Giuseppe Calasanzio

Giuseppe Calasanzio

(1557-1648)

Beatificazione:

- 18 agosto 1748

- Papa  Benedetto XIV

Canonizzazione:

- 16 luglio 1767

- Papa  Clemente XIII

-

Ricorrenza:

- 25 agosto

Sacerdote che istituì scuole popolari per la formazione dei bambini e dei giovani nell’amore e nella sapienza del Vangelo, fondando a Roma l’Ordine dei Chierici regolari Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie

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  • centenario beatificazione
“È missione nobilissima e fonte di grandi meriti quella di dedicarsi all’educazione dei fanciulli, specialmente poveri, per aiutarli a conseguire la vita eterna. Chi si fa loro maestro e, attraverso la formazione intellettuale, s’impegna a educarli, soprattutto nella fede e nella pietà, compie in qualche modo verso i fanciulli l’ufficio stesso del loro angelo custode, ed è altamente benemerito del loro sviluppo umano e cristiano”

 

José de Calasanz Gastón nasce in Aragona, Spagna, da una famiglia nobile relativamente agiata: suo padre, infatti, è fabbro ferraio. Riceve una buona educazione religiosa, eppure quando manifesta al padre l’idea di entrare in seminario, questi, che sognava per lui la carriera militare, dapprima si oppone, ma poi lo manda a studiare nelle università di Lleida e di Valenza.

Giuseppe renderà merito alla buona volontà del padre: dopo la laurea e la professione dei voti solenni, in breve tempo diventa il vicario generale della diocesi di Urgel.

Nel 1592, forse per sbrigare affari urgenti presso la Santa Sede, Giuseppe va a Roma e qui sarà anche precettore dei nipoti del cardinale Colonna, un suo vecchio amico. Sarà proprio questo incarico, in fortissimo contrasto con quello che vedrà nelle sue passeggiate per le strade della città, a chiarirgli le idee. A Roma Giuseppe medita: assecondando il suo compito di sacerdote, visita i malati negli ospedali e i detenuti nelle carceri, ma a colpirlo è la gioventù che vede nelle strade: ragazzi, spesso bambini, senza nessuno, abbandonati a se stessi, all’ignoranza e al vizio che presto si trasformerà in delinquenza. Non è accettabile tutto questo nella città del Papa. All’improvviso Giuseppe capisce che questa è la sua strada: salvare i giovani poveri dal degrado cui sembrano condannati attraverso un’istruzione regolare, che non si limiti al catechismo domenicale impartito normalmente dai preti. Ora ne è certo: è questo quello che il Signore vuole da lui.

Inizia chiedendo aiuto a gesuiti e domenicani che però sono presi da altre attività; così con l’aiuto del parroco di Santa Dorotea in Trastevere, che gli mette a disposizione due stanzette, apre la prima scuola gratuita in Europa per giovani delle classi povere. Giuseppe non ha un vero progetto educativo: va avanti giorno per giorno; ma ha una convinzione, che è poi la portata rivoluzionaria della sua missione: dal momento che considera la conoscenza un diritto primario per l’uomo, l’educazione dei poveri non è solo un gesto di carità, ma un atto di giustizia sociale. Trova presto altri sacerdoti disposti a prestare il loro insegnamento gratuitamente e nel 1612 riesce addirittura ad acquistare un palazzo a piazza Navona con l’approvazione della Santa Sede: a questo punto i suoi alunni solo già circa 1500.

Nel 1617 Giuseppe sente che deve dare una sorta di “assicurazione” alle sue scuole; così, con l’approvazione del Papa, fonda la Congregazione Paolina dei Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie, i futuri padri Scolopi. Nel 1622, infatti, con Gregorio XV la Congregazione si trasforma in Ordine regolare: è Giuseppe stesso, in ritiro a Narni, a scriverne le costituzioni. Purtroppo, però, le insidie sono in agguato. All’epoca l’istruzione e la cultura erano un diritto riconosciuto esclusivamente alle classi più abbienti; perciò l’opera di Giuseppe inizia a essere malvista dai conservatori che vorrebbero mantenere lo status quo e che iniziano a calunniarlo, tanto che sarà denunciato al Sant’Uffizio e l’Ordine ridotto allo stato di Congregazione di sacerdoti secolari soggetti alla giurisdizione vescovile.

