Bartolo Longo
(1841-1926)
- 5 ottobre
Laico, dedito al culto mariano e all’istruzione cristiana dei contadini e dei fanciulli, fondò con l’aiuto della moglie il santuario del Rosario a Pompei e la Congregazione delle Suore che porta lo stesso titolo
Bartolo Longo nacque il 10 febbraio 1841 a Latiano (BR), Italia. Nel 1863 giunse a Napoli per completare gli studi di Giurisprudenza. Influenzato da amici e professori, si avvicinò al mondo dello spiritismo, abbandonando la fede cattolica alla quale era stato educato. Grazie al professor Vincenzo Pepe e al domenicano P. Alberto Radente, si convertì e si dedicò pienamente alla fede cattolica e alla carità. Tramite Santa Caterina Volpicelli conobbe la contessa Marianna Farnararo De Fusco, rimasta vedova in giovane età, con cinque figli. Per curare le sue proprietà, nel 1872 si recò in Valle di Pompei.
Tormentato dal dubbio su come avrebbe potuto salvarsi, a causa delle esperienze passate, una voce interiore gli suggerì che se avesse propagato il Rosario avrebbe ottenuto la salvezza. Comprese, in tal modo, la sua vocazione e si propose di non allontanarsi da Valle di Pompei senza aver diffuso il culto alla Vergine del Rosario.
Cominciò col catechizzare i contadini e iniziò anche a ristrutturare la piccola e fatiscente chiesa parrocchiale del Santissimo Salvatore, mentre l’arrivo presso di essa della prodigiosa immagine della Vergine del Rosario, il 13 novembre 1875, segnò l’inizio di una nuova storia. Il giorno dopo a Bartolo Longo, che aveva in animo di erigere un altare in onore della Madonna del Rosario, il Vescovo di Nola prospettò, invece, di erigere una nuova chiesa parrocchiale. Longo e la contessa accettarono e cominciarono a raccogliere offerte tra i contadini di Valle e gli amici dell’aristocrazia e della borghesia napoletana. In particolare, la De Fusco raccolse l’adesione della signora Anna Maria Lucarelli di Napoli, che s’impegnò a darne anche testimonianza, qualora la nipote Clorinda, in fin di vita, fosse guarita. La ragazza, per intercessione della Vergine del Rosario, guarì il 13 febbraio 1876, lo stesso giorno in cui l’immagine della Madonna venne esposta alla venerazione del popolo pompeiano: il fatto fu ritenuto come il segnale con cui la Vergine mostrava di gradire l’opera iniziata a Valle di Pompei. Da Napoli, ancora, e poi, pian piano, da ogni parte del mondo, giunsero offerte per la costruzione della nuova chiesa, la cui prima pietra fu posta l’8 maggio 1876.
Nel 1877 Bartolo Longo compose e divulgò i “Quindici Sabati”, attraverso i quali «sviluppò l’anima cristologica e contemplativa del Rosario» (cf. Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae, n. 8). Due anni dopo, guarì lui stesso da una grave malattia grazie alla recita della “novena di impetrazione”, da lui appena composta. Il 14 ottobre 1883, ventimila pellegrini, riuniti a Pompei, recitarono, per la prima volta, la “Supplica alla Vergine del Rosario”, sgorgata dal suo cuore, in risposta all’Enciclica Supremi apostolatus officio (1° settembre 1883) di Leone XIII. Nel 1884 fondò il periodico Il Rosario e la Nuova Pompei.
Intorno al cantiere della nuova chiesa sorgeva intanto una vera e propria città con le case per gli operai, il telegrafo, la stazione ferroviaria, un piccolo ospedale, l’osservatorio meteorologico e quello geodinamico. Nel 1887 fondò l’Orfanotrofio Femminile, la prima delle sue opere di carità a favore dei minori, che successivamente affiderà alla cura delle Suore Domenicane “Figlie del Santo Rosario di Pompei”, da lui fondate nel 1897.
