José María Rubio y Peralta

José María Rubio y Peralta

(1864-1929)

Beatificazione:

- 06 ottobre 1985

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 04 maggio 2003

- Papa  Giovanni Paolo II

- Madrid, Spagna

Ricorrenza:

- 2 maggio

Sacerdote professo, della Compagnia di Gesù, si distinse nell’ascolto dei penitenti, nella predicazione di esercizi spirituali e nel visitare i poveri del territorio di Madrid

  • Biografia
  • Omelia
  • omelia di beatificazione
"Fare quello che Dio vuole e volere quello che Dio fa"

 

José María Rubio Peralta nacque a Dalías (Almería) il 22 luglio 1864 nel seno di una famiglia molto numerosa. Frequentò gli studi ecclesiastici nel Seminario di Granada e in quello di Madrid. Qui fu ordinato sacerdote nel 1887. Esercitò il suo ministero sacerdotale nelle parrocchie di Chinchón ed Estremera. Fu professore del Seminario, notaio della Curia e Cappellano delle Monache di San Bernardo.

Nel 1906 entrò nella Compagnia di Gesù e venne destinato ad esercitare il suo ministero pastorale ancora a Madrid, ove rimase fino alla morte, che avvenne ad Aranjuez il 2 maggio 1929. Formato alla scuola degli Esercizi Spirituali di Sant'Ignazio di Loyola, con una profonda vita spirituale alimentata soprattutto dall'amore per l'Eucaristia e dalla devozione al Cuore di Gesù, si dedicò a riconciliare i penitenti nel confessionale, alla predicazione del Vangelo in forma semplice, all'attenzione pastorale e sociale nei quartieri più poveri di Madrid.

Particolare impegno profuse nella formazione dei laici, affinché si comportassero da cristiani in famiglia, nella loro professione e nella società. Promosse l'opera delle "Marías de los Sagrarios" (Marie dei Tabernacoli). Già allora veniva chiamato "l'apostolo di Madrid". 

Fu beatificato da Giovanni Paolo II il 6 ottobre 1985. 

SANTA MESSA CON CANONIZZAZIONI

OMELIA DEL SANTO PADRE

Plaza de Colón, Madrid
III Domenica di Pasqua, 4 maggio 2003

 

1. "Siate testimoni della mia risurrezione" (cfr Lc 24, 46-48), Gesù dice ai suoi Apostoli nel racconto del Vangelo appena proclamato. Missione difficile e impegnativa, affidata a uomini che ancora non osano mostrarsi in pubblico per paura di essere riconosciuti come discepoli del Nazareno. Ciononostante, la prima lettura ci ha presentato Pietro che, una volta ricevuto lo Spirito Santo a Pentecoste, ha il coraggio di proclamare dinanzi al popolo la risurrezione di Gesù e di esortare al pentimento e alla conversione.

Da allora la Chiesa, con la forza dello Spirito Santo, continua a proclamare questo annuncio straordinario a tutti gli uomini di tutti i tempi. E il Successore di Pietro, pellegrino in terra spagnola, vi ripete: Spagna, seguendo un passato di coraggiosa evangelizzazione,sii ancora oggi testimone di Gesù Cristo risorto!

2. Saluto con affetto tutto il popolo di Dio venuto dalle diverse regioni del Paese e qui riunito per partecipare a questa solenne celebrazione. Porgo un rispettoso e deferente saluto alle Loro Maestà i Reali di Spagna e alla Famiglia Reale. Ringrazio cordialmente per le gentili parole il Cardinale Antonio María Rouco Varela, Arcivescovo di Madrid. Saluto i Cardinali e i Vescovi spagnoli, i sacerdoti e le persone consacrate; saluto anche con affetto i membri degli Istituti legati ai nuovi Santi.

Ringrazio in modo particolare per la loro presenza qui il Presidente del Governo e i Presidenti delle Comunità Autonome, come pure le Autorità civili, che hanno offerto la loro valida collaborazione per la realizzazione dei vari momenti di questa visita.

