Luigi Scrosoppi

Luigi Scrosoppi

(1804-1884)

Beatificazione:

- 04 ottobre 1981

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 10 giugno 2001

- Papa  Giovanni Paolo II

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 3 aprile

Presbitero, sacerdote della Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri, fondò la Congregazione delle Suore della Provvidenza di S. Gaetano Thiene per educare le giovani nello spirito cristiano

  • Biografia
  • Omelia
  • l'eredità
  • omelia di beatificazione
"Carità! Carità!"

 

Luigi Scrosoppi nasce il 4 agosto 1804 a Udine, città del Friuli, nel nord d'Italia. Cresce in un ambiente familiare ricco di fede e carità cristiana. A dodici anni intraprende la via del sacerdozio, frequentando il seminario diocesano di Udine e nel 1827 è ordinato sacerdote; al suo fianco ci sono i fratelli Carlo e Giovanni Battista, entrambi sacerdoti.

L'ambiente poverissimo del Friuli dell'800, stremato da carestie, guerre ed epidemie, è per Luigi come un appello a prendersi curadei deboli: si dedica, con altri sacerdoti ed un gruppo di giovani maestre, all'accoglienza e all'educazione delle "derelitte", le ragazze più sole ed abbandonate di Udine e dintorni. Per loro mette a disposizione i suoi beni, le sue energie, il suo affetto; non risparmia niente di sé e quando le necessità sono più impellenti va a chiedere l'elemosina: egli ha fiducia nell'aiuto della gente e soprattutto confida nel Signore. La sua vita è infatti una manifestazione palpabile di grande fiducia nella Provvidenza divina. Così scrive, a proposito dell'opera di carità in cui è coinvolto: "La Provvidenza di Dio, che dispone gli animi e piega i cuori a favorire le opere sue, fu l'unica fonte dell'esistenza di questo Istituto...quella amorosa Provvidenza, che non lascia confondere chi confida in lei". Non trascura occasione per infondere questa fiducia e serenità nelle ragazze accolte e nelle giovani donne dedite alla loro educazione. Esse vengono chiamate "maestre" perché sono abili nei lavori di cucito e di ricamo, ma sono anche capaci di insegnare a "scrivere, leggere e far di conto", come si usava dire. Sono donne di età e di origini diverse, ed in ognuna di loro va maturando la decisione di mettere la propria vita nelle mani del Signore e di consacrarsi a lui, servendolo nella famiglia delle "derelitte". La sera del 1 febbraio 1837 le nove donne, come segno della decisione definitiva, depongono i loro "ori" e scelgono di vivere nella povertà e nella donazione totale di sé. È in questa semplicità che nasce la congregazione delle Suore della Provvidenza, la famiglia religiosa fondata da Padre Luigi. Alle prime maestre si uniscono altre. Ci sono le ricche e le povere, le colte e le analfabete, le nobili e quelle di origini umili: nella casa della Provvidenza c'è posto per tutte e tutte diventano sorelle.

Il fondatore le incoraggia al sacrificio e le esorta alla cura affettuosa delle ragazze, che devono considerare la "pupilla dei loro occhi". Dice loro: "Più di ogni altra cosa, queste figlie dei poveri hanno bisogno di educare il cuore e di imparare tutto quello che è necessario per condurre onestamente la loro vita ". E ancora: "La stanchezza, l'applicazione, l'occupazione continua e le cure fastidiose per aiutarle, soccorrerle e istruirle, non vi scoraggino, sapendo che fate tutto questo a Gesù". 

Nel frattempo, Luigi va maturando il bisogno di una consacrazione più totale al Signore. È affascinato dall'ideale di povertà e di fraternità universale di Francesco d'Assisi, ma gli eventi della vita e della storia lo condurranno sulle orme di San Filippo Neri, il cantore della gioia e della libertà, il santo della preghiera, dell'umiltà e della carità. La vocazione "oratoriana" di Luigi si realizza nel 1846 e nella maturità dei suoi 42 anni, diventa figlio di San Filippo: da lui impara la mansuetudine e la dolcezza che lo aiuteranno ad essere più idoneo al compito di fondatore e padre della Congregazione delle Suore della Provvidenza.