Provato nel fisico e nell’animo, Giuseppe torna alla casa del Padre nel 1648, senza vedere la ricostituzione della Congregazione che viene nuovamente riconosciuta Ordine religioso secondo le regole del suo fondatore solo nel 1699. I primi Padri Scolopi che tornano a professare i voti solenni, ai consueti tre ne aggiungono un quarto: quello dell’educazione dei giovani come missione primaria. Intanto le loro scuole si diffondono in 4 dei 5 continenti e oggi hanno 222 Case sparse nel mondo. Giuseppe, sepolto a Roma, viene canonizzato da Clemente XIII nel 1767 e nel 1948 proclamato da Pio XII “patrono universale di tutte le scuole popolari cristiane nel mondo”.

SANTA MESSA IN OCCASIONE DELLA FESTA PATRONALE
DI SAN GIUSEPPE CALASANZIO, FONDATORE E PATRONO DEI PADRI SCOLOPI
NEL 450° ANNIVERSARIO DELLA SUA NASCITA

OMELIA DEL CARD. ZENON GROCHOLEWSKI

Chiesa di San Pantaleo, Roma
Sabato, 25 agosto 2007

 

Come Prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica sento una vera gioia nel presiedere, in questa chiesa, l'Eucaristia, nella festa patronale di San Giuseppe Calasanzio (1557-1648), durante l'Anno Giubilare del 450° anniversario dalla sua nascita. Egli, infatti, è eminente educatore, fondatore delle prime scuole pubbliche popolari in Europa e il suo benefico impegno - per opera dell'Ordine religioso da lui fondato, i Padri Scolopi - è stato poi continuato per oltre 400 anni, in trentaquattro paesi, in varie parti del mondo, ed oggi abbraccia circa 120.000 alunni.

La mia gioia è sentita anche per il motivo che, se non sbaglio, il primo paese fuori l'Italia, che ha beneficiato dell'opera dei Padri Scolopi, ancora durante la vita del Santo, è stato proprio la Polonia, il mio paese natale, dove i Padri Scolopi hanno svolto un ruolo importantissimo per quanto riguarda l'educazione popolare.

Nel Vangelo di oggi (Mt 18, 1-5), che ci invita a diventare come bambini per essere grandi nel regno dei cieli, abbiamo sentito anche le significative parole di Gesù: "Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me". L'importanza di esercitare un benefico influsso sui bambini è stata espressa da Gesù anche con un severissimo ammonimento: "Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare" (Mt 18, 6).

Giovanni Paolo II, nella graziosa Lettera ai bambini, scritta nel 1994 in occasione dell'Anno della Famiglia, dopo aver presentato quanto gli Evangelisti hanno raccontato dell'infanzia di Gesù e dopo aver poi descritto lo "straordinario affetto" che Gesù, diventato grande, ha mostrato per i bambini, ha esclamato: "Quanto importante è il bambino agli occhi di Gesù! Si potrebbe addirittura osservare che il Vangelo è profondamente permeato dalla verità sul bambino".

In tutto questo contesto, ci impressionano oggi particolarmente le parole del Vangelo che abbiamo ascoltato: "Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me". Queste parole, infatti, appaiono come chiave di lettura della vita e della santità di San Giuseppe Calasanzio. Nei fanciulli che vagavano per le strade del quartiere più povero di Roma, egli ha scorto Gesù bisognoso, che ha deciso di servire con tutto il cuore. Quindi, a chi nell'Ambasciata Spagnola in Roma continuava ad offrirgli l'opportunità di un canonicato, rispose decisamente: "Ho trovato in Roma la maniera definitiva di servire Dio, facendo del bene ai piccolini. Non la lascerò per alcuna cosa al mondo" (cfr G. Ausenda, Nato per educare. San Giuseppe Calasanzio, Roma 2007, p. 6).

