Junipero Serra

Junipero Serra

(1713-1784)

Beatificazione:

- 25 settembre 1988

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 23 settembre 2015

- Papa  Francesco

- Washington D.C., Stati Uniti d'America

Ricorrenza:

- 28 agosto

Sacerdote professo dell’Ordine dei Frati Minori, che tra le tribù ancora pagane di quella regione, nonostante gli ostacoli e le difficoltà, predicò il Vangelo di Cristo nella lingua dei popoli del luogo e difese strenuamente i diritti dei poveri e degli umili

  • Biografia
  • Omelia
  • Lettera Apostolica
  • omelia di beatificazione
Ha saputo vivere quello che è “la Chiesa in uscita”: “Sempre avanti”

 

 

VITA  E  OPERE

 

 

    Il Beato Junipero Serra (al secolo: Michele Giuseppe) nacque a Petra, nell’isola di Maiorca, il 24 novembre 1713, da Antonio e Margherita Ferrer, e fu battezzato nello stesso giorno. Frequentò la scuola annessa al locale convento dei Frati Minori di San Bernardino, pur rendendosi utile alla famiglia nel lavoro dei campi, in un tempo di grande povertà a causa di ricorrenti epidemie e carestie. Avvertita la vocazione alla vita religiosa, entrò nell’Ordine dei Frati Minori a Palma di Maiorca. Dopo l’anno di noviziato, nel settembre del 1731 emise la professione dei voti religiosi prendendo il nome di fra Junipero, in onore di Ginepro, singolare compagno di San Francesco, esempio di gioia e semplicità francescana.

    Ordinato sacerdote nel dicembre del 1737, visse per circa diciotto anni nel convento di San Francesco di Palma, dedicandosi all’insegnamento della filosofia e della teologia presso l’Università Lulliana. Nei tempi liberi dalla docenza fu zelante nel ministero della confessione sacramentale e nella predicazione delle missioni popolari.

    All’inizio del 1749, quando aveva 35 anni, seguendo un’ispi­razione favorita dalla lettura delle vite dei Santi missionari del suo Ordine, partì per l’America insieme al suo fedele discepolo Padre Francisco Palóu, che gli rimase accanto per tutta la vita e fu poi autore della sua prima e fondamentale biografia. Salpata da Cadice il 29 agosto 1749, dopo aver fatto tappa a Porto Rico nel mese di ottobre, la sua nave approdò il 7 dicembre 1749 a Veracruz, dopo circa 99 giorni di navigazione. Da qui Padre Junipero proseguì a piedi fino a Città del Messico dove il 1 gennaio 1750 fu accolto dai confratelli del convento di San Fernando, sede del Collegio Apostolico e principale centro di irradiazione missionaria in tutto il territorio della Nuova Spagna.

    Il beato vi trascorse cinque mesi di preparazione per poter svolgere efficacemente l’apostolato tra gli Indios. Nel mese di giugno 1750 partì insieme al Palóu per la regione della Sierra Gorda, dove prese in carico l’evangelizzazione dei Pames, di cui imparò le lingue e i costumi. Le sue prerogative spirituali e umane gli consentirono di consolidare quelle stazioni missionarie mediante l’edificazione di nuove chiese e l’educazione delle popolazioni alla fede e al lavoro. Nominato presidente delle missioni della Sierra Gorda, nel 1758 i superiori di San Fernando lo richiamarono a Città del Messico, con l’intento di destinarlo alla missione di San Sabás nel Texas, che in quell’anno era stata distrutta da un attacco di Indiani. Non essendo stato possibile organizzare la prevista missione, Padre Junipero restò nel Collegio di San Fernando, fino al 1768, con il compito di maestro dei novizi e di predicatore di missioni popolari.

    Con l’espulsione dei Gesuiti da tutti i territori spagnoli, i Francescani furono chiamati a sostituirli nelle missioni della Bassa California, dove essi erano stati i primi ad impiantarsi. Padre Junipero fu nominato superiore e insieme ad altri 14 compagni si avviò verso quel territorio, fondando nel 1769 la missione di San Diego.

    Spostatosi poco più tardi verso l’Alta California, tra il 1771 e il 1772 fondò le missioni di San Carlos Borromeo, di San Antonio, di San Gabriel e di San Luis Obispo.

    L’ardore apostolico del presidente delle missioni dell’Alta California, che, in base al tradizionale legame fra trono e altare dell’ancien régime, chiedeva uomini e mezzi per impiantare nuove missioni, provocò una forte tensione con le autorità civili e militari ivi stabilite. Per difendere i diritti della Chiesa, impedire indebite intromissioni e, soprattutto, per garantire la promozione umana e religiosa degli Indiani che vedeva messa in pericolo dalla secolarizzazione strisciante dei vari governatori e comandanti militari spagnoli, Padre Junipero nel 1772 fece ritorno a Città del Messico, dove spiegò le sue posizioni e riuscì ad ottenere dal viceré ampie rassicurazioni per poter continuare ad evangelizzare senza ostacoli e impedimenti.