3. I nuovi Santi si presentano oggi dinanzi a noi come veri discepoli del Signore e testimoni della sua Risurrezione.

San Pedro Poveda, cogliendo l'importanza della funzione sociale dell'educazione, realizzò un importante compito umanitario ed educativo fra gli emarginati e i bisognosi. Fu maestro di preghiera, pedagogo della vita cristiana e dei rapporti fra la fede e la scienza, convinto che i cristiani dovessero apportare valori e impegni sostanziali per la costruzione di un mondo più giusto e solidale. Concluse la sua esistenza con la corona del martirio.

San José María Rubio visse il suo sacerdozio prima come diocesano e poi come gesuita, con un dono totale di sé all'apostolato della Parola e dei Sacramenti, dedicando molte ore al confessionale e guidando numerosi corsi di esercizi spirituali, nei quali formò molti cristiani che poi sarebbero morti martiri durante la persecuzione religiosa in Spagna. "Fare quello che Dio vuole e volere quello che Dio fa", era il suo motto.

4. Santa Genoveva Torres fu strumento della tenerezza di Dio verso le persone sole e bisognose di amore, di consolazione e di cure nel corpo e nello spirito. La nota caratteristica che dava impulso alla sua spiritualità era l'adorazione riparatrice dell'Eucaristia, fondamento a partire dal quale svolse un apostolato pieno di umiltà e semplicità, di abnegazione e di carità.

Uguale amore e sensibilità verso i poveri portò Santa Ángela de la Cruz a fondare la sua "Compagnia della Croce", con una dimensione caritativa e sociale a favore dei più bisognosi e con un impatto enorme sulla Chiesa e sulla società sivigliana della sua epoca. I suoi tratti distintivi erano la naturalità e la semplicità, ricercando la santità con uno spirito di mortificazione, al servizio di Dio nei fratelli.

Santa Maravillas de Jesús visse animata da una fede eroica, plasmata nella risposta a una vocazione austera, ponendo Dio al centro della sua esistenza. Superate le tristi circostanze della Guerra Civile spagnola, realizzò nuove fondazioni dell'Ordine del Carmelo informate allo spirito caratteristico della riforma teresiana. La sua vita contemplativa e la clausura del monastero non le impedirono di rispondere ai bisogni delle persone che frequentava e di promuovere opere sociali e caritative attorno a sé.

5. I nuovi Santi hanno volti molto concreti e la loro storia è ben nota. Qual è il loro messaggio? Le loro opere, che ammiriamo e per le quali rendiamo grazie a Dio, non si devono alle loro forze o alla sapienza umana, ma all'azione misteriosa dello Spirito Santo, che ha suscitato in essi un'adesione incrollabile a Cristo crocifisso e risorto e il proposito di imitarlo. Cari fedeli cattolici di Spagna: lasciatevi interpellare da questi meravigliosi esempi!

Nel rendere grazie al Signore per i tanti doni che ha distribuito in Spagna, vi invito a chiedere con me che in questa terra continuino a fiorire nuovi Santi. Nasceranno altri frutti di santità se le comunità ecclesiali mantengono la loro fedeltà al Vangelo che, secondo una venerabile tradizione, fu predicato fin dai primi tempi del cristianesimo e si è conservato attraverso i secoli.

Nasceranno nuovi frutti di santità se la famiglia sa restare unita, come autentico santuario dell'amore e della vita. "Questa fede cristiana e cattolica... costituisce l'identità del popolo spagnolo", ho detto in occasione del mio pellegrinaggio a Santiago de Compostela (Messa per il Pellegrino, 9-11-1982). Conoscere e approfondire il passato di un popolo significa rafforzare e arricchire la sua stessa identità. Non abbandonate le vostre radici cristiane! Solo così sarete capaci di apportare al mondo e all'Europa la ricchezza culturale della vostra storia.

6. "Aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture" (Lc 24, 45). Cristo risorto illumina gli Apostoli affinché il loro annuncio possa essere compreso e si trasmetta integro a tutte le generazioni; affinché l'uomo udendo creda, credendo speri, e sperando ami (cfr Sant'Agostino, De catechizandis rudibus, 4, 8). Predicando Gesù Cristo risorto la Chiesa desidera annunciare a tutti gli uomini un cammino di speranza e accompagnarli all'incontro con Cristo.