Profondamente rispettoso e attento alla crescita umana delle suore e al loro cammino di santità, non risparmia né aiuti, né consigli, né esortazioni. Egli vaglia attentamente la loro vocazione, ne mette alla prova la fede perché diventino forti. Non è tenero di fronte alla vanità, al desiderio di apparire, ed è severo quando coglie atteggiamenti di ipocrisia e di superficialità. Ma quale tenerezza paterna sa usare di fronte alle fragilità e al bisogno di comprensione, di appoggio e di conforto! 

Lentamente si delineano in Padre Luigi i tratti fondamentali di una vita spirituale centrata su Gesù Cristo, amato e imitato nell'umiltà e povertà della sua incarnazione a Betlemme, nella semplicità della vita laboriosa di Nazareth, nella completa immolazione della croce sul Calvario, nel silenzio dell'Eucaristia. E poiché Gesù ha detto: "Qualunque cosa avete fatto ad uno dei miei fratelli più piccoli, l'avete fatta a me", è a loro che Padre Luigi dedica la vita di ogni giorno con l'impegno concreto di "cercare prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia" sicuro che tutto il resto sarà dato in più, secondo la promessa evangelica.

Tutte le opere da lui avviate durante la sua vita riflettono questa scelta preferenziale verso i più poveri, verso gli ultimi, gli abbandonati. "Dodici caseCaveva profetizzatoCaprirò prima della mia morte", e fu così. Dodici opere in cui le Suore della Provvidenza si dedicano in un servizio umile, intraprendente e gioioso alle giovani in balìa di se stesse, agli ammalati poveri e trascurati, agli anziani abbandonati.

Tuttavia, profondamente interessato al compimento del bene, Padre Luigi non si occupa solo delle sue opere, nelle quali le suore collaborano con persone generose e disponibili a dare loro una mano. Offre con entusiasmo il suo sostegno spirituale ed economico anche ad iniziative intraprese in Udine da altre persone di buona volontà; sostiene ogni attività della Chiesa ed ha uno sguardo di particolare predilezione per i giovani del seminario di Udine, specialmente i più poveri.

Nella seconda metà del 1800 l'Italia, regione dopo regione, si va unificando. Le vicende politiche e militari di questa unificazione rappresentano un periodo particolarmente difficile per Udine e tutto il Friuli, terra di confine e luogo di facile passaggio tra il nord e il sud Europa, tra l'est e l'ovest. Una delle conseguenze di questa unificazione, avvenuta purtroppo in un clima anticlericale, è il decreto di soppressione della "Casa delle Derelitte" e della Congregazione dei Padri dell'Oratorio di Udine.

Inizia per Padre Luigi una dura lotta per salvare le opere a favore delle "derelitte" e vi riesce, ma non può far nulla per impedire la soppressione della Congregazione dell'Oratorio. La triste situazione politica riesce così a distruggere le strutture materiali della congregazione dell'Oratorio di Udine, tuttavia non può impedire a Padre Luigi di rimanere per sempre discepolo fedele di San Filippo.

Ormai anziano, con la sua abituale apertura di spirito, capisce che è venuto il momento di cedere il timone e lo cede alle suore con serenità e speranza. Mantiene tuttavia con tutte un rapporto epistolare che contribuisce a rinsaldare i legami di affetto e di carità e, nella sua sollecitudine paterna, mai si stanca di raccomandare la fraternità e la fiducia. 

Attraverso la sua comunione profonda con Dio e i lunghi anni di esperienza, Padre Luigi ha acquisito saggezza ed intuito spirituale non comuni che gli permettono di leggere nei cuori; talvolta dimostra anche di conoscere situazioni interiori segrete e fatti noti solo alla persona interessata. 

Alla fine del 1883 è costretto a sospendere ogni attività, le forze cominciano a diminuire ed è tormentato da una febbre costantemente alta. La malattia progredisce inesorabilmente. Raccomanda alle suore di non temere nulla "perché è Dio che ha fatto nascere e crescere la famiglia religiosa, e sarà ancora lui che la farà progredire".