    Ritornato in Alta California nel 1774, diresse personalmente i lavori di ricostruzione della missione di San Diego distrutta dagli Indiani; fondò, quindi, tra il 1776 e il 1777 le missioni di San Francisco, di San Juan Capistrano e di Santa Clara.

    Clemente XIV, intanto, gli aveva concesso il privilegio di amministrare il sacramento della Cresima per dieci anni, al termine dei quali il numero dei cresimati di tutte le sue missioni da lui visitate fu di 5309; nel 1782 fondò la sua ultima missione di San Buenaventura.  Si ritirò, quindi, alla missione di San Carlos Borromeo al Carmel di Monterey e lì morì il 28 agosto 1784, munito dei conforti religiosi.

    Autentico gigante dell’evangelizzazione, nella sola California in diciassette anni dal 1767 al 1784 percorse circa 9900 km e 5400 miglia di navigazione, sopportando, nonostante l’età e le infermità (una dolorosissima ferita alla gamba lo tormentò senza tregua dal 1749), le condizioni aspre e disagiate dei lunghi viaggi in mare, sui fiumi e soprattutto a piedi; fondò, oltre a quelle della Sierra Gorda, nove missioni lungo il cosiddetto “Camino Real”, da cui derivano i nomi francescani di importantissime città californiane come San Francisco, San Diego, Los Angeles, Santa Clara.

 

 

"ITER" DELLA CAUSA

 

 

a) In vista della Beatificazione

 

    Particolari avvenimenti storici successivi alla morte di Padre Junipero, in particolare l’indipendenza del Mexico dalla Spagna (1837) e la successiva guerra con gli Stati Uniti, determinarono un ritardo nell’avvio del processo di canonizzazione, pur mantenendosi viva e costante la fama di santità presso il popolo di Dio.

    Il 17 dicembre 1943 l’Ordinario di Monterey-Fresno designò i membri della Commissione Storica che ultimarono il loro lavoro nel 1948. Dal 18 dicembre 1948 al 7 luglio 1949 si celebrò nella medesima diocesi il processo diocesano, durante il quale furono ascoltati 50 testi, 5 dei quali ex officio. Si celebrarono anche Processi Rogatoriali nelle curie diocesane di San Francisco e di Los Angeles. Deposero testimoni di ascendenza spagnola, messicana, india e anglosassone dei primi tempi della missione di P. Junipero. Intanto si erano pure celebrati i previsti Processi super non cultu e super scriptis. Tutti i processi furono aperti con Decreto della Sacra Congregazione dei Riti del 21 ottobre 1950.

    La Positio super vita et virtutibus ex officio concinnata fu edita nel 1981. La Seduta dei Consultori storici si tenne il 17 febbraio 1982. Il Congresso dei Consultori Teologi si celebrò il 12 febbraio 1985. La Sessione Ordinaria dei Padri Cardinali e Vescovi si svolse il 2 aprile 1985. Il Decreto super virtutibus fu promulgato alla presenza di Giovanni Paolo II il 9 maggio 1985.

    Per la beatificazione del Venerabile Servo di Dio fu presentata allo studio della Congregazione delle Cause dei Santi la presunta guarigione miracolosa di una suora avvenuta nel 1960 in Saint Louis (Missouri-USA).

    Il Processo sul prodigioso evento si svolse nella Diocesi di Saint Luis nel 1985 e fu integrato da un Processo suppletivo celebrato nel 1986. I Periti della Consulta Medica l’8 luglio 1987 furono concordi nell’emettere la diagnosi di “grave connettivite polimiositica” con prognosi infausta quoad vitam e nel dichiarare la guarigione estrema­mente rapida completa e definitiva, inspiegabile scientificamente. Il congresso dei Consultori Teologi si svolse il 23 luglio 1987. La sessione Ordinaria dei Padri Cardinali e Vescovi si tenne il 1 dicembre 1987. Il Decreto super miraculo fu promulgato l’11 dicembre 1987.

    Il rito di Beatificazione si svolse a Roma, in Piazza San Pietro, il 25 settembre 1988. In precedenza San Giovanni Paolo II nel mese di settembre 1987 aveva compiuto lo storico viaggio apostolico negli Stati Uniti, nel corso del quale poté rendere omaggio alla tomba del Servo di Dio in San Carlo Borromeo Mission, Carmel, e pronunciare due importanti discorsi, rispettivamente il 14 il 17 set­tembre 1987, con i quali additava il Venerabile Junipero Serra come eminente apostolo e civilizzatore.

 

b) In vista della Canonizzazione

 

    Dopo la beatificazione e soprattutto in occasione della solenne celebrazione del terzo centenario della nascita del Beato (1713-2013) si sono moltiplicate nell’Ordine dei Frati Minori e nelle Regioni Ecclesiastiche che più direttamente custodiscono la memoria della vita e delle opere del Beato (Stati Uniti, Mexico, Europa), le iniziative a favore del suo culto e gli auspici per una sua sollecita Canonizzazione. La Postulazione Generale dell’Ordine dei Frati Minori, sensibile alle attese dei numerosissimi devoti del Beato, ha pertanto raccolto in una speciale Positio super Canonizatione la documentazione che illustra i motivi che sostengono la speranza di una rapida canonizzazione del Beato.