Il Santuario, intanto, consacrato nel 1891, era sempre più conosciuto e molti fedeli chiedevano le più disparate grazie.
A Bartolo Longo si rivolsero anche i detenuti per esortarlo a prendersi cura dei loro figli. Alla luce della preghiera, comprese che non solo era possibile recuperare i figli dei carcerati, ma che essi avrebbero potuto salvare i loro genitori dalla disperazione. Così, nel 1892 fondò l’Ospizio per i figli dei carcerati, retto, a partire dal 1907, dai Fratelli delle Scuole Cristiane. Il primo ragazzo accolto divenne, poi, sacerdote. In seguito accolse anche le figlie dei carcerati che affidò alla cura delle Suore Domenicane “Figlie del Santo Rosario di Pompei”.
Il 5 maggio 1901 fu inaugurata la facciata della Basilica, eretta con il contributo di fedeli di tutto il mondo e dedicata alla Pace Universale.
Bartolo Longo morì a Valle di Pompei, a ottantacinque anni, il 5 ottobre 1926.
Egli fu tra i più grandi promotori laici del Rosario tra il XIX e il XX secolo, erigendo uno dei santuari più noti e cari alla pietà mariana mondiale. Come apostolo del Rosario divenne evangelizzatore e difensore delle ragioni e dei diritti dei minori, compiendo una singolare azione di promozione umana a favore dei ragazzi emarginati del suo tempo, soprattutto gli orfani e i figli e le figlie dei carcerati. Accanto al “Santuario della fede”, la splendida basilica della Madonna del Rosario, visitata ogni anno da milioni di fedeli, sentì impellente il desiderio di edificare il “Santuario della carità”, le opere sociali che, ancora oggi, circondano il tempio mariano, accogliendo centinaia di persone in difficoltà, per la maggior parte neonati, bambini e ragazzi, provenienti da situazioni di grande disagio sociale.
Seppe coniugare insieme le parole della fede e le opere della carità, mettendosi a servizio degli emarginati nelle periferie del mondo del suo tempo, diventando testimone di una Chiesa in uscita e senza frontiere, auspicata dal magistero di Papa Francesco.
“Iter” della causa
Il 2 giugno 1934 il Prelato di Pompei Monsignor Antonio Anastasio Rossi istruì il Processo Informativo Ordinario super fama sanctitatis vitae, virtutibus et miraculis: furono istruiti anche due Processi Rogatoriali a Oria e a Pavia, entrambi nel 1935. Il Processo andò avanti fino al 1937.
Sempre a Pompei fu celebrato il Processo Apostolico negli anni 1947-1948 e 1968. Il decreto di validità giuridica dei menzionati Processi porta la data del 26 febbraio 1971.
La Positio super virtutibus fu sottoposta, il 22 aprile 1975, ai Consultori Teologi che espressero il loro parere unanime affermativo. Successivamente i Padri Cardinali, riuniti nella Sessione plenaria dell’8 luglio 1975, riconobbero l’esercizio eroico delle virtù da parte di Bartolo Longo: ciò spianò la strada al riconoscimento ufficiale, con il relativo decreto “super virtutibus” autorizzato da San Paolo VI il 3 ottobre 1975.
In vista della beatificazione
In vista della beatificazione del Fondatore del Santuario di Pompei fu presentato il caso della signora Carmen Rocco, coniugata Camera, guarita perfettamente ed improvvisamente, il 5 aprile 1943, da una sindrome enterocolitica con turbe da malassorbimento e malnutrizione, con anemia grave ipercromica con disturbi motori e colecistite calcolosa.