Che cosa ha da dire questo ricordo di San Giuseppe Calasanzio ai Padri Scolopi? Penso molte cose. Vorrei enuclearne due.

a. La prima è che il giubileo che celebrate, pieno di gioia e di riconoscenza al Signore, costituisce anche un intimo invito a vivere seriamente la vostra vita religiosa, secondo quanto al riguardo ha insegnato il Santo Fondatore. La proposta di abbracciare la vita consacrata è stata da lui considerata proprio come un mezzo per renderVi educatori credibili e fruttuosi, come credibile e fruttuosa si è dimostrata l'opera di San Giuseppe Calasanzio, che per primo fra Voi si è fatto religioso con tutto il suo cuore. Il Santo ha parlato e scritto molto della vita religiosa. Non posso, però, dilungarmi su questo punto perché la predica è per tutti i qui presenti e non soltanto per i Padri Scolopi.

Vorrei, però, citare almeno alcune frasi significative del Santo: "Il religioso che vive nella religione senza dare frutto alcuno commette un furto"; "Guai al religioso che si preoccupa più della sua salute che della sua santità!"; "Non è amico di Dio chi non è amico dell'orazione" (cfr G. Ausenda, Op. cit., pp. 18-20, nn. 4, 17, 56). Queste frasi dimostrano il radicalismo cristiano vissuto dal Santo, il radicalismo che egli ha chiesto anche ai suoi seguaci. Proprio tale radicalismo rende l'educatore testimone di quello che insegna e, quindi, lo rende efficace. Mi sia permesso al riguardo citare un'altra frase del Santo: "Guai a colui che distrugge con l'esempio quelli che educa con la parola!" (ivi, n. 46).

L'unione profonda con Dio e la realizzazione della vita cristiana in modo radicale e coerente svelano il mistero della fruttuosità di tanti religiosi nel campo dell'educazione, anche di quelli che non hanno avuto una grande preparazione pedagogica. Si tratta di un principio di perenne attualità. Benedetto XVI, parlando recentemente dell'educazione alla fede, ha, fra l'altro, notato: "Per l'educazione e formazione cristiana [...] è decisiva anzitutto la preghiera e la nostra amicizia personale con Gesù: solo chi conosce e ama Gesù Cristo può introdurre i fratelli in un rapporto vitale con Lui" (Discorso all'apertura del Convegno della Diocesi di Roma, 11 giugno 2007, cpv. 6).

Quindi, il primo messaggio del Santo per Voi è di vivere la vita consacrata al cento per cento, senza devastanti compromessi.

b. La seconda cosa che, per i Padri Scolopi, che vogliono rendere fruttuoso il Giubileo, deve costituire l'oggetto dell'esame di coscienza, è il loro effettivo impegno nel campo educativo. Infatti, l'educazione è la prima e fondamentale ragione di essere del loro Ordine religioso. San Giuseppe Calasanzio ha scritto chiaramente: "Chi non ha spirito per insegnare ai poveri, non ha la vocazione del nostro Istituto" (anno 1630, n. 1429). Anzi, ha arricchito la consacrazione dei membri del proprio Ordine religioso con un quarto voto, quello di dedizione all'apostolato dell'educazione dei fanciulli e dei giovani, soprattutto poveri. Non impegnarsi, quindi, seriamente in questo campo sarebbe, per gli Scolopi, tradire il Fondatore, tradire il proprio Ordine.

San Giuseppe Calasanzio - similmente, del resto, a tutti gli autentici riformatori della Chiesa - è stato fortemente osteggiato, nella propria attività educativa, con forti calunnie e con l'incostanza di alcuni collaboratori. È stato perfino denunciato alla Santa Sede, nonché pubblicamente arrestato e portato prigioniero. Ma non si è scoraggiato, sostenuto dall'amore verso il Signore e dalla convinzione di servire Dio nei ragazzi, ossia dalla fede nelle parole di Gesù: "Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me". Anche oggi, l'educazione cristiana non è un'impresa facile. Essa trova forti ostacoli in un relativismo "diventato una sorta di dogma" (Benedetto XVI, Discorso cit.cpv. 4), in un fondamentalismo laicista che è avverso alla scuola cattolica, nelle tentazioni che provengono dai moderni mezzi di comunicazione, nel consumismo, nella profanazione della sessualità, nella secolarizzazione e nella crisi della famiglia, ecc. Ma guai se, di fronte a questi ostacoli e difficoltà, vi scoraggiaste. Questo significherebbe mancanza di fede e di amore. Quanto più forte sarà il vostro amore verso il Signore e, nello stesso tempo, la fede nelle parole di Gesù "Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me", tanto più incisiva sarà la vostra opera nel superare le ostilità e nell'educare i giovani secondo la volontà del Signore. La vita dei santi ci insegna che la vera fede e l'autentico amore sono più forti di ogni ostacolo.

