'adolescenza, compiendo gli studi scolastici e, poi, iscrivendosi alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Perugia, presso la quale conseguì la Laurea, divenendo un brillante medico-chirurgo. La sua partecipazione alla vita della Chiesa maturò attraverso l'attiva appartenenza all'Azione Cattolica e la guida spirituale da parte di alcuni sacerdoti. Il 18 ottobre 1970 si sposò con Rosalia Sabatini, trasferendosi a Perugia dove lavorò presso il locale nosocomio "S. Maria della Misericordia". Nel 1976, un mese prima della nascita di Diego, unico figlio naturale, il Servo di Dio si ammalò gravemente di colite ulcerosa con peritonite diffusa venendo salvato sorprendentemente da morte quasi certa. I postumi di tale malattia segnarono tutta la sua vita, fino a portare negli ultimi ventitré anni una ileostomia senza che alcuno sapesse nulla tranne sua moglie e i suoi collaboratori medici più stretti. Quella fu la sua "spina nella carne", come usava chiamarla lui, portata con fede, con amore a Gesù Cristo e grande fortezza d’animo. Dopo un anno circa di convalescenza, riprese il servizio ospedaliero volto al bene fisico e spirituale degli ammalati nei quali vedeva il Signore Gesù. Contemporaneamente si dedicò alla sua famiglia che amò e servì con grande umanità e premurosa carità.
Nel 1980 nacque in lui un grande interesse per la Sacra Scrittura e per l'ebraismo che studiò con passione per il resto della sua vita cercando di capire la figura di Gesù nel contesto di appartenenza non solo storico ma anche logistico, culturale e linguistico. Nel frattempo, insieme alla moglie, decise di accogliere in “affidamento” diversi ragazzi che crebbero all'interno della loro famiglia insieme al loro figlio naturale, sperimentando il calore, l’affetto e l’assistenza di persone che li amavano. Nel 1992, la coppia decise di prendersi cura anche di una ragazza down, figlia di una caposala dell'ospedale dove il Servo di Dio lavorava, che stava morendo di tumore e che chiese loro di occuparsi della figlia. Nel 1997 Vittorio diede anche il via, insieme a sua moglie e a qualche amico, ad una associazione da lui chiamata "Alle Querce di Mamre" per l'accoglienza di famiglie, ma soprattutto madri con figli, in gravi difficoltà, di qualsiasi ceto, religione e appartenenza geografica e ciò in perfetta sinergia con la Caritas diocesana.
Nello stesso anno fu diagnosticato al Venerabile Servo di Dio un tumore che lo portò alla morte, avvenuta a Cenerente (Perugia, Italia) il 24 giugno 1998.
ITER DELLA CAUSA
L’Inchiesta diocesana si svolse presso la Curia ecclesiastica di Perugia-Città della Pieve (Italia), dal 24 settembre 2006 al 23 giugno 2013, in quarantatré Sessioni, durante le quali furono raccolte le prove documentali ed escussi quarantuno testi, di cui quattro ex officio.
La validità giuridica dell’Inchiesta fu riconosciuta dalla Congregazione con il Decreto dell’8 novembre 2013.
CONGRESSO DEI CONSULTORI TEOLOGI
Si tenne il 16 giugno 2016. I Consultori, delineando il profilo biografico del Venerabile Servo di Dio, sottolinearono che egli fu un laico impegnato e medico. L’esperienza della malattia rese il Venerabile Servo di Dio particolarmente sensibile verso i suoi pazienti, che seguiva, oltre che con le sue abili qualità di medico e chirurgo, anche con profonda comprensione. Fu apprezzato da colleghi e degenti per il suo senso di umanità e la sua dolcezza. La fede, alimentata da un’intensa vita di preghiera sia individuale che comunitaria, portarono lui e la moglie a dare vita all’associazione “Alle Querce di Mamre”, con lo scopo di ospitare donne e bambini bisognosi di un focolare domestico. Nonostante i numerosi impegni della professione e della famiglia, il Venerabile Servo di Dio si aggiornava partecipando a convegni e conferenze per dare il meglio delle sue competenze ai pazienti. Curò molti interessi culturali fra cui l’archeologia e la musica classica; ma fu soprattutto lo studio della Sacra Scrittura che lo appassionò particolarmente, conducendolo alle origini della propria fede, anche con lo studio della lingua ebraica.
Il Venerabile Servo di Dio fu un uomo dal carattere riservato, ma sempre disponibile agli altri, un uomo essenziale che mirava alla sostanza delle cose e delle relazioni. Attraverso la professione venne a contatto con i drammi umani più profondi, ai quali cercò di avvicinarsi sempre secondo i principi del Vangelo. L’amore per la giustizia animava ogni suo comportamento. Animato da una solida speranza cristiana, conservò sempre la calma, pur nelle mille occupazioni e difficoltà quotidiane. Nonostante i successi professionali che gli consentivano una certa agiatezza economica, il Servo di Dio condusse una vita austera e sobria e disponibile verso i più bisognosi.
Al termine del dibattito, i Consultori si espressero unanimemente con voto affermativo circa il grado eroico delle virtù, la fama di santità e di segni del Venerabile Servo di Dio.
SESSIONE ORDINARIA DEI CARDINALI E VESCOVI
Si riunì il 21 febbraio 2017. L’Ecc.mo Ponente, dopo avere tratteggiato la storia della Causa e la figura del Servo di Dio, si soffermò sul suo esercizio delle virtù teologali e cardinali, maturato durante un cammino di profonda crescita spirituale. Fu una persona leale, trasparente, generosa, intelligente e laboriosa, ma un po’ introversa e taciturna anche in famiglia. La sua vita fu segnata dalla malattia, che lui la trasformò in occasione di amore e di testimonianza sublimi. Al suo direttore spirituale che gli diceva che tutti pregavano per la sua guarigione, rispondeva: “Lasciate fare a Dio, che ha la libertà di fare quel che vuole, anche se a me costa molto, e il mio desiderio sarebbe quello di morire insieme a mia moglie a cento anni”. Si sentiva molto amato da Dio e rispondeva con gratitudine all’amore che riceveva dall’alto. Per la sua carità, visse una “genitorialità allargata”, assicurando ai bambini accolti in casa l’affetto, la cura e l’apprensione di un vero genitore. Conferma di ciò si ha in ciò che la figlia con la sindrome di down le disse: “Babbo, tu assomigli a San Giuseppe, perché sei buono, silenzioso, giusto e padre putativo”. Rispettoso verso i malati era sempre pronto a confortarli e incoraggiarli. Non sfruttava la sua posizione per arricchirsi e, per senso di giustizia, non esigeva onorari per le prestazioni professionali, affermando che già percepiva lo stipendio dall’Ospedale.
Al termine della Relazione dell’Ecc.mo Ponente, che concluse constare de heroicitate virtutum, gli Em.mi ed Ecc.mi Padri risposero al dubbio con sentenza affermativa.