Nel celebrare questa Eucaristia, invoco su tutti voi il grande dono della fedeltà ai vostri impegni cristiani. Ve lo conceda Dio Padre per intercessione della Santissima Vergine, venerata in Spagna con tanti titoli, e dei nuovi Santi.

SOLENNE CONCELEBRAZIONE PER LA BEATIFICAZIONE DEI SERVI DI DIO
DIEGO LUIS DE SAN VITORES, JOSÉ MARIA RUBIO E FRANCISCO GÁRATE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 6 ottobre 1985

 

1. “Ecco, sto alla porta e busso” (Ap 3, 20).

Gesù Cristo, “il testimone fedele e verace, il principio della creazione di Dio” (Ap 3, 14) sta alla porta e bussa.

Gesù Cristo, colui che il Padre, ha consacrato con l’unzione e ho mandato a portare il lieto annunzio, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà . . .” (Is 61, 1).

Gesù Cristo, il vero chicco di grano che, caduto in terra, è morto e produce molto frutto (cf. Gv 12, 24).

Oggi anche noi siamo chiamati a essere testimoni di questo frutto.

2. Gesù Cristo. Tutte le letture dell’odierna liturgia parlano direttamente di lui, della sua persona e del suo mistero.

Ecco, egli si è fermato alla porta di quell’uomo, il cui nome era Ignazio di Loyola, e ha bussato al suo cuore. Tutti ricordiamo quel bussare. La sua eco continua a risuonare tuttora nella Chiesa diffusa nei cinque continenti.

Gesù Cristo, il testimone fedele e verace. Un frutto di questa testimonianza fu l’uomo nuovo nella storia di Ignazio di Loyola. E, in seguito, fu una grande comunità nuova, la “Societas Iesu”, la Compagnia di Gesù.

Oggi siamo invitati a ricordare i frutti dati da questa comunità nel corso di oltre quattro secoli; con le opere nel campo dell’apostolato, delle missioni, della scienza, dell’educazione, della pastorale.

Soprattutto i frutti dovuti alla santità della vita dei figli spirituali del Santo di Loyola.

Oggi tra coloro che la Chiesa ha elevato alla gloria degli altari, vengono aggiunti i tre servi di Dio: Diego Luis de San Vitores, José María Rubio y Peralta e Francisco Gárate.

3. I tre nuovi beati nacquero in Spagna, nazione che tanto si è distinta nella diffusione del Vangelo oltre che per la vitalità della sua fede cattolica.

Diverse diocesi e città si onorano di avere dei vincoli con questi eletti del Signore: Burgos è la città natale di padre San Vitores, l’evangelizzatore delle Isole Marianne; padre Rubio nacque a Dalias (Almería) ed esercitò il suo apostolato soprattutto nella capitale spagnola, restando noto come “l’apostolo di Madrid”; fratello Gárate è originario di un villaggio nelle immediate vicinanze della città di Loyola, parrocchia di Azpeitia (Guipúzcoa) e trascorse la maggior parte della sua vita a Deusto (Bilbao).

Qual è il messaggio di questi tre beati all’uomo d’oggi?

Se pensiamo ai principi più profondi delle loro vite vediamo che questi tre modelli di santità sono come uniti da un elemento comune: l’apertura totale e generosa a Dio che dice loro: “Ecco, io sto alla porta e busso: se uno sente la mia voce e mi apre, io entrerò da lui e cenerò con lui, e lui con me” (Ap 3, 20). “Apriamo la nostra porta per riceverlo quando, sentendo la sua voce, diamo liberamente il nostro assenso ai suoi inviti manifesti o velati e applichiamoci con impegno ai compiti che egli ci confida” (Venerabile Beda, Omelia 21).

Effettivamente la risposta dei tre beati subitanea e generosa alla chiamata di Dio unisce aspetti diversi, ma allo stesso tempo complementari, della loro vocazione religiosa vissuta come membri della Compagnia di Gesù.