I due pensieri, che ho delineato, sono legati alle due letture dell'odierna Messa. La prima lettura dal Libro di Giobbe (Gb 1, 1.13-22) invita a saper rinunciare a molte cose per poter servire il Signore, e cioè alla serietà nell'impegno religioso. Nella seconda (1 Ts 2, 3-8), invece, San Paolo dice di aver predicato ai Tessalonicesi "non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio", "non cercando la gloria umana", non avendo cupidigia, desideroso di dare ai suoi ascoltatori "non solo il vangelo di Dio, ma la [sua] stessa vita" e, in tal modo, ci sollecita all'impegno e alla generosità nell'opera di educazione.

Ho parlato finora principalmente ai Padri Scolopi; ma che cosa ha da dire questo ricordo di San Giuseppe Calasanzio a tutti noi? Anche in risposta a tale domanda vorrei mettere in rilievo due cose.

a. La prima riguarda l'importanza che dobbiamo attribuire tutti all'educazione e, in modo particolare, all'educazione religiosa. San Giuseppe Calasanzio ha riconosciuto nell'educazione dei poveri ragazzi, che ha trovato sulla sua strada, la cosa più importante da fare. Egli concepiva questa educazione in modo integrale; ossia, ha cercato di soddisfare tutti i bisogni dei giovani, da quelli materiali e professionali a quelli spirituali e religiosi. Anzi, in questo contesto ha dato un particolare rilievo ai bisogni religiosi, convinto che il fattore religioso contribuisce ad arricchire tutti gli altri aspetti dell'educazione. Ripeteva, quindi, con insistenza: "Si attenda non solo alle lettere ma, principalmente, al santo timor di Dio". Per la medesima ragione, ha ritenuto necessarie anche le pratiche religiose nelle sue scuole e le ha chiamate "Scuole Pie".

Penso che, soprattutto oggi, dobbiamo essere tutti convinti che la cosa più importante per il bene dell'umanità è, senza alcun dubbio, la corretta educazione; e che, nell'ambito di questa, ha da svolgere un ruolo del tutto particolare l'educazione religiosa. Mi vengono in mente le parole di Gesù: "Qual vantaggio, infatti, avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?" (Mt 16, 26). L'educazione religiosa, comunque, ha importanza non soltanto in rapporto alla nostra vita eterna, ma anche nella prospettiva della fruttuosa e pacifica convivenza qui sulla terra.

b. La seconda cosa che vorrei rilevare è la responsabilità di tutti per l'educazione. Padre Perrone, dopo aver notato, in un suo articolo, che il presente Anno Giubilare calasanziano viene espresso con il motto "Nato per educare", concluse: "Un po' tutti gli adulti, insomma, ci dobbiamo sentire, come Calasanzio, "nati per educare"" (Vivere la gratuità di un anno di grazia fedeli al carisma del Padre Fondatore, in L'Osservatore Romano, 17 febbraio 2007, p. 5).

Anche recentemente, Benedetto XVI ha cercato di sensibilizzare tutti i fedeli a sentirsi responsabili per l'educazione alla fede delle nuove generazioni, in una situazione nella quale "l'educazione tende ampiamente a ridursi alla trasmissione di determinate abilità, o capacità di fare, mentre si cerca di appagare il desiderio di felicità delle nuove generazioni colmandole di oggetti di consumo e di gratificazioni effimere" (Discorso cit., cpv. 4). Quindi, sottolinea il Papa: "L'intera comunità cristiana, nelle sue molteplici articolazioni e componenti, è chiamata in causa dal grande compito di condurre le nuove generazioni all'incontro con Cristo" (cpv. 7), promovendo "l'unità tra la fede, la cultura e la vita che è obiettivo fondamentale dell'educazione cristiana" (cpv. 14). Ciascuno, tenendo conto della propria situazione e possibilità, deve scorgere la propria responsabilità e il proprio ruolo nell'importante campo dell'educazione.