    Emergono nella Positio le prove della estensione del culto e della vigorosa devozione di un’ampia fascia del popolo di Dio verso il beato Junipero Serra; significative attestazioni del potere di intercessione del beato che si manifesta con il conseguimento di grazie materiali e spirituali; testimonianze sulla rilevanza della sua figura di evange­liz­zatore nella storia della Chiesa in Mexico e Stati Uniti, di civilizzatore nel dialogo tra le culture. Non mancano autorevoli interventi degli ultimi Sommi Pontefici e dell’Episcopato Cattolico sulla permanente attualità del suo messaggio spirituale e del suo zelo pastorale e missionario.

    Gli Eminentissimi Padri Cardinali e gli Eccellentissimi Vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi, riuniti in Sessione Ordinaria il 5 maggio 2015, esaminata la Positio super Canonizatione hanno espresso il loro autorevole giudizio a favore della cano­nizzazione del Beato Junipero, con dispensa del miracolo formalmente approvato, esistendo una solida fama signorum e un culto liturgico notevolmente esteso nella Chiesa. Il Santo Padre, nell’udienza del maggio 2015 concessa al Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, Card. Angelo Amato, ha ratificato il giudizio della Sessione Ordinaria ed ha disposto che si procedesse, come di consueto, alla celebrazione del Concistoro.

SANTA MESSA E CANONIZZAZIONE DEL BEATO P. JUNIPERO SERRA

OMELIA DEL SANTO PADRE

Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione, Washington, D.C.
Mercoledì, 23 settembre 2015

 

«Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti» (Fil 4,4). Un invito che colpisce fortemente la nostra vita. Siate lieti, ci dice san Paolo, con una forza quasi imperativa. Un invito che si fa eco del desiderio che tutti sperimentiamo di una vita piena, di una vita che abbia senso, di una vita gioiosa. E’ come se Paolo avesse la capacità di ascoltare ciascuno dei nostri cuori e desse voce a quello che sentiamo, che viviamo. C’è qualcosa dentro di noi che ci invita alla gioia e a non adattarci a palliativi che cercano sempre di accontentarci.

Ma, a nostra volta, viviamo le tensioni della vita quotidiana. Sono molte le situazioni che sembrano mettere in dubbio questo invito. La dinamica a cui molte volte siamo soggetti  sembra portarci ad una rassegnazione triste che a poco a poco si va trasformando in abitudine, con una conseguenza letale: anestetizzarci il cuore.

Non vogliamo che la rassegnazione sia il motore della nostra vita – o lo vogliamo? Non vogliamo che l’abitudine si impossessi delle nostre giornate – o sì? Per questo possiamo domandarci: come fare perché non si anestetizzi il nostro cuore? Come approfondire la gioia del Vangelo nelle diverse situazioni della nostra vita?

Gesù lo ha detto ai discepoli di allora e lo dice a noi: Andate! Annunciate! La gioia del Vangelo si sperimenta, si conosce e si vive solo donandola, donandosi.

Lo spirito del mondo ci invita al conformismo, alla comodità. Di fronte a questo spirito umano «occorre sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo» (Enc. Laudato si’, 229). La responsabilità di annunciare il messaggio di Gesù. Perché la fonte della nostra gioia sta in quel «desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 24). Andate da tutti ad annunciare ungendo e ad ungere annunciando. A questo il Signore ci invita oggi e ci dice:

la gioia il cristiano la sperimenta nella missione: andate alle genti di tutte le nazioni;

la gioia il cristiano la trova in un invito: andate e annunciate;

la gioia il cristiano la rinnova e la attualizza con una chiamata: andate e ungete.

Gesù vi manda a tutte le nazioni. A tutte le genti. E in questo “tutti” di duemila anni fa eravamo compresi anche noi. Gesù non dà una lista selettiva di chi sì e chi no, di quelli che sono degni o no di ricevere il suo messaggio, la sua presenza. Al contrario, ha abbracciato sempre la vita così come gli si presentava. Con volto di dolore, fame, malattia, peccato. Con volto di ferite, di sete, di stanchezza. Con volto di dubbi e di pietà. Lungi dall’aspettare una vita imbellettata, decorata, truccata, l’ha abbracciata come gli veniva incontro. Benché fosse una vita che molte volte si presenta rovinata, sporca, distrutta. A tutti, ha detto Gesù, a tutti andate e annunciate; a tutta questa vita così com’è e non come ci piacerebbe che fosse: Andate e abbracciate nel mio nome. Andate agli incroci delle strade, andate… ad annunciare senza paura, senza pregiudizi, senza superiorità, senza purismi a tutti quelli che hanno perso la gioia di vivere, andate ad annunciare l’abbraccio misericordioso del Padre. Andate da quelli che vivono con il peso del dolore, del fallimento, del sentire una vita spezzata e annunciate la follia di un Padre che cerca di ungerli con l’olio della speranza, della salvezza. Andate ad annunciare che gli sbagli, le illusioni ingannevoli, le incomprensioni, non hanno l’ultima parola nella vita di una persona. Andate con l’olio che lenisce le ferite e ristora il cuore.