Le relative prove furono raccolte nel corso del Processo Apostolico svoltosi a Napoli nel 1945, riconosciuto valido con il decreto del 24 ottobre 1975. La Consulta Medica, riunitasi il 22 marzo 1978, dichiarò scientificamente inspiegabile la guarigione. Il 10 aprile 1979 si tenne, con esito favorevole, il Congresso peculiare dei Consultori Teologi. La Positio super miraculo passò poi all’esame dei Padri il 29 maggio 1979, i quali diedero unanime parere positivo. Il relativo decreto fu promulgato il 13 giugno 1979.
Il solenne rito di beatificazione, presieduto da San Giovanni Paolo II, si svolse in Piazza San Pietro la domenica 26 ottobre 1980.
In vista della canonizzazione
Dopo il 1980 e fino ai nostri giorni è stata costante e vieppiù diffusa la fama di santità e di segni del Beato, come attestano, autorevolmente, le lettere di conferenze episcopali nazionali e di interi episcopati regionali italiani. La beatificazione fece sì che il culto del Beato si sviluppasse in tutta la Chiesa ed esso ha oggi, dopo quasi 45 anni dall’evento, connotazioni di dimensioni mondiali, soprattutto per quanto concerne la diffusione del culto alla Madonna del Rosario di Pompei di cui è stato l’iniziatore, al quale si accompagnano, in una felice sintesi, iniziative di apostolato caritativo e sociale, soprattutto nei confronti dei bambini, delle donne, dei poveri e di altre “periferie esistenziali”, delle quali così spesso parla Papa Francesco.
Molteplici risultano anche gli approcci culturali, sociali ed economici alla figura del Beato, che dimostrano l’ampiezza e la fecondità della sua azione apostolica. Attraverso l’opera delle Suore Domenicane “Figlie del Santo Rosario di Pompei” il carisma di Bartolo Longo risulta presente in diversi continenti.
Tenendo conto dell’attualità e della diffusione a livello mondiale della figura del Beato, Monsignor Tommaso Caputo, Arcivescovo Prelato e Delegato Pontificio di Pompei, il 18 giugno 2024 ha inviato al Santo Padre Francesco, insieme a Monsignor Antonio Di Donna, Vescovo di Acerra e Presidente della Conferenza Episcopale Campana, una supplica per chiedere la canonizzazione del Beato, dispensando dallo studio di un presunto miracolo, nella convinzione che essa avrebbe offerto un modello eccellente alla vita della Chiesa e un esemplare testimone di vita cristiana alla società civile del nostro tempo in tutto il mondo.
Per accompagnare adeguatamente la supplica, la Postulazione ha raccolto in una speciale Positio super canonizatione la documentazione che illustra i motivi che sostengono l’auspicio di una canonizzazione del Beato, in questo particolare momento della vita della Chiesa, impegnata nella nuova evangelizzazione, nella valorizzazione dei laici.
Emergono nella Positio le prove della estensione del culto e della vigorosa devozione di un’ampia fascia del Popolo di Dio verso il Beato; significative sono le attestazioni del potere di intercessione del Beato che si manifesta con il conseguimento di grazie materiali e spirituali; numerose sono le testimonianze sulla rilevanza della sua figura nel campo culturale, sociale ed economico. Non mancano autorevoli interventi degli ultimi Sommi Pontefici e dell’Episcopato Cattolico sulla permanente attualità del suo messaggio spirituale e della sua opera caritativa.
Gli Eminentissimi Padri Cardinali e gli Eccellentissimi Vescovi del Dicastero delle Cause dei Santi, riuniti in Sessione Ordinaria il 18 febbraio 2025, esaminata la Positio super canonizatione hanno espresso il loro autorevole giudizio positivo.
Nell’udienza concessa il 24 febbraio 2025 al Segretario di Stato, Card. Pietro Parolin e al Sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato. S. E. Mons. Edgar Peña Parra, il Santo Padre Francesco approvava i voti della suddetta Sessione Ordinaria e decideva di sottoporre la canonizzazione del Beato Bartolo Longo al successivo Concistoro.