Mi vengono in mente le parole del profeta Daniele: "Coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre" (Dn 12, 3). Tutti siamo chiamati ad essere fra questi.

Questo Giubileo è certamente un motivo di gioia per tutto il bene che Dio ha operato tramite il nostro Santo, per la grande ispirazione che il Calasanzio ha dato alla Chiesa, per l'Ordine dei Padri Scolopi e il loro impegno di quattro secoli. Ma un giubileo finirebbe come una bella bolla di sapone, senza frutti, se non fosse unito a un esame di coscienza, se non ci sentissimo interpellati dalla figura del Santo, se non fosse un momento di profonda meditazione che apre al futuro.

La nostra gioia per quest'Anno Giubilare sia anche un punto di partenza per un rinnovato entusiasmo e un genuino impegno. Infatti, nella vita spirituale e nell'attività pastorale, chi non va avanti, necessariamente va indietro.

DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
PER IL III CENTENARIO DELLA BEATIFICAZIONE
DI SAN GIUSEPPE CALASANZIO*

Sala degli Svizzeri, Castel Gandolfo - Lunedì, 22 novembre 1948

 

Quale gioia, quale trionfo per il vostro santo Fondatore è questa numerosa schiera di suoi figli, « suo gaudio e sua corona » (cfr. Phil. 4, 1)! Gli uni prolungano nella loro vita religiosa la sua vita terrestre, santa e apostolica; gli altri, formati ed istruiti nelle Scuole Pie, diffuse in tante regioni del mondo, attribuiscono a lui con animo grato l'onore e il merito della educazione sana e forte che vi hanno ricevuta.

Della Nostra ammirazione per il vostro Padre e Legislatore Noi vi abbiamo dato, diletti figli, una solenne testimonianza nel Breve Apostolico « Providentissimus Deus », col quale lo abbiamo dichiarato e proclamato celeste Patrono di tutte le scuole popolari cristiane.

S. Giuseppe Calasanzio, cui la cattolica Spagna diede i natali, fondò la scuola elementare per i fanciulli, ma più precisamente per i fanciulli poveri ed abbandonati. Altri percorsero poi, e nobilissimamente, lo stesso cammino; egli però tutti li precedette, umile e valoroso antesignano nell'opera santa. Senza dubbio, il Calasanzio e l'Ordine da lui fondato, secondo che le circostanze consigliarono o richiesero, aprirono anche scuole superiori per giovanetti di elevata condizione. Tuttavia il grande amore del vostro Fondatore fu sempre per i figli del povero e semplice popolo, e la scuola, che egli istituì, intese non soltanto di istruirli ed educarli nella fede cristiana - che rimaneva sempre il più alto suo scopo —, ma volle altresì impartire loro, con saggio e sperimentato metodo pedagogico, solide cognizioni per prepararli e addestrarli alla vita. A lui dunque spetta veramente l'onorifico titolo che gli è stato recentemente decretato.

Il vostro Padre ha edificato il suo Istituto sul fondamento, che il Redentore divino pose a base di tutta l'opera sua e che sarà sempre sicura garanzia della genuinità e della durevolezza di ogni istituzione nella Chiesa: sul fondamento della Croce. Ciò che negli ultimi anni della sua lunga vita egli sopportò con eroica virtù, risplende come una delle più fulgide e preziose gemme nella storia dei Santi. Tanto più quindi Ci rallegriamo del grandioso edificio che su quel fondamento si è saldamente elevato

Al Calasanzio si può ben applicare in una maniera sovreccellente la promessa del Salmo: « Qui seminant in lacrimis, in exsultatione metent » (Ps. 125, 6). — Per una singolare disposizione della divina Provvidenza, quest'anno 1948 sottolinea luminosamente i due momenti della promessa. Il 25 agosto 1648 è ancora il tempo delle dolorose seminagioni, delle lacrime, della crocifiggente prova, mentre, al tempo stesso che seminatore, egli era il granello di frumento gettato nel solco per morirvi e germogliare. Ma ecco che il frumento nasce, cresce, matura, e il seminatore, vivendo nella eternità di luce, vede, incoraggia, benedice i mietitori. Cento anni più tardi, al gran sole della gloria, anche sulla terra, il Beato apparisce agli occhi del inondo, portando lietamente nelle sue braccia i bei covoni dorati.