La missione non nasce mai da un progetto perfettamente elaborato o da un manuale molto ben strutturato e programmato; la missione nasce sempre da una vita che si è sentita cercata e guarita, trovata e perdonata. La missione nasce dal fare esperienza una e più volte dell’unzione misericordiosa di Dio.

La Chiesa, il Popolo Santo di Dio, sa percorrere le strade polverose della storia attraversate tante volte da conflitti, ingiustizie e violenza per andare a trovare i suoi figli e fratelli. Il Santo Popolo fedele di Dio non teme lo sbaglio; teme la chiusura, la cristallizzazione in élite, l’attaccarsi alle proprie sicurezze. Sa che la chiusura, nelle sue molteplici forme, è la causa di tante rassegnazioni.

Per questo, usciamo, andiamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 49). Il Popolo di Dio sa coinvolgersi perché è discepolo di Colui che si è messo in ginocchio davanti ai suoi per lavare loro i piedi (cfr ibid., 24).

Oggi siamo qui, possiamo essere qui perché ci sono stati molti che hanno avuto il coraggio di rispondere a questa chiamata, molti che hanno creduto che «la vita si accresce donandola e si indebolisce nell’isolamento e nella comodità» (Documento di Aparecida, 360). Siamo figli dell’audacia missionaria di tanti che hanno preferito non rinchiudersi «nelle strutture che danno una falsa protezione […] nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 49). Siamo debitori di una Tradizione, di una catena di testimoni che hanno reso possibile che la Buona Novella del Vangelo continui ad essere di generazione in generazione Nuova e Buona.

Ed oggi ricordiamo uno di quei testimoni che ha saputo testimoniare in queste terre la gioia del Vangelo: Padre Junipero Serra. Ha saputo vivere quello che è “la Chiesa in uscita”, questa Chiesa che sa uscire e andare per le strade, per condividere la tenerezza riconciliatrice di Dio. Ha saputo lasciare la sua terra, le sue usanze, ha avuto il coraggio di aprire vie, ha saputo andare incontro a tanti imparando a rispettare le loro usanze e le loro caratteristiche.

Ha imparato a generare e ad accompagnare la vita di Dio nei volti di coloro che incontrava rendendoli suoi fratelli. Junipero ha cercato di difendere la dignità della comunità nativa, proteggendola da quanti ne avevano abusato. Abusi che oggi continuano a procurarci dispiacere, specialmente per il dolore che provocano nella vita di tante persone.

Scelse un motto che ispirò i suoi passi e plasmò la sua vita: seppe dire, ma soprattutto seppe vivere dicendo: “Sempre avanti”. Questo è stato il modo che Junipero ha trovato per vivere la gioia del Vangelo, perché non si anestetizzasse il suo cuore. E’ stato sempre avanti, perché il Signore aspetta; sempre avanti, perché il fratello aspetta; sempre avanti per tutto ciò che ancora gli rimaneva da vivere; è stato sempre avanti. Come lui allora, che noi oggi possiamo dire: sempre avanti.

 

LITTERAE APOSTOLICAE

de peracta Beatificatione

 

IOANNES  PAULUS  PP.  II

ad perpetuam rei memoriam

 

    «Convocatis autem Duodecim, dedit illis virtutem et potestatem super omnia daemonia, et ut languores curarent, et misit illos prae­dicare regnum Dei et sanare infirmos, et ait ad illos: “Nihil tuleritis in via, neque virgam neque peram neque panem neque pecuniam neque duas tunicas habeatis”. ... Egressi autem circuibant per castella evangelizantes et curantes ubique» (Lc. 9, 1-3. 6).

 

    Haec quidem verba, quibus munus evangelii nuntiandi Duodecim concredidit Dominus Iesus pariter atque aegritudinis fratrum levandae quos ipsi forte in itinere erant offensuri, probe planeque intellecta sunt atque ad effectum adducta a Dei servo, fratre Iunipero Michaële Iosepho Serra Ferrer, Ordinis Fratrum Minorum sacerdote. Procul dubio verba haec diutius volutavit ipse animo atque in iisdem eundem spiritum agnovit quo nempe Franciscus Assisiensis, illius Ordinis conditor in quem is ascriptus est, fratres suos quoquoversus mittere voluit.

    Pedrae natus in Maiorica insula die XXIV mensis Novembris anno MDCCXIII, ex agricolarum familia quae sacro baptismatis rore tincto ei indidit nomen Michaëli Iosepho. Ingressus Fratrum Minorum Ordinem anno MDCCXXX, nomen habuit Iuniperum; qui subinde sacerdotio auctus anno MDCCXXXVII, aliquandiu philosophiam docuit et theologiam, haudquaquam pastorali usu neglecto, praedicatione nominatim, in qua protinus clari sibi peperit laudem praedicatoris.

    Anno autem MDCCXLIX Mexicum petiit, ubi, paulo post quam illuc pervenerat, Missioni destinatus est quae vocabitur Sierra Gorda quaeque inter septemtriones et orientem solem sita erat, Mexicopolis respectu. Novem per annos ibidem Dei servus novitiorum magistri functus est munere, qui interea praedicationem factitabat praeoptatam. Anno MDCCLXVII praeses est renuntiatus Inferioris Californiae mis­sionum, atque exigue biennio post ad Superiorem transiit Californiam (quae nunc Californiae Civitas vocitatur), ubi, illo praesertim auctore, S. Didaci, S. Caroli Borromaei, S. Antonii Patavini, S. Gabrielis Archangeli, S. Ludovici Episcopi, S. Francisci Assisiensis, S. Ioannis a Capistrano, S. Clarae Assisiensis atque S. Bonaventurae exstiterunt missiones.