Santa Messa con il Rito di Canonizzazione di 7 Beati
Domenica 19 ottobre2025
Alle ore 10.30 di questa mattina, XXIX Domenica del Tempo Ordinario, in Piazza San Pietro, il Santo Padre Leone XIV ha presieduto la Celebrazione Eucaristica e il Rito della Canonizzazione dei Beati: Ignazio Maloyan, Peter To Rot, Vincenza Maria Poloni, María Carmen Rendiles Martínez, Maria Troncatti, José Gregorio Hernández Cisneros e Bartolo Longo. Alla Santa Messa erano presenti Delegazioni Ufficiali provenienti dall’Italia, dal Libano, dall’Armenia e dal Venezuela.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Santo Padre leone XIV ha pronunciato dopo la proclamazione del Vangelo:
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Cari fratelli e sorelle,
la domanda che chiude il Vangelo appena proclamato apre la nostra riflessione: «Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8). Questo interrogativo ci rivela quel che è più prezioso agli occhi del Signore: la fede, cioè il legame d’amore tra Dio e l’uomo. Proprio oggi stanno davanti a noi sette testimoni, i nuovi Santi e le nuove Sante, che con la grazia di Dio hanno tenuto accesa la lampada della fede, anzi, sono diventati loro stessi lampade capaci di diffondere la luce di Cristo.
Rispetto a grandi beni materiali e culturali, scientifici e artistici, la fede eccelle non perché essi siano da disprezzare, ma perché senza fede perdono senso. La relazione con Dio è di somma importanza perché Egli ha creato dal nulla tutte le cose, all’inizio dei tempi, e salva dal nulla tutto ciò che nel tempo finisce. Una terra senza fede sarebbe popolata da figli che vivono senza Padre, cioè da creature senza salvezza.
Ecco perché Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, si interroga sulla fede: se sparisse dal mondo, che cosa accadrebbe? Il cielo e la terra resterebbero come prima, ma non ci sarebbe più nel nostro cuore la speranza; la libertà di tutti verrebbe sconfitta dalla morte; il nostro desiderio di vita precipiterebbe nel nulla. Senza fede in Dio, non possiamo sperare nella salvezza. La domanda di Gesù allora ci inquieta, sì, ma solo se dimentichiamo che è Gesù stesso a pronunciarla. Le parole del Signore, infatti, restano sempre vangelo, cioè annuncio gioioso di salvezza. Questa salvezza è il dono della vita eterna che riceviamo dal Padre, mediante il Figlio, con la forza dello Spirito Santo.
Carissimi, appunto per questo Cristo parla ai suoi discepoli della «necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai» (Lc 18,1): come non ci stanchiamo di respirare, così non stanchiamoci di pregare! Come il respiro sostiene la vita del corpo, così la preghiera sostiene la vita dell’anima: la fede, infatti, si esprime nella preghiera e la preghiera autentica vive di fede.
Gesù ci indica questo legame con una parabola: un giudice resta sordo davanti alle pressanti richieste di una vedova, la cui insistenza lo porta, infine, ad agire. A un primo sguardo, tale tenacia diventa per noi un bell’esempio di speranza, specialmente nel tempo della prova e della tribolazione. La perseveranza della donna e il comportamento del giudice, che opera controvoglia, preparano però una provocatoria domanda di Gesù: Dio, il Padre buono, «non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui?» (Lc 18,7).
Facciamo risuonare queste parole nella nostra coscienza: il Signore ci sta chiedendo se crediamo che Dio sia giudice giusto verso tutti. Il Figlio ci domanda se crediamo che il Padre vuole sempre il nostro bene e la salvezza di ogni persona. A proposito, due tentazioni mettono alla prova la nostra fede: la prima prende forza dallo scandalo del male, portando a pensare che Dio non ascolti il pianto degli oppressi e non abbia pietà del dolore innocente. La seconda tentazione è la pretesa che Dio debba agire come vogliamo noi: la preghiera cede allora il posto a un comando su Dio, per insegnargli come fare a essere giusto ed efficace.