Voi tutti qui adunati, uniti a quanti non possono essere presenti che col cuore, rendete a lui l'omaggio dovuto. Ma egli principalmente attende da voi che proseguiate e promoviate sempre meglio, secondo il suo esempio. sotto la sua guida e con la sua protezione, quello che fu l'ideale della sua vita e del suo pensiero: l'educazione cristiana completa della gioventù.

Voi innanzi tutto, suoi figli per la vostra professione religiosa; voi che, animati dal suo spirito, avete, come lui, dedicato la vostra vita all'apostolato così caro al suo cuore. E Noi pensiamo in questo momento alle eminenti figure di dignitari ecclesiastici, di teologi, di letterati e di scienziati, che hanno illustrato il vostro Ordine; ma il Nostro ricordo va con particolare riconoscenza ed amore allo Scolopio « ignoto », a tutti quei membri del vostro Istituto che col loro modesto lavoro, spesso troppo poco considerato dal mondo, hanno informato migliaia e migliaia di fanciulli al sapere e ad ogni virtù religiosa e civile.

Questo ideale è assai alto, perchè ha per oggetto supremo la formazione soprannaturale e quindi il destino eterno degli alunni affidati alle vostre cure; esso è altresì assai vasto, perchè mira a plasmare anche quaggiù uomini perfetti per la loro coltura intellettuale, morale, scientifica, sociale, artistica, secondo la condizione, le attitudini, le legittime aspirazioni di ciascuno, di guisa che nessuno di loro divenga uno spostato od un inetto, e d'altra parte, niuno veda chiusa dinanzi ai suoi passi la via che sale verso le sommità; ufficio magnifico e santo, che negli educatori, insieme col dono del senno e del tatto, che li metta in grado di dare ad ogni scolaro, in materia di cognizioni sode ed ampie, quel che a lui conviene, richiede anche l'arte di piegare e di adattare il loro insegnamento alla intelligenza e alla capacità degli adolescenti, e soprattutto suppone dedizione, amore e, nella misura delle loro forze, un santo entusiasmo, che desti l'interesse spontaneo degli alunni e stimoli il loro ardore al lavoro.

Dove attingerete voi dunque questo tesoro di pedagogia superiore, di cui avete bisogno? Nella vostra vita spirituale interiore, nella preghiera, nello studio, in una parola, nella pratica esatta e fedele dei doveri del vostro stato, che il santo Fondatore vi ha inculcata coi suoi esempi, con le Costituzioni da lui dettate, con le sue ammirabili lettere, che un amore filiale, congiunto ad una erudizione diligente ed acuta, ha messo o metterà prossimamente nelle vostre mani. Da questo Maestro incomparabile voi apprenderete sempre più perfettamente ciò che avete da sapere e da fare e come dovete farlo, ciò che avete da soffrire e come dovete imitare la sua magnanimità nelle sofferenze, perchè l'educazione è innanzi tutto opera di amore e la grande scuola dell'amore è la Croce.