Quando sente giungere la fine, vuole salutare tutti. Quindi rivolge le ultime parole alle Suore: "Dopo la mia morte, la vostra Congregazione avrà molte tribolazioni, ma dopo rinascerà a vita nuova. Carità! Carità! Ecco lo spirito della vostra famiglia religiosa: salvare le anime e salvarle con la Carità".

Nella notte di giovedì 3 aprile 1884, avviene il suo incontro definitivo con Gesù. Tutta Udine e la gente dei paesi vicini accorrono per vederlo un'ultima volta e chiederne la protezione dal cielo.

CAPPELLA PAPALE PER LA CANONIZZAZIONE DI 5 BEATI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Santissima Trinità, 10 giugno 2001

 

1. "Sia benedetto Dio Padre, e l'unigenito Figlio di Dio, e lo Spirito Santo: perché grande è il suo amore per noi" (Ant. d'inizio).

Sempre, ma specialmente nell'odierna festa della Santissima Trinità, l'intera Liturgia è orientata al mistero trinitario, sorgente di vita per ogni credente.

"Gloria al Padre, gloria al Figlio, gloria allo Spirito Santo": ogni volta che proclamiamo queste parole, sintesi della nostra fede, adoriamo l'unico e vero Dio in tre Persone. Contempliamo attoniti questo mistero che ci avvolge totalmente. Mistero di amore; mistero di ineffabile santità.

"Santo, Santo, Santo il Signore, Dio dell'universo" canteremo tra poco, entrando nel cuore della Preghiera eucaristica. Il Padre ha tutto creato con saggezza e amorevole provvidenza; il Figlio con la sua morte e risurrezione ci ha redenti; lo Spirito Santo ci santifica con la pienezza dei suoi doni di grazia e di misericordia.

Possiamo a giusto titolo definire l'odierna solennità una "festa della santità". In questo giorno, pertanto, trova la sua più opportuna cornice la cerimonia di canonizzazione di cinque Beati: Luigi Scrosoppi, Agostino Roscelli, Bernardo da Corleone, Teresa Eustochio Verzeri, Rafqa Pietra Choboq Ar-Rayès.

2. "Giustificati... per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo" (Rm 5,1).

Per l'apostolo Paolo, come abbiamo ascoltato nella seconda Lettura, la santità è dono che il Padre ci comunica mediante Gesù Cristo. La fede in Lui è, infatti, principio di santificazione. Per la fede l'uomo entra nell'ordine della grazia; per la fede egli spera di prendere parte alla gloria di Dio. Questa speranza non è vana illusione, ma frutto sicuro di un cammino ascetico tra tante tribolazioni, affrontate con pazienza e virtù provata.

Fu questa l'esperienza di san Luigi Scrosoppi, durante una vita interamente spesa per amore di Cristo e dei fratelli, specialmente dei più deboli e indifesi.

"Carità! Carità!": quest'esclamazione sgorgò dal suo cuore nel momento di lasciare il mondo per il Cielo. La carità egli esercitò in modo esemplare, soprattutto nei confronti delle ragazze orfane e abbandonate, coinvolgendo un gruppo di maestre, con le quali diede inizio all'Istituto delle "Suore della Divina Provvidenza".

La carità fu il segreto del suo lungo e instancabile apostolato, nutrito di costante contatto con Cristo, contemplato e imitato nell'umiltà e nella povertà della sua nascita a Betlemme, nella semplicità della vita laboriosa a Nazaret, nella completa immolazione sul Calvario, nell'eloquente silenzio dell'Eucaristia. Per questo la Chiesa lo addita ai sacerdoti e ai fedeli quale modello di profonda ed efficace sintesi tra la comunione con Dio e il servizio dei fratelli. Modello, in altre parole, di un'esistenza vissuta in comunione intensa con la Santissima Trinità.

