Clemente Vismara

Clemente Vismara

(1897-1988)

Beatificazione:

- 26 giugno 2011

- Papa  Benedetto XVI

Ricorrenza:

- 15 giugno

Sacerdote professo del Pontificio Istituto delle Missioni Estere, "il Patriarca della Chiesa di Birmania"

  • Biografia
  • la fama di santità
  • angelus
"Sono l’unico cristiano nel giro di 100 e più chilometri, il prete più vicino è lontano sei giorni a cavallo. Se voglio vedere un altro battezzato, debbo guardarmi nello specchio"

 

Nacque ad Agrate Brianza (Milano) all’alba del 6 settembre 1897, quinto figlio di Attilio Egidio, di professione sellaio, e di Stella Annunciata Porta, cucitrice; il giorno seguente, 7 settembre 1897, ricevette il Battesimo nella chiesa parrocchiale. Cinque anni dopo, il 22 settembre 1902, la mamma morì per complicazioni seguite alla nascita del sesto figlio.

Passarono tre anni e il dolore tornò a bussare alla porta di quella casa: l’8 gennaio 1905 morì anche il papà e i fratelli e la sorella un poco più grandi furono accolti in collegio, mentre lui, ancora troppo piccolo, poté godere dell’affetto della nonna e degli zii, tra i quali si distinsero i due zii sacerdoti, l’uno Parroco nella ridente Parrocchia di Bussero (Milano) in Brianza e l’altro assistente spirituale del Ricovero di mendicità della Parrocchia San Marco in Milano.

Quindicenne, entrò nel Seminario ginnasiale di San Pietro in Seveso (Milano) per essere anche lui «collaboratore della gioia» (2Cor 1, 24) dei fratelli. Il suo comportamento gioioso lo portava a spaziare oltre i confini del suo mondo, rendendolo appassionato lettore di libri. Fu così che «divorò» il volume Operaii autem pauci del Beato missionario Padre Paolo Manna e lo affascinò per la vita della missio ad gentes.

A ritardare e consolidare la sua decisione missionaria venne la prima guerra mondiale: chiamato alle armi, sperimentò quella che Benedetto XV definì «l’inutile strage»; vide «la degradazione completa dell’uomo», come scrisse egli stesso, e comprese «che solo per Dio vale la pena di spendere la vita». Appena rientrato dal fronte, dunque, passò al Seminario Lombardo per le Missioni Estere (che dal 1926 diventerà per volontà di Pio XI il Pontificio Istituto per le Missioni Estere).

Ordinato sacerdote il 26 maggio 1923 nel Duomo di Milano dal cardinal Eugenio Tosi, il successivo 2 agosto si imbarcò da Venezia per la Birmania, oggi Myanmar, una terra della quale conosceva solo la posizione nelle cartine dell’atlante geografico. A questa terra sconosciuta donò sin dall’inizio tutto il suo cuore e la sua vita. «Cerchiamo di far sempre del bene: è per questo che siamo al mondo», così scrisse ai fratelli durante il lungo viaggio per mare, che lo portava nella «sua nuova patria».

Animato da questa convinzione, non gli pesarono le fatiche del clima afoso, del cibo diverso, delle molte e complesse lingue locali, delle comunicazioni difficoltose e spesso interrotte, della povertà, che rasentava la miseria, delle dimore dei missionari, sperdute nella vastità delle splendide e spesso non esplorate foreste. Tutto accettò con entusiasmo, con il sorriso, con l’ingegnosa inventiva che nasce dall’amore per Dio, nutrito con prolungata preghiera, per poveri, che in Birmania erano spesso i bimbi orfani o abbandonati, i lebbrosi, le vittime dell’oppio.

Fu così che visse per trenta anni nella Missione di Mong Lin, (Regione dello Shan, Birmania), senza risparmio di energie, solo preoccupato di accogliere le migliaia di persone, di bimbi, che accorrevano alla missione o che raccoglieva nei suoi viaggi tra i villaggi sperduti. A chi lo invitava alla prudenza, rispondeva che «l’opera non è nostra, è del Signore che ha voluto mandarci qui e che certo ce ne darà i mezzi». Ne ebbe la prova durante la seconda guerra mondiale, quando, nell’infuriare delle violenze che ferirono anche la Birmania, riuscì a difendere le sue opere di bene. Amò quella terra, che sentiva come la Patria indicatagli da Dio e solo a malincuore accettò di venire in Italia, nel 1957, ma ne ripartì dopo dieci mesi, contento di poter tornare tra i “suoi ragazzi”, il “suo tesoro” di fronte a Dio.

Trasferito nel 1955, a quasi sessanta anni d’età, in un nuovo centro missionario, Mong Ping, situato a più di duecento chilometri di distanza, ricominciò con l’entusiasmo generoso di un giovane, dando rapido sviluppo alla nuova missione. Non lo frenarono i rivolgimenti politici del Paese, a causa dei quali tutti i missionari stranieri furono espulsi, tranne lui e pochi altri, poiché aveva chiesto per tempo la cittadinanza birmana e era un “vero” cittadino birmano, un “Patriarca” per quella Chiesa ancora nascente.