    Inter autem missionarios atque in California Hispaniae vicarium regia ortae dissentiones Fratri Iunipero ansanti dederunt «Iurium Indorum constitutionem» conscribendi, qui pariter sibi moderandi et educandi Indos officium vindicabat, sacro fonte lustratos.

    Cunctis in missionibus in agris excolendis copiisque naturae rerum utendis instituerunt Frater Iuniperus eiusque fratres Indos ut obtinerent hi potiorem vitae condicionem.

    Eius erga Indos amor eandem habebat vim animique effusionem atque amor ille evangelicus, qui quidem ex plena sui abnegatione con­stabat atque reconciliationis pacisque spiritu, tum spectatis christianis Indis, tum paganis. Quae vero Frater Iuniperus scripsit vicario regis verba habentur veluti vitae institutum ac spiritale testamentum: «Si forte sive christiani sive pagani Indi me necaverint, eis ignoscendum erit ... Interfector adiuvandus erit sibi ignotum esse ut intellegat, unde christiana lex adimpleatur quae peccatoris non vult mortem sed salutem».

    Postremos suae vitae annos in missionibus moderandis transegit Frater Iuniperus ac in litteris conscribendis omnibus missionariis, novas cupiens instituere missiones. Die XXVIII mensis Augusti mortuus est anno MDCCLXXXIV in missione S. Caroli Borromaei, ab omnibus defletus, praesertim ab Indis veluti «Benedictus Pater». XXXIV annos in missionario opere impendit, qui sustentabatur a Iesu, cui usque ipse mentem convertebat veluti Cruci affixo, qui inenar­rabiles dolores pro hominum redemptione passus est. Ipsius magna sane caritas maiores minoresque natu permovit, qui eum noverunt ac tanquam sanctum et apostolum germanum suspexerunt.

    Eius sanctitatis fama semper exstitit viva atque in dies increbruit ad praesentem usque aetatem.

    Ab anno MCMXLVIII ad annum MCMXLIX processus habitus est informativus in dioecesi olim Montereyensi in California et Angelo­rum in California.

    Anno autem MCMLXXXI a Congregationis pro (sic!) Causis Sanctorum officio historico-hagiographico Positio super vita et virtuti­bus edita est. Deinde, nempe ad iuris normam, apud eandem Congre­gationem de virtutibus Servi Dei rite disceptatum est; quas heroicas fuisse die IX mensis Martii, anno MCMLXXXV, Ipsi declaravimus.

    Mirum ad beatificationem Servi Dei productum, est die XV mensis Aprilis anno MCMLX patratum in nosocomio quod vulgari sermone De Paul appellatur et in urbe Sancti Ludovici situm est, quae ad foederatas civitates Americae Septemtrionalis pertinet; quo miraculo soror religiosa fruita est Bonifatia Dyrda.

    Servatis ex iure servandis, die XI mensis Decembris anno MCMLXXXVII constare de veritate eiusdem mirae sanationis decre­vimus.

    Statuimus demum ut beatificationis ritus Romae in foro Petriano die XXV mensis Septembris anno MCMLXXXVIII celebraretur.

    Hodie igitur inter sacra hanc sumus formulam elocuti:

    «Nos, vota fratrum nostrorum Sergii Obeso Rivera, Archiepi­scopi Ialapensis, Aloisii Bommarito, Archiepiscopi Catanensis, Anastasii Alberti Ballestrero, Archiepiscopi Taurinensis, Thaddaei Shubsda, Episcopi Montereyensis in California, Laurentii Noël, Episcopi Trifluvianensis in Canada, Michaëlis Roca Cabanellas, Archiepiscopi Valentini, necnon plurimorum aliorum Fratrum in episcopatu, multorumque Christifìdelium explentes, de Congregationis pro Causis Sanctorum consulto, Auctoritate Nostra Apostolica facultatem facimus, ut Venerabiles Servi Dei Michaël Augustinus Pro, Iosephus Benedictus Dusmet, Franciscus Faà di Bruno, Iuniperus Michaël Iosephus Serra Ferrer, Fridericus Janssoone Bollengier, Iosepha Naval Girbés, Beatorum nomine in posterum appellentur, eorumque festum die ipsorum natali: Michaëlis Augustini Pro die vicesima tertia Novembris, Iosephi Benedicti Dusmet die quarta Aprilis, Francisci Faà di Bruno die vicesima septima Martii, Iuniperi Michaëlis Iosephi Serra Ferrer die vicesima octava Augusti, Friderici Janssoone Bollengier die quarta Augusti, Iosephae Naval Girbés die vicesima quarta Februarii, in locis et modis iure statutis quotannis celebrari possit. In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti». Postquam haec ediximus, primum Nos Ipsi sumus novos Beatos deprecati eorumque virtutes universis Christifidelibus proposuimus ad imitandum, a Deo simul postulantes ut in Ecclesia sua, utpote fecunda sanctorum Matre, eiusmodi continenter excitet viros et mulieres: qui vitae suae exemplo, quasi lumine iter salutis indicant fratribus, ad caelestia regna quidem pervenire sinceris animis nitentibus, sed multis in difficultatibus versantibus. Quod vero decrevimus, volumus et nunc et in posterum vim habere, contrariis rebus minime obsistentibus.