3. "Grande è il suo amore per noi". L'amore di Dio per gli uomini si è manifestato con particolare evidenza nella vita di sant'Agostino Roscelli, che oggi contempliamo nel fulgore della santità. La sua esistenza, tutta permeata di fede profonda, può essere considerata un dono offerto per la gloria di Dio e per il bene delle anime. Fu la fede a renderlo sempre obbediente alla Chiesa e ai suoi insegnamenti, in docile adesione al Papa e al proprio Vescovo. Dalla fede seppe attingere conforto nelle ore tristi, nelle aspre difficoltà e negli avvenimenti dolorosi. Fu la fede la roccia solida alla quale seppe aggrapparsi per non cedere mai allo scoraggiamento.

Questa stessa fede sentì il dovere di comunicare agli altri, soprattutto a coloro che accostava nel ministero della confessione. Divenne maestro di vita spirituale specialmente per le Suore che egli fondò, le quali lo videro sereno pur in mezzo alle situazioni più critiche. Sant'Agostino Roscelli esorta anche noi a confidare sempre in Dio, immergendoci nel mistero del suo amore.

4. "Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo". Alla luce del mistero della Trinità acquista singolare eloquenza la testimonianza evangelica di san Bernardo da Corleone, anch'egli elevato oggi agli onori degli altari. Di lui tutti si meravigliavano e si domandavano come un frate laico potesse discorrere così altamente del mistero della Santissima Trinità. In effetti, la sua vita fu tutta protesa verso Dio, attraverso uno sforzo costante di ascesi, intessuta di preghiera e di penitenza. Coloro che lo hanno conosciuto attestano concordi che "egli sempre stava intento nell'orazione", "mai cessava di orare", "orava di continuo " (Summ., 35). Da questo colloquio ininterrotto con Dio, che trovava nell'Eucaristia il suo centro propulsore, traeva linfa vitale per il suo coraggioso apostolato, rispondendo alle sfide sociali del tempo, non scevro di tensioni e di inquietudini.

Anche oggi il mondo ha bisogno di santi come Fra' Bernardo immersi in Dio e proprio per questo capaci di trasmetterne la verità e l'amore. L'umile esempio di questo Cappuccino costituisce un incoraggiamento a non stancarci di pregare, essendo proprio la preghiera e l'ascolto di Dio l'anima dell'autentica santità.

5. "Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera" (Anti. di Comunione). Teresa Eustochio Verzeri, che quest'oggi contempliamo nella gloria di Dio, nella sua breve ma intensa vita si lasciò condurre docilmente dallo Spirito Santo. A lei Dio si rivelò come misteriosa presenza davanti a cui ci si deve inchinare con profonda umiltà. Sua gioia era considerarsi sotto la costante protezione divina, sentendosi nelle mani del Padre celeste, nel quale imparò a confidare sempre.

Abbandonandosi all'azione dello Spirito, Teresa visse la particolare esperienza mistica "dell'assenza di Dio". Solo una fede incrollabile le impedì di non smarrire la confidenza in questo Padre provvidente e misericordioso, che la metteva alla prova: "E' giusto - ella scriveva - che la sposa, dopo aver seguito lo sposo in tutte le sue pene che ne accompagnarono la vita, abbia parte ancora con lui alla più terribile" (Libro dei doveri, III, 130).

E' questo l'insegnamento che santa Teresa lascia all'Istituto delle "Figlie del Sacro Cuore di Gesù", da lei fondato. Questo è l'insegnamento che lascia a tutti noi. Anche in mezzo alle contrarietà e alle sofferenze intime ed esteriori occorre mantenere viva la fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.

6. Canonizzando la beata Rafqa Choboq Ar-Rayes, la Chiesa illumina in modo particolare il mistero dell'amore donato e accolto per la gloria di Dio e la salvezza del mondo. Questa monaca dell'Ordine libanese maronita desiderava amare e dare la propria vita per i suoi fratelli. Nelle sofferenze che non hanno cessato di tormentarla negli ultimi ventinove anni della sua esistenza, santa Rafqa ha sempre manifestato un amore generoso e appassionato per la salvezza dei fratelli, traendo dalla sua unione con Cristo, morto sulla croce, la forza di accettare volontariamente e di amare la sofferenza, autentica via di santità.

Possa santa Rafqa vegliare su quanti conoscono la sofferenza, in particolare sui popoli del Medio Oriente che devono affrontare la spirale distruttrice e sterile della violenza! Per sua intercessione, chiediamo al Signore di aprire i cuori alla ricerca paziente di nuove vie per la pace, affrettando i giorni della riconciliazione e della concordia!