Da entrambe le tentazioni ci libera Gesù, testimone perfetto di confidenza filiale. Egli è l’innocente, che soprattutto durante la sua passione prega così: “Padre, sia fatta la tua volontà” (cfr Lc 22,42). Sono le stesse parole che il Maestro ci consegna nella preghiera del Padre nostro. Qualunque cosa succeda, Gesù si affida da Figlio al Padre; perciò noi, come fratelli e sorelle nel suo nome, proclamiamo: «È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo Signore nostro» (Messale Romano, Preghiera Eucaristica II, Prefazio).
La preghiera della Chiesa ci ricorda che Dio fa giustizia verso tutti, donando per tutti la sua vita. Così, quando gridiamo al Signore: “dove sei?”, trasformiamo questa invocazione in preghiera e allora riconosciamo che Dio è lì dove l’innocente soffre. La croce di Cristo rivela la giustizia di Dio. E la giustizia di Dio è il perdono: Egli vede il male e lo redime, prendendolo su di sé. Quando siamo crocifissi dal dolore e dalla violenza, dall’odio e dalla guerra, Cristo è già lì, in croce per noi e con noi. Non c’è pianto che Dio non consoli; non c’è lacrima che sia lontana dal suo cuore. Il Signore ci ascolta, ci abbraccia come siamo, per trasformarci come Lui è. Chi invece rifiuta la misericordia di Dio, resta incapace di misericordia verso il prossimo. Chi non accoglie la pace come un dono, non saprà donare la pace.
Carissimi, ora comprendiamo che le domande di Gesù sono un vigoroso invito alla speranza e all’azione: quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà la fede nella provvidenza di Dio? È questa fede, infatti, che sostiene il nostro impegno per la giustizia, proprio perché crediamo che Dio salva il mondo per amore, liberandoci dal fatalismo. Chiediamoci dunque: quando sentiamo l’appello di chi è in difficoltà, siamo testimoni dell’amore del Padre, come Cristo lo è stato verso tutti? Egli è l’umile che chiama i prepotenti a conversione, il giusto che ci rende giusti, come attestano i nuovi Santi di oggi: non eroi, o paladini di qualche ideale, ma uomini e donne autentici.
Questi fedeli amici di Cristo sono martiri per la loro fede, come il Vescovo Ignazio Choukrallah Maloyan e il catechista Pietro To Rot; sono evangelizzatori e missionarie, come suor Maria Troncatti; sono carismatiche fondatrici, come suor Vincenza Maria Poloni e suor Carmen Rendiles Martínez; col loro cuore ardente di devozione, sono benefattori dell’umanità, come Bartolo Longo e José Gregorio Hernández Cisneros. La loro intercessione ci assista nelle prove e il loro esempio ci ispiri nella comune vocazione alla santità. Mentre siamo pellegrini verso questa meta, preghiamo senza stancarci, saldi in quello che abbiamo imparato e crediamo fermamente (cfr 2Tm 3,14). La fede sulla terra sostiene così la speranza del cielo.
BEATIFICAZIONE DI DON LUIGI ORIONE,
SUOR MARIA ANNA SALA E BARTOLO LONGO
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Basilica di San Pietro, 26 ottobre 1980
Carissimi fratelli e figli!
“Gaudeamus omnes in Domino, hodie, diem festum celebrantes sub honore beatorum nostrorum”.
Così oggi possiamo giustamente cantare, in questa grandiosa solennità, mentre i nostri spiriti si elevano nella contemplazione della gloria celeste raggiunta da tre nuovi beati: don Luigi Orione, suor Maria Anna Sala e Bartolo Longo.