    Datum Romae, apud Sanctum Petrum, sub anulo Piscatoris, die XXV mensis Septembris, anno MCMLXXXVIII, Pontificatus Nostri decimo.

 

 

Augustinus Card. Casaroli

a publicis Ecclesiae negotiis

 

Loco   Sigilli

In Secret. Status tab., n. 239.524

SOLENNE BEATIFICAZIONE DI SEI SERVI DI DIO:
MIGUEL PRO, GIUSEPPE BENEDETTO DUSMET, FRANCESCO FAÀ DI BRUNO,
JUNÍPERO SERRA, FRÉDÉRIC JANSSOONE E MARÍA JOSEFA NAVAL GIRBÉS

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Piazza San Pietro - Domenica, 25 settembre 1988

 

1. “La tua parola è verità. Consacrali nella verità” (cf. Gv 17, 17).

La liturgia della domenica di oggi professa e onora la verità racchiusa nella parola del Dio vivente. Mediante le letture dell’antico e del nuovo testamento ci ricorda che questa verità si è offerta agli uomini. Così leggiamo nel libro dei Numeri: “Il Signore . . . prese lo spirito che era su di lui e lo infuse sui settanta anziani” (Nm 11, 25). E Mosè, come testimone del fatto che “quelli profetizzarono” (Nm 11, 25), dice: “Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore dare loro il suo spirito!” (Nm 11, 29).

Questo avvenimento e le parole di Mosè sono preannunzio della missione messianica di Gesù di Nazaret. In virtù del suo sacrificio pasquale, in virtù della croce e della risurrezione, Cristo ha effuso lo Spirito Santo sugli apostoli e lo ha trasmesso alla sua Chiesa.

Tutti nella Chiesa, in forza del Battesimo, partecipano alla missione di Cristo, del grande profeta, del Figlio che è sul trono del Padre. La partecipazione a tale missione profetica risalta in particolare misura nella vicenda dei santi: di coloro che mediante la Parola del Dio Vivente sono “consacrati nella verità”.  

2. Un motivo di gioia per la Chiesa universale e, specialmente per la Chiesa del Messico, è la beatificazione di padre Miguel Agustin Pr, sacerdote gesuita, le cui virtù oggi esaltiamo e proponiamo al Popolo di Dio. Egli è nuova gloria per la amata nazione messicana e per la Compagnia di Gesù.

La sua vita di apostolo pieno di dedizione e coraggio è sempre stata ispirata da un instancabile zelo evangelizzatore. Né le sofferenze delle gravi malattie, né l’indefessa attività ministeriale svolta frequentemente in circostanze penose e rischiose, riuscirono a soffocare la gioia irradiante e comunicativa che nasceva dal suo amore per Cristo, e che nessuno gli ha potuto togliere (cf. Gv 16, 22).

Infatti, la radice più profonda della dedizione agli altri era il suo amore appassionato a Gesù Cristo e il suo ardente desiderio di immedesimarsi in lui, persino nella sua morte. Espresse questo amore in modo particolare nel culto eucaristico. La celebrazione quotidiana della santa Messa era il centro della sua vita, così come fonte di forza e fervore per i fedeli. Padre Pro aveva organizzato le cosiddette “stazioni eucaristiche” in domicili particolari, in cui quotidianamente si poteva ricevere di nascosto il corpo del Signore durante gli anni della persecuzione.

Di fronte all’eccellente esempio di virtù sacerdotali di padre Pr,desidero incoraggiare ancora una volta i miei amati fratelli alla dedizione totale a Gesù Cristo, vissuta gioiosamente nel celibato per il Regno dei cieli e nel servizio generoso ai fratelli, soprattutto i più poveri ed abbandonati.  

3. “Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome . . . vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa” (Mc 9, 41). Su queste parole evangeliche meditò certo a lungo il Cardinale Giuseppe Benedetto Dusmet, per 27 anni Arcivescovo di Catania, dopo essere stato per circa due lustri abate dello storico monastero benedettino di san Nicolò “de arenis” in quella città. Egli si erge quale testimone della carità evangelica in tempi particolarmente tormentati per la vita della Chiesa, in mezzo ad accesi conflitti di parte e a profonde alterazioni del tessuto politico e sociale del Paese, in una regione sconvolta dal susseguirsi di paurose calamità naturali: epidemie di colera, terremoti, inondazioni, eruzioni dell’Etna, oltre a quella costante e vastissima calamità che è la miseria dei diseredati.