Ciò che lo sostenne, come confidava lui stesso era «l’amore per Dio, che rende incrollabile in ogni situazione». «Vecchio e sazio di giorni» (Gen 25, 8), come i patriarchi biblici, morì al tramonto del 15 giugno 1988, ancora ripetendo che «La vita è bella, quando ci si vuole bene. È l’amore che fa vincere la vita […] A me pare di aver raggiunto lo scopo della mia vita: perdermi per coloro che amo».

La fama della sua santità si diffuse in Birmania e in Italia, poiché il suo paese natale non lo aveva mai dimenticato, e un mese dopo la sua morte si cominciò a chiedere che fosse proclamato beato. Sollecitato dal vescovo di Kengtung, mons. Abraham Than, il cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano il 18 ottobre 1996 diede inizio all’Inchiesta diocesana, che si concluse il 17 ottobre 1998. La validità di quel Processo fu riconosciuta dalla Congregazione delle Cause dei Santi con decreto del 7 maggio 1999. Completata la Positio, il 19 maggio 2006 il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi esaminò con esito positivo se il Servo di Dio avesse esercitato in grado eroico le virtù teologali cardinali e loro annesse. Ugualmente positiva fu la sentenza dei Padri Cardinali e dei Vescovi, riuniti in Sessione Ordinaria il 19 dicembre dello stesso anno. Noi stessi, pertanto, autorizzammo la Congregazione delle Cause dei Santi a pubblicare il Decreto sull’esercizio delle virtù in grado eroico il 15 marzo 2008. Compiuto tutto quanto stabilito dal diritto, si procedette all’esame medico e teologico di un asserito miracolo, attribuito al’intercessione del Venerabile servo di Dio. 

BENEDETTO XVI

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 26 giugno 2011

 

Cari fratelli e sorelle!

Oggi, in Italia e in altri Paesi, si celebra il Corpus Domini, la festa dell’Eucaristia, il Sacramento del Corpo e Sangue del Signore, che Egli ha istituito nell’Ultima Cena e che costituisce il tesoro più prezioso della Chiesa. L’Eucaristia è come il cuore pulsante che dà vita a tutto il corpo mistico della Chiesa: un organismo sociale tutto basato sul legame spirituale ma concreto con Cristo. Come afferma l’apostolo Paolo: “Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane” (1Cor 10,17). Senza l’Eucaristia la Chiesa semplicemente non esisterebbe. E’ l’Eucaristia, infatti, che fa di una comunità umana un mistero di comunione, capace di portare Dio al mondo e il mondo a Dio. Lo Spirito Santo, che trasforma il pane e il vino nel Corpo e Sangue di Cristo, trasforma anche quanti lo ricevono con fede in membra del corpo di Cristo, così che la Chiesa è realmente sacramento di unità degli uomini con Dio e tra di loro.

In una cultura sempre più individualistica, quale è quella in cui siamo immersi nelle società occidentali, e che tende a diffondersi in tutto il mondo, l’Eucaristia costituisce una sorta di “antidoto”, che opera nelle menti e nei cuori dei credenti e continuamente semina in essi la logica della comunione, del servizio, della condivisione, insomma, la logica del Vangelo. I primi cristiani, a Gerusalemme, erano un segno evidente di questo nuovo stile di vita, perché vivevano in fraternità e mettevano in comune i loro beni, affinché nessuno fosse indigente (cfr At 2,42-47). Da che cosa derivava tutto questo? Dall’Eucaristia, cioè da Cristo risorto, realmente presente in mezzo ai suoi discepoli e operante con la forza dello Spirito Santo. E anche nelle generazioni seguenti, attraverso i secoli, la Chiesa, malgrado i limiti e gli errori umani, ha continuato ad essere nel mondo una forza di comunione. Pensiamo specialmente ai periodi più difficili, di prova: che cosa ha significato, ad esempio, per i Paesi sottoposti a regimi totalitari, la possibilità di ritrovarsi alla Messa domenicale! Come dicevano gli antichi martiri di Abitene: “Sine Dominico non possumus” – senza il “Dominicum”, cioè senza l’Eucaristia domenicale non possiamo vivere. Ma il vuoto prodotto dalla falsa libertà può essere altrettanto pericoloso, e allora la comunione con il Corpo di Cristo è farmaco dell’intelligenza e della volontà, per ritrovare il gusto della verità e del bene comune.

Cari amici, invochiamo la Vergine Maria, che il mio Predecessore, il beato Giovanni Paolo II ha definito “Donna eucaristica” (Ecclesia de Eucharistia, 53-58). Alla sua scuola, anche la nostra vita diventi pienamente “eucaristica”, aperta a Dio e agli altri, capace di trasformare il male in bene con la forza dell’amore, protesa a favorire l’unità, la comunione, la fraternità.

Dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle, anche oggi ho la gioia di annunciare la proclamazione di alcuni nuovi Beati. Ieri, a Lubecca, sono stati beatificati Johannes Prassek, Eduard Müller ed Hermann Lange, uccisi dai nazisti nel 1943 ad Amburgo. Oggi, a Milano, è la volta di Don Serafino Morazzone, parroco esemplare nel Lecchese tra XVIII e XIX secolo; di Padre Clemente Vismara, eroico missionario del PIME in Birmania; e di Enrichetta Alfieri, Suora della Carità, detta “angelo” del carcere milanese di San Vittore. Lodiamo il Signore per questi luminosi testimoni del Vangelo!

In questa domenica che precede la solennità dei Santi Pietro e Paolo si celebra in Italia la Giornata per la carità del Papa. Desidero ringraziare vivamente tutti coloro che, con la preghiera e con le offerte, danno il loro appoggio al mio ministero apostolico e di carità. Grazie! Il Signore vi ricompensi!

Je salue les pèlerins francophones, particulièrement les anciens élèves de l’Institut Saint-Dominique de Rome. En ce jour, de nombreux pays célèbrent la Solennité du Saint-Sacrement du Corps et du Sang du Christ. Nous avons toujours à redécouvrir le don inouï de son Fils que Dieu nous fait dans l’Eucharistie en participant chaque dimanche à la messe. Faisons une large place à l’adoration eucharistique ! « Le Seigneur est là, dans le sacrement de son amour, il nous attend jour et nuit », répétait le saint Curé d’Ars. Puisons à cette source d’amour et de pardon la force de conformer toujours plus notre vie à l’Evangile ! Tant de chrétiens aujourd’hui lui rendent témoignage jusqu’au don de leur vie. Que notre prière fraternelle les soutienne sans relâche !

I am happy to welcome all the English-speaking pilgrims and visitors, particularly the group from Saint Fidelis Parish in Toronto. In many places today the Church celebrates the Solemnity of the Body and Blood of Christ. May our hearts rejoice in the great gift of Jesus, the Bread of Life, who has given himself for us and has come to nourish us. As we open our hearts to others and walk the path of life, may he always sustain and guide us. God bless you all!

Von Herzen heiße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher auf dem Petersplatz willkommen. Zugleich geht mein Gruß an die Gläubigen des Erzbistums Hamburg, die gestern die Seligsprechung der „Lübecker Märtyrer“ gefeiert haben. Die katholischen Kapläne Johannes Prassek, Hermann Lange und Eduard Müller sowie der evangelische Pastor Karl Friedrich Stellbrink haben mit ihrem gemeinsam getragenen Leiden im Gefängnis bis zu ihrer Hinrichtung im Jahre 1943 ein großartiges, auch ökumenisches Zeugnis der Menschlichkeit und der Hoffnung gegeben. Es ist beeindruckend, wie sie in ihren Kerkerzellen stets den Blick zum Himmel gerichtet haben. So hat Johannes Prassek geschrieben: „Wie ist Gott so gut, daß er mir alle Furcht nimmt und die Freude und die Sehnsucht schenkt“. Lassen wir uns von ihrem Gottvertrauen anstecken und bringen wir das Evangelium der Liebe zu den Menschen unserer Zeit. Der Herr begleite unser Reden und unser Tun.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española que participan en esta oración mariana, en particular a los miembros de la Asociación de la Medalla Milagrosa, así como a los directivos de la Radiotelevisión “El sembrador por la nueva evangelización”. En la solemnidad del Santísimo Cuerpo y Sangre de Cristo, la Iglesia hace memoria agradecida del don de la Eucaristía y la adora con devoción. Que nuestros corazones se abran con humildad ante Jesús Sacramentado, para que, transformados por su gracia, seamos testigos valientes de su amor por todos los hombres. Que Dios os bendiga.

Słowo pozdrowienia kieruję do wszystkich Polaków, a szczególnie do Episkopatu Polski i wiernych, uczestników jubileuszu 600-lecia konsekracji katedry włocławskiej. W modlitwie polecam was Najświętszej Maryi Pannie Wniebowziętej, Patronce katedry. Niech wymowne dzieje tej świątyni będą dla wszystkich zachętą do trwania w wierze Ojców i świadczenia o Chrystusie w codziennym życiu. Z serca wam błogosławię.

[Il mio saluto va a tutti i Polacchi e, in modo particolare, all'Episcopato polacco e ai fedeli, partecipanti alla celebrazione del Giubileo del 600° anniversario della consacrazione della Cattedrale di Włocławek. Nella preghiera vi raccomando tutti alla Beata Vergine Maria, Assunta al Cielo, a cui essa è intitolata. La storia eloquente di questo tempio sia per tutti incoraggiamento a perseverare nella fede dei Padri e nella testimonianza resa a Cristo nella vita di ogni giorno. Vi benedico di cuore.]

Infine, saluto con affetto i pellegrini italiani, in particolare il gruppo dell’associazione “Laici Betlemiti”. A tutti voi auguro una buona domenica, una buona settimana. Buona Festa dei Santi Pietro e Paolo. Buona domenica a tutti voi!