1. È giorno di festa perché la Chiesa ci dice che essi entrano ufficialmente nel culto dei fedeli cristiani e possono essere invocati e pregati, come già partecipi dell’eterna felicità. È giorno di festa, perché la Chiesa per loro mezzo ci indica in modo autorevole e sicuro la meta della nostra vita e la strada per raggiungerla, ricordandoci con san Paolo che “le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi” (Rm 8,18); ed è giorno di grande festa perché la Chiesa universale, e in particolare l’Italia, gioiscono insieme ai figli della divina provvidenza, alle suore di santa Marcellina, e ai cittadini di Pompei e di Napoli, per l’onore pubblicamente tributato a questi tre campioni della fede e della carità.
Sì, il Signore è vicino a noi e ci fa comprendere per loro mezzo la sua volontà circa il nostro destino terreno ed eterno: la salvezza e la santificazione dell’uomo, creato “nella giustizia e nella santità vera” (Ef 4, 24). I tre nuovi beati, che oggi invochiamo, per strade diverse e per prove dolorose, hanno combattuto la buona battaglia, hanno mantenuto la fede, hanno perseverato nella carità, raggiungendo così il premio (cf. 2 Tm 4, 7). Ed ora, insieme alla moltitudine dei santi, sono per noi luce e conforto, sostegno e consolazione; essi camminano con noi e per noi, come maestri ed amici; essi sono un dono dell’Altissimo, con il loro esempio, la loro parola, la loro intercessione.
Salga perciò, in questo momento, a Dio, autore della grazia, la nostra commossa riconoscenza.
2. Raccogliamoci ora per riflettere in modo particolare sul singolare messaggio che ognuno dei tre beati propone alla nostra meditazione.
Don Luigi Orione ci appare come una meravigliosa e geniale espressione della carità cristiana.
È impossibile sintetizzare in poche frasi la vita avventurosa e talvolta drammatica di colui che si definì, umilmente ma sagacemente, “il facchino di Dio”. Però possiamo dire che egli fu certamente una delle personalità più eminenti di questo secolo per la sua fede cristiana apertamente professata e per la sua carità eroicamente vissuta. Egli fu sacerdote di Cristo totalmente e gioiosamente, percorrendo l’Italia e l’America Latina, consacrando la propria vita a coloro che più soffrono, a causa della sventura, della miseria, della cattiveria umana. Basti ricordare la sua operosa presenza fra i terremotati di Messina e della Marsica. povero tra i poveri, spinto dall’amore di Cristo e dei fratelli più bisognosi, fondò la piccola opera della divina provvidenza, le piccole suore missionarie della carità e in seguito le sacramentine cieche e gli eremiti di sant’Alberto.
Aprì anche altre case in Polonia (1923), negli Stati Uniti (1934) e in Inghilterra (1936), con vero spirito ecumenico. Volle poi concretizzare visibilmente il suo amore a Maria erigendo a Tortona il grandioso santuario della Madonna della Guardia. È per me commovente pensare che don Orione ebbe sempre una particolare predilezione per la Polonia e soffrì immensamente quando la mia cara patria nel settembre del 1939 venne invasa e dilaniata. So che la bandiera polacca bianco-rossa, che egli in quei tragici giorni portò trionfalmente in corteo al santuario della Madonna, è ancora appesa alla parete della sua poverissima camera di Tortona: lì egli stesso la volle! E nell’ultimo saluto che egli pronunziò la sera dell’8 marzo 1940, prima di recarsi a Sanremo, dove sarebbe morto, disse ancora: “Io amo tanto i polacchi. Li ho amati fin da ragazzo; li ho sempre amati...
Vogliate sempre bene a questi vostri fratelli”.
Dalla sua vita, tanto intensa e dinamica, emergono il segreto e la genialità di don Orione: egli si è lasciato solo e sempre condurre dalla logica serrata dell’amore! Amore immenso e totale a Dio, a Cristo, a Maria, alla Chiesa, al Papa, e amore ugualmente assoluto all’uomo, a tutto l’uomo, anima e corpo, e a tutti gli uomini, piccoli e grandi, ricchi e poveri, umili e sapienti, santi e peccatori, con particolare bontà e tenerezza verso i sofferenti, gli emarginati, i disperati. Così enunciava il suo programma di azione: “La nostra politica è la carità grande e divina che fa del bene a tutti. Sia la nostra politica quella del “Pater noster”. Noi non guardiamo ad altro che sono anime da salvare.