Pur allevato tra gli agi di una famiglia aristocratica e facoltosa, egli fece della povertà, vissuta in funzione di servizio e di donazione agli altri, una programmatica scelta di vita talmente radicale che, alla sua morte, non si trovò neppure un lenzuolo in cui avvolgerlo: di tutto, letteralmente, egli si era spogliato per rivestirne i poveri, di cui si sentiva umile servitore.

Grande rilievo ebbe pure l’opera da lui svolta a servizio dell’Ordine Benedettino, a cui apparteneva. Per speciale mandato del Sommo Pontefice Leone XIII realizzò la rifondazione del Collegio Internazionale di sant’Anselmo sull’Aventino - condotta a termine esattamente un secolo fa -, e la strutturazione di quella Confederazione dell’Ordine di san Benedetto che oggi è così autorevolmente rappresentata in questa piazza da oltre 200 abati benedettini, convenuti da ogni parte del mondo.

Il Cardinale Dusmet, decoro e gloria del monachesimo, dell’episcopato e del Sacro Collegio Cardinalizio, ci trasmette così il messaggio profetico di una autentica solidarietà evangelica e di una docile e operosa fedeltà al carisma della propria vocazione, vissute ed espresse nella realtà fattiva del dono totale di sé sull’itinerario tracciato dalle orme di Cristo Salvatore.

4. Guardando all’altro beato, a cui oggi la Chiesa tributa gli onori degli altari, Francesco Faà di Bruno, è spontaneo ripensare all’esclamazione di Mosè: “Fossero tutti profeti nel popolo del Signore!”. Il nuovo beato fu veramente un profeta in mezzo al Popolo di Dio, a cui appartenne come laico per buona parte della sua vita.

Munito di chiara intuizione pratica e sensibile alle tensioni e ai problemi del momento, egli seppe trovare risposte positive alle esigenze dei suoi tempi, resistendo alle tentazioni della fretta, del semplicismo culturale, degli interessi personali. Curvo sui libri, impegnato in cattedra o intento ad alleviare nei modi più diversi le sofferenze dei poveri, il beato ebbe come stella polare della sua fervida attività un grande amore per Dio, che egli costantemente alimentava con l’esercizio della preghiera e della contemplazione. Soleva dire: “Darsi a Dio equivale a darsi ad una attività superiore, che ci trascina come le acque gonfie e tumultuose di un torrente in piena . . .”. Dall’amore per Dio scaturiva quell’amore per il “prossimo”, che spinse Francesco Faà di Bruno sulla strada dei poveri, degli umili, degli indifesi, facendone un gigante della fede e della carità. Nacque così tutta una serie di opere e di attività assistenziali di cui non è facile fare l’elenco. Anche in campo scientifico egli seppe portare la sua coerente testimonianza di credente, in un periodo in cui la dedizione alla scienza sembrava incompatibile con un serio impegno di fede.

Particolare menzione merita, tra le iniziative sociali, l’Opera di santa Zita per la promozione sociale e spirituale della donna (serve, disoccupate, apprendiste, madri nubili, malate, anziane): il beato promosse il sorgere di una vera “città della donna”, fornita di scuole, laboratori, infermeria, pensionati, tutto con propri regolamenti. In questa coraggiosa e profetica iniziativa egli profuse i beni di famiglia, i suoi guadagni e tutto se stesso.

A cent’anni dalla sua morte, il messaggio di luce e di amore suscitato dal beato Francesco Faà di Bruno, lungi dall’esaurirsi, si rivela quanto mai attuale, spingendo all’azione quanti hanno a cuore i valori evangelici.  

5. In fra Junipero Serra, sacerdote dei Frati Minori, troviamo un fulgido esempio di unità cristiana e spirito missionario. Il suo grande obiettivo era di portare il Vangelo alle popolazioni autoctone d’America, affinché anch’esse potessero essere “consacrate nella verità”. Per molti anni si dedicò a questo compito in Messico, nella Sierra Gorda, e in California. Sparse i semi della fede cristiana in mezzo ai tumultuosi cambiamenti portati dall’arrivo dei coloni europei nel Nuovo Mondo. Era un campo di impegno missionario che richiedeva pazienza, perseveranza e umiltà, oltre che lungimiranza e coraggio. Contando sulla divina potenza del messaggio annunciato, padre Serra guidò a Cristo i popoli autoctoni. Egli era ben consapevole delle loro eroiche virtù - come dimostra la vita della beata Kateri Tekakwitha - e cercava di promuovere il loro autentico sviluppo umano sulla base della loro nuova fede di persone create e redente da Dio. Dovette anche ammonire i potenti, nello spirito della seconda lettura di san Giacomo, di non sfruttare e opprimere i poveri e i deboli. Nell’adempimento del suo ministero, padre Serra si dimostrò autentico figlio di san Francesco. Oggi, il suo esempio ispira in modo particolare i molti Gruppi Serra in tutto il mondo, i cui membri svolgono un lavoro lodevole nell’animazione vocazionale.

Padre Junipero Serra, modello esemplare di evangelizzatore pieno di abnegazione, è una gloria per la grande famiglia francescana come anche per Maiorca, sua terra natale, che lo venera e lo considera come un figlio illustre. La filiale devozione alla Vergine Madre di Dio, nella spiritualità francescana propria di questo maiorchino universale, sia forza per incrementare la vita cristiana del popolo fedele.  