4. Diego Luis de San Vitores Alonso, ancora molto giovane, sente interiormente una voce che lo attrae e insieme lo muove. Si sente attratto da Cristo, l’eterno inviato dal Padre per salvare gli uomini, che lo spinge ad andare in terre lontane come strumento della sua missione di salvezza. Risuonano nelle orecchie di Diego le parole del Signore nella sinagoga di Nazaret: “Evangelizzare pauperibus misit me” (Lc 4, 18; Is 61, 1). Gesù sta alla porta e chiama: la sua voce si fa ogni volta più chiara e insistente nel cuore generoso del giovane, che si apre a Dio e decide di entrare nella Compagnia di Gesù, rinunciando al brillante avvenire che le sue doti personali e la posizione sociale della sua famiglia gli avrebbero procurato.

Nella preghiera e nel raccoglimento, la sua anima contempla “Gesù che percorreva città e villaggi predicando il Vangelo del Regno” (Mt 9, 35), chiede al Signore la grazia di non essere “sordo alla sua chiamata, ma pronto e diligente per fare la sua santissima volontà” (S. Ignazio di Loyola, Esercizi Spirituali, 91). Il giovane religioso bussa alla porta dei suoi superiori perché lo inviino alle missioni dell’Oriente, per predicare la buona novella di Cristo ai popoli che ancora non lo conoscono.

Dopo un lungo e faticoso viaggio verso l’Oriente, via Messico, giunse nelle Filippine, dove rimase per cinque anni prima di essere inviato alle Isole Marianne. Nel giugno del 1668 il padre San Vitores e i suoi compagni gesuiti raggiunsero l’arcipelago e si stabilirono nell’isola di Guam, il centro della loro attività missionaria.

Il loro zelo apostolico e la completa dedizione nei confronti di quelle popolazioni bisognose di una promozione spirituale e umana, caratterizzarono gli anni di questo esemplare missionario, che, imitando le parole del maestro - “nessuno ha amore più grande di colui che sacrifica la propria vita per i suoi amici” (Gv 15, 13) - versò il suo sangue in sacrificio, mentre chiedeva a Dio di dimenticare il nome del responsabile della sua morte.

La vita di questo nuovo beato si caratterizzò per una totale disponibilità ad accorrere là dove Dio lo chiamava. Egli parla in tono attuale e urgente ai missionari di oggi sull’atteggiamento aperto e preparato per rispondere alle esigenze del mandato: “Andate per tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura” (Mc 16, 15).

Giovani che mi ascoltate, o che riceverete questo messaggio: aprite il vostro cuore al Signore che sta alla porta e chiama (cf. Ap 3, 20). Siate generosi come il giovane Diego, che lasciando tutto si fece pellegrino e missionario in terre lontane per dare testimonianza dell’amore di Dio per gli uomini.

5. José María Rubio y Peralta, “l’apostolo di Madrid”. La sua vita di fedele seguace di Cristo ci insegna che è l’atteggiamento docile e umile nei confronti dell’operare di Dio ciò che fa progredire il cristiano sul cammino della perfezione e lo converte in uno strumento di salvezza.

Sapete tutti come padre Rubio esercitò dal confessionale e dal pulpito una grande attività apostolica. Il suo squisito tatto di guida di anime gli faceva trovare il consiglio adeguato, la parola giusta, la penitenza, a volte esigente, che durante gli anni di paziente e silenziosa opera, crearono via via apostoli, uomini e donne di ogni classe sociale, che divennero in molti casi suoi collaboratori nelle opere assistenziali e di carità, da lui ispirate e dirette. Formò secolari impegnati, ai quali amava ripetere la sua nota frase: “Bisogna avere slancio!”, animandoli a farsi presenti come cristiani negli ambienti poveri ed emarginati della periferia di Madri dagli inizi del secolo, dove egli creò scuole e si prese cura dei malati, degli anziani e degli operai disoccupati.

Il suo dialogo assiduo con Cristo, soprattutto nel sacramento dell’Eucaristia, e la sua devozione al Sacro Cuore lo portarono all’intimità con il Signore e ai suoi stessi sentimenti (cf. Fil 2, 5 ss.). Nell’esemplare traiettoria della sua vita, questo illustre figlio di Sant’Ignazio si presenta all’uomo d’oggi come un autentico “alter Christus”, un sacerdote che guarda il popolo dal punto di vista di Dio e che per far ciò ha la virtù di comunicare al prossimo qualcosa che è riservato a coloro che vivono in Cristo.