Anime e anime! Ecco tutta la nostra vita; ecco il grido e il nostro programma; tutta la nostra anima, tutto il nostro cuore!”. E così esclamava con lirici accenti: “Cristo viene portando sul suo cuore la Chiesa e nella sua mano le lacrime e il sangue dei poveri; la causa degli afflitti, degli oppressi, delle vedove, degli orfani, degli umili, dei reietti: dietro a Cristo si aprono nuovi cieli: è come l’aurora del trionfo di Dio!”.
Ebbe la tempra e il cuore dell’apostolo Paolo, tenero e sensibile fino alle lacrime, infaticabile e coraggioso fino all’ardimento, tenace e dinamico fino all’eroismo, affrontando pericoli d’ogni genere, avvicinando alte personalità della politica e della cultura, illuminando uomini senza fede, convertendo peccatori, sempre raccolto in continua e fiduciosa preghiera, talvolta accompagnata da terribili penitenze. Un anno prima della morte così aveva sintetizzato il programma essenziale della sua vita: “Soffrire, tacere, pregare, amare, crocifiggersi e adorare”. Mirabile è Dio nei suoi santi, e don Orione rimane per tutti esempio luminoso e conforto nella fede.
3. Suor Maria Anna Sala ci insegna l’eroica fedeltà al particolare carisma della vocazione.
Entrata tra le suore marcelline a ventun anni, comprese che il suo ideale e la sua missione dovevano essere unicamente l’insegnamento, l’educazione, la formazione delle fanciulle nella scuola e nelle famiglie.
Suor Maria Anna fu semplicemente e totalmente fedele al carisma fondamentale della sua congregazione. Tre grandi insegnamenti sgorgano dalla sua vita e dal suo esempio: la necessità della formazione e del possesso di un buon carattere fermo, sensibile, equilibrato; il valore santificante dell’impegno nel dovere assegnato dall’obbedienza e l’importanza essenziale dell’opera pedagogica.
Suor Maria Anna volle acquisire virtù di capacità in massimo grado, convinta che in tanto si può dare in quanto si possiede; e si appassionò del suo incarico di insegnante, santificandosi nell’adempimento del proprio lavoro quotidiano. Mise in pratica il messaggio di Gesù: “Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto” (Lc 16,10). Imparino dalla nuova beata, soprattutto le religiose, ad essere liete e generose nel loro lavoro, anche se nascosto, monotono, umile! Imparino tutti coloro che si dedicano all’opera educativa a non spaventarsi mai delle difficoltà dei tempi, ma ad impegnarsi con amore, pazienza e preparazione nella loro così importante missione, formando ed elevando gli animi ai supremi valori trascendenti. Particolarmente oggi la scuola ha bisogno di educatori saggi, seri, preparati, sensibili e responsabili.
4. Infine, ecco ancora Bartolo Longo, il fondatore del celebre santuario di Pompei, dove con profonda devozione mi recai or è un anno; egli è l’apostolo del rosario, il laico che ha vissuto totalmente il suo impegno ecclesiale.
Bartolo Longo fu strumento della provvidenza per la difesa e la testimonianza della fede cristiana e per l’esaltazione di Maria santissima in un periodo doloroso di scetticismo e di anticlericalismo.
A tutti è nota la sua lunga vita, ispirata da una fede semplice ed eroica e densa di episodi suggestivi, durante la quale sgorgò e si sviluppò il miracolo di Pompei. Iniziando dall’umile catechesi ai contadini della valle di Pompei, e dalla recita del rosario davanti al famoso quadro della Madonna, fino all’erezione dello stupendo santuario e all’istituzione delle opere di carità per i figli e le figlie dei carcerati, Bartolo Longo portò avanti con intrepido coraggio un’opera grandiosa che ancora oggi ci lascia stupiti ed ammirati.