Ma anche a voi Noi Ci rivolgiamo, cari alunni, a voi, oggetto di tante cure, a voi, che potete già comprendere o almeno intravedere quale grande opera è la vostra educazione; grande per il fine che si propone, grande per quel che costa ai vostri educatori, grande per la collaborazione che richiede da voi. Così la concepiva il Santo, che specialmente oggi onorate, ma a cui dovete rendere un culto e un omaggio costante, non meno con atti di devozione, che facendo del vostro meglio per corrispondere alle intenzioni del suo amore verso di voi. Perciò voi, che crescete nell'aula delle scuole calasanziane, non potete certamente andare ogni giorno a scuola, studiare diligentemente le lezioni, fare coscientemente i compiti assegnati, soltanto perchè ne avete l'obbligo, od anche soltanto per arricchire la vostra mente di sempre più vaste cognizioni, per raffinare il vostro ingegno con l'esercizio e la coltura, per assicurarvi una onesta condizione di vita. No; oltre questi scopi giusti e retti, l'educazione ha il fine superiore di formare e perfezionare in voi il cristiano degno del suo carattere naturale e soprannaturale, utile alla società, qualunque sia l'ufficio a cui la Provvidenza lo destina. Ma, per foggiare tali uomini, avete voi riflettuto a quale lavoro, a quali fatiche, a quali rinunzie totali e continue i vostri Maestri e Professori debbono sottoporsi? Immaginate voi quanto loro costa, a loro che vi amano come vi amano, l'imporvi l'obbligo del lavoro, gradito forse, ma certamente austero, l'osservanza della disciplina, amorevole ma pur forte? L'opera della formazione importa inevitabilmente qualche costrizione. Ora la costrizione può essere o subita di mala voglia, o accettata di buon grado, ovvero generosamente e lietamente accolta da voi stessi in filiale collaborazione coi vostri educatori. A questa collaborazione vi chiama la pedagogia di S. Giuseppe Calasanzio, così nello studio intellettuale, profano e religioso, come nella coltura morale e soprannaturale, ove si tratta per voi, non già di registrare i buoni risultati come semplici ricevitori passivamente esatti, ma di cooperare con un'attività al tempo stesso docile e personale.

Tutto ciò è vero in generale. Ma ogni tempo ha il suo proprio volto, con cui l'educazione cristiana deve necessariamente incontrarsi. Perciò Noi stimiamo che la scuola cattolica ha da tener presenti due scopi speciali :

1°. Alla irrequietezza, alla smisurata moltiplicità, alla pressione della vita moderna, che serra come in una spira quasi totalmente l'uomo e non lo lascia più rientrare in se stesso, alla frenesia del fortunato successo, secondo il quale tutto si giudica, senza badare se è vero o falso, buono o cattivo, lecito o illecito, la educazione cattolica è chiamata ad opporre l'uomo di chiare, sicure e profonde convinzioni.

Non è forse questa la voce della quotidiana esperienza? Guardate. Chi non ha saldi principi, viene oggi senz'altro travolto dagli alti flutti delle lotte ideologiche. Perciò tanti sguardi al presente si volgono, pieni di speranza, verso la Chiesa. Questa ha dietro di sè una storia ammirabile di santità e di opere grandi, è ricca di vetuste costumanze, di bellezza e di forme sublimi. Ma ciò che in lei soprattutto attira gli animi è la convinzione, salda come una roccia, della verità assoluta, della forza divina di quella fede, dalla quale tutto il resto riceve vita e valore.

2°. Alla instabilità morale, verso cui la gioventù è in mille modi tratta dalla supercoltura, dal libro, dalle immagini, dal « film », è ufficio della educazione cattolica di opporre l'uomo che sa dominare se stesso, conservare e difendere la sua dignità umana e cristiana.

La morale cattolica ha cuore largo; essa accoglie ed abbraccia tutto ciò che si trova nell'ambito di quella dignità. Là però sono anche segnati i confini, che non è lecito di trapassare. Mantenere inviolati questi limiti sempre e in ogni circostanza, è lode e merito di animi forti; ma è necessaria la grazia e l'umile preghiera per impetrarla — grazia e preghiera senza le quali non è possibile la vittoria —, è necessario che il giovane venga fin dai primi anni esercitato alle rinunzie, al sacrificio, al dominio di sè stesso.

Perciò su voi tutti, educatori ed alunni, invochiamo la intercessione del santo Fondatore, uomo d'incrollabile fede e di eroica abnegazione, e mentre con lui mettiamo le Scuole Pie della Madre di Dio sotto il potente presidio della Vergine purissima, v'impartiamo con paterno affetto l'Apostolica Benedizione.

*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, X,
 Decimo anno di Pontificato, 2 marzo 1948 - 1° marzo 1949, pp. 285 - 289