6. Il messaggio di santità che il fratello Francisco Gárate Aranguren ci ha inviato è semplice e chiaro, come fu semplice la sua vita di religioso sacrificato nella portineria di un centro universitario di Duesto. Fin dalla giovinezza Francisco spalancò il suo cuore a Cristo che batteva alla sua porta invitandolo ad essere suo seguace fedele, suo amico. Come la Vergine Maria, che amò teneramente come madre, rispose con generosità e fiducia senza limiti, alla chiamata della grazia.

Fratello Gárate visse la sua consacrazione religiosa come apertura radicale a Dio, al cui servizio e gloria si offrì (cf. Lumen gentium, 44) e da cui riceveva ispirazione e forza per dare testimonianza di una grande bontà con tutti. Questo lo poterono confermare tante e tante persone che passarono per la portineria del cosiddetto, affettuosamente, “Fratello Delicatezze”, presso l’Università di Deusto: studenti, professori, impiegati, padri dei giovani residenti, gente insomma di tutte le classi e le condizioni, che notarono nel fratello Gárate la disposizione totale e sorridente di chi ha il suo cuore legato a Dio.

Costui ci dà una testimonianza concreta e attuale del valore della vita interiore come anima di ogni forma di apostolato oltre che della consacrazione religiosa. In verità quando ci si sta offrendo a Dio e si concentra in lui la propria vita, i frutti apostolici non si fanno aspettare. Dalla portineria di una casa di studi, questo fratello coadiutore gesuita rese presente la bontà di Dio mediante la forza evangelizzatrice del suo servizio silenzioso e umile.

7. Che cosa dicono alla Chiesa e al mondo attuale i tre beati che oggi esaltiamo e che la liturgia chiama “querce di giustizia, piantate dal Signore per la sua gloria” (Is 61, 3)?

In epoche diverse, con persone e in aree geografiche differenti, risposero prontamente all’invito di Gesù che li chiamava all’intimità con lui. Con le loro vite incentrate nell’amore di Dio, diedero, ciascuno a suo modo, testimonianza: della disponibilità assoluta del missionario che giunge fino allo spargimento di sangue, dell’opera paziente e delicata di guida delle coscienze e creatore di apostoli, di servizio umile e silenzioso, nel compiere l’ufficio quotidiano.

8. Dirigiamo di nuovo il nostro sguardo al “testimone fedele e verace” del libro dell’Apocalisse, che un giorno si trattenne davanti alla porta di Ignazio di Loyola e chiamò. Attento al passaggio del Signore, Ignazio gli aprì la porta del suo cuore. Con questa risposta, il cuore di Gesù si convertì per lui in “fonte di vita e santità”.

Oggi, come nei tempi scorsi, la Chiesa eleva nuovamente all’onore dell’altare tre figli di Sant’Ignazio. Che questo giorno solenne diventi in Gesù Cristo un nuovo “principio della creazione di Dio” (Ap 3, 14). Che, in virtù di questo “principio”, si rinnovi in ognuno dei membri della Compagnia di Gesù la chiamata all’indivisibile servizio a Dio nella Chiesa e nel mondo, che il vostro fondatore e padre espresse con quelle brevi parole: “Prendete, o Signore, e ricevete tutta la mia libertà . . .” (S. Ignazio di Loyola, Esercizi Spirituali, 234).

I nomi dei gesuiti Diego Luis de San Vitores Alonso, José Maria Rubio y Peralta e Francisco Gárate Aranguren, vengono oggi a sommarsi alla lunga e feconda storia di santità di questa benemerita famiglia religiosa. Costoro, come il chicco di grano che cade a terra e muore, diedero molti frutti. furono fecondi perché Dio fu al centro della loro vita.

Che in tutta la vostra comunità ignaziana si ravvivi con nuova forza la chiamata alla santità di cui sono alti esempi i nuovi beati che oggi la Chiesa celebra come figli prediletti.

Che per intercessione di Maria, regina di tutti i santi, alla cui attenzione materna affido l’eredità di santità con cui lo Spirito ci ha arricchiti, siano sempre più abbondanti i frutti di pienezza di vita cristiana nella Chiesa.