Ma soprattutto è facile notare che tutta la sua esistenza fu un intenso e costante servizio della Chiesa in nome e per amore di Maria.
Bartolo Longo, terziario dell’ordine domenicano e fondatore della istituzione delle suore “figlie del santo rosario di Pompei”, si può veramente definire “l’uomo della Madonna”: per amore di Maria divenne scrittore, apostolo del Vangelo, propagatore del rosario, fondatore del celebre santuario in mezzo ad enormi difficoltà ed avversità; per amore di Maria creò istituti di carità, divenne questuante per i figli dei poveri, trasformò Pompei in una vivente cittadella di bontà umana e cristiana; per amore di Maria sopportò in silenzio tribolazioni e calunnie, passando attraverso un lungo Getsemani, sempre fiducioso nella provvidenza, sempre ubbidiente al Papa e alla Chiesa.
Egli, con in mano la corona del rosario, dice anche a noi, cristiani della fine del XX secolo: “Risveglia la tua fiducia nella santissima Vergine del rosario... Devi avere la fede di Giobbe!... Santa Madre adorata, io ripongo in te ogni mia afflizione, ogni speranza, ogni fiducia!” (11 marzo 1905).
5. Carissimi!
Oggi la Chiesa propone alla nostra meditazione e alla nostra imitazione un sacerdote, una religiosa ed un laico: è davvero sintomatica questa coincidenza dei tre “stati” di vita! Si può dire che è un avvenimento ed un incoraggiamento a tutte le categorie che formano il popolo di Dio, che costituiscono la Chiesa pellegrinante verso il cielo: tutti siamo chiamati alla santità; per tutti ci sono le grazie necessarie e sufficienti; nessuno è escluso! Come ha sottolineato il Concilio Vaticano II: “Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità... Nei vari generi di vita e nei vari uffici un’unica santità è coltivata da quanti sono mossi dallo Spirito di Dio e, obbedienti alla voce del Padre, seguono Cristo povero, umile, e carico della croce, per meritare di essere partecipi della sua gloria” (Lumen Gentium, 40b, 41a).
Ed ancora: “Tutti i fedeli quindi sono invitati e tenuti a perseguire la santità e la perfezione del proprio stato” (Ivi, 42e).
Don Orione, suor Maria Anna e Bartolo Longo, nel richiamarci questa dottrina fondamentale, ci danno una lezione di suprema importanza: la necessità della propria santificazione, perseguita con serietà, sincerità, umiltà e costanza: “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia!” (Mt 6,33) ammoniva Gesù.
La tentazione più subdola, e sempre ricorrente, è quella di voler cambiare la società mutando solamente le strutture esterne; di voler rendere felice l’uomo sulla terra, soddisfacendo unicamente ai suoi bisogni e ai suoi desideri. I nuovi beati che oggi preghiamo dicono a tutti, sacerdoti, religiosi e laici, che l’impegno primo e più importante è quello di cambiare se stessi, di santificare se stessi, nell’imitazione di Cristo, nella metodica e perseverante ascetica quotidiana: il resto verrà in conseguenza.
Eleviamo fidenti la nostra preghiera ai nuovi beati, che già hanno raggiunto la gioia eterna del cielo:
Don Luigi Orione,
suor Maria Anna Sala,
Bartolo Longo intercedete per la Chiesa,
che avete tanto amato!
Aiutateci, illuminateci,
accompagnateci nel nostro cammino,
sempre avanti, con Maria!
Estendete il vostro sguardo
e il vostro amore all’umanità intera,
bisognosa di certezza e di salvezza!
E attendeteci nella gloria del cielo,
che già possedete!
Amen! Amen! Alleluia!