6. Fin dall’infanzia, il nuovo beato Frédéric Janssoone ha conosciuto la sofferenza, ha dovuto anche lavorare molto presto. Dopo queste esperienze che l’hanno fatto maturare, ha abbracciato generosamente l’ideale di san Francesco d’Assisi. Inviato in Terra Santa, visse con ardore nello spirito francescano, contemplando il mistero di Cristo nella passione e nella risurrezione; egli celebrava con una fede impressionante la presenza del Salvatore nel sacramento dell’Eucaristia. Fu un testimone che sapeva far partecipare alla sua intimità con il Signore.

Vero figlio di san Francesco, il padre Frédéric ci dà l’esempio di una preghiera contemplativa che abbraccia l’opera della creazione, gli eventi della vita quotidiana, ogni incontro personale. Potessimo anche noi accogliere semplicemente come lui lo Spirito effuso dal Signore sul suo popolo (cf. Nm 11, 29)!

Il “buon padre Frédéric” ci mostra che lo spirito contemplativo, lungi dal frenare lo zelo apostolico, lo fortifica. Vicino a Dio, è vicino anche alla gente. In Terra Santa e in Canada, non smette di esortare chi lo incontra ad impegnarsi nella via evangelica secondo lo spirito del Terz’Ordine Francescano, e anche nell’apostolato concreto della vita familiare e professionale. Attento e fraterno con i più piccoli, per la loro appartenenza a Cristo (cf. Mt 10, 42), il padre Frédéric condusse i suoi contemporanei ad essere testimoni ardenti e coerenti del Vangelo. La sua glorificazione da parte della Chiesa contribuisce a suscitare nell’Ordine Francescano e nella Chiesa uno slancio rinnovato di santità e di zelo apostolico!  

7. La Chiesa intona un canto di giubilo e lode a Cristo per la beatificazione di Josefa Naval Girbés, vergine secolare che dedicò la sua vita all’apostolato nel suo paese natale, Algemesi, dell’arcidiocesi di Valencia, Spagna. Donna semplice e docile al soffio dello Spirito, raggiunse nella sua lunga vita l’apice della perfezione cristiana, dedita al servizio del prossimo nei tempi per nulla facili del XIX secolo, durante i quali visse e sviluppò la sua intensa attività apostolica.

Aveva diciotto anni quando, con il beneplacito del suo direttore spirituale, fece il voto di castità. Aveva trent’anni quando nella casa della sua famiglia apre una scuola-seminario dove si formeranno umanamente e spiritualmente moltissimi giovani. Questo apostolato proseguirà nelle cosiddette “conversazioni del giardino”, mediante le quali i discepoli meglio preparati ricevevano una formazione spirituale più profonda.

Cosciente del fatto che, come più tardi avrebbe affermato il Concilio Vaticano II, “la vocazione è, per sua natura, anche vocazione all’apostolato” (Apostolicam Actuositatem, 2), Josefa si è fatta tutta a tutti, come l’apostolo san Paolo, per salvare tutti (cf. 1 Cor 9, 22). Da ciò l’impronta incancellabile lasciata nell’esercizio della sua carità. Assisteva con cura i moribondi, aiutandoli a morire in grazia di Dio. L’attenzione eroica a coloro che erano colpiti dall’epidemia di colera nel 1885, è uno dei più espressivi esempi della carità di questa anima prediletta.

Una caratteristica singolare di Josefa è la sua condizione di secolare. Essa, che riempì di discepole i conventi di clausura, rimase nubile nel mondo, vivendo i principi evangelici ed essendo esempio di virtù cristiane per tutti quei figli della Chiesa che, “dopo essere stati incorporati a Cristo col Battesimo . . . per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano” (Lumen Gentium, 31).

8. “La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima”, proclama il salmo della liturgia odierna (Sal 19 [18], 8).

Il “curriculum vitae” dei nostri nuovi beati abbonda di momenti difficili, in misura tale da potersi dire, umanamente parlando, deprimente. Ciò nonostante essi sono testimoni di grande gioia spirituale. Trovano gioia nei comandamenti di Dio, nella legge del Signore. Il salmista annunzia che la legge del Signore rinfranca l’anima.

Ed in realtà è così. L’uomo trova la forza dello spirito, la forza interiore e la gioia del cuore in ciò che è retto, in ciò che è conforme alla verità.

La via della santità è sempre la via della “consacrazione nella verità”. Si compie su questa via la partecipazione alla vita di Dio stesso, alle inesauribili ricchezze che il suo Spirito elargisce allo spirito umano: elargisce la verità, la forza e la gioia.

9. Siate benedetti tra i beati della Chiesa:
Miguel Pr,S. J.,
Giuseppe Benedetto Dusmet, Arcivescovo,
Francesco Faà di Bruno, sacerdote,
Juniper Serra, O. F. M.,
Frédric Janssoone, O. F.,
Maria Josefa Naval Girbés.

“Appartenete a Cristo” . . . consacrati nella verità.
Beati perché vedete Iddio.
Siateci accanto, per condurci sulla via della verità alla stessa vostra beatificante visione.