7. "O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!" (Sal 8,2.10). Contemplando questi fulgidi esempi di santità, ritorna spontanea nel cuore l'invocazione del Salmista. Il Signore non cessa di donare alla Chiesa e al mondo mirabili esempi di uomini e donne, nei quali si riflette la sua gloria trinitaria. La loro testimonianza ci spinga a guardare verso il Cielo e a cercare senza posa il Regno di Dio e la sua giustizia.

Maria, Regina di tutti i Santi, che per prima hai accolto la chiamata dell'Altissimo, sostienici nel servire Dio e i fratelli. E voi camminate con noi, santi Luigi Scrosoppi, Agostino Roscelli, Bernardo da Corleone, Teresa Eustochio Verzeri, Rafqa Pietra Choboq Ar-Rayès, perché la nostra esistenza, come la vostra, sia lode al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Amen!

Con il suo intervento a favore dei piccoli, dei poveri, della gioventù in difficoltà, delle persone che soffrono, di quanti vivono situazioni penose, Padre Luigi continua anche oggi ad indicare a tutti la strada dell'unione con Dio, della compassione e dell'amore ed è pronto ad accompagnare ancora i passi di coloro che si affidano alla Provvidenza di Dio. 

SANTA MESSA PER LA PROCLAMAZIONE DI CINQUE NUOVI BEATI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 4 ottobre 1981

 

Fratelli e sorelle carissimi!

1. Oggi è un giorno di sincera esultanza e di fervida letizia per il Popolo di Dio! La Chiesa tutta si inginocchia per venerare tre suoi figli e due sue figlie, che nella loro esistenza terrena in maniera eroica hanno realizzato, giorno dopo giorno, le esigenze del messaggio del Vangelo. La Chiesa, santificata dal sangue del suo Sposo, il Cristo, è diventata Madre di santi e di sante! E in questo giorno ha l’intima fierezza di presentare al mondo contemporaneo cinque nuovi beati, testimoni della sua perenne, inesauribile, giovanile vitalità, e portatori di quel messaggio di gioia, che e tipico dell’annuncio del Vangelo.

E nel segno di questa gioia cristiana noi ascolteremo il messaggio, che i nuovi cinque beati oggi ci consegnano, perché lo sappiamo fare nostro, realizzandolo nella nostra vita, e lo trasmettiamo, così, nella sua genuinità alla odierna società, che é in continua ricerca dell’Assoluto.


2. Alain de Solminihac, nato da un’antica famiglia di Perigord, il cui motto era “Fede e Coraggio”, aveva da principio pensato di unirsi ai Cavalieri di Malta. Ma nel 1613, all’età di vent’anni, decide di entrare nell’Abbazia di Chancelade, nei dintorni di Perigueux, tenuta dai Canonici regolari di sant’Agostino. Dopo la sua ordinazione, si dedica agli studi di teologia e di spiritualità a Parigi. Nel giorno dell’Epifania del 1623, riceve la benedizione abbaziale ed intraprende coraggiosamente la restaurazione materiale e spirituale della sua Abbazia. È l’epoca della applicazione del Concilio di Trento. Questo esempio ha una vasta eco nella regione e anche ben oltre. Ora, vorrei sottolineare come una simile personalità capace di spronare alla vita evangelica possa illuminare singolarmente gli Istituti religiosi dei nostri tempi. Inevitabilmente condizionati dai mutamenti socio-culturali attuali, essi devono raccogliere la sfida del venir meno, al fine di un rinnovamento, della fedeltà alla “via stretta” insegnata da Gesù stesso e sempre caratterizzata dalla scelta cosciente e permanente della povertà, della castità e dell’obbedienza consacrate. L’esperienza di Alain di Solminihac ricorda opportunamente a tutti i religiosi il valore e la fecondità della loro radicale oblazione, sostenuta dall’osservanza della Regola dalla mortificazione, dalla vita comunitaria. Prego il nuovo beato di comunicare loro il suo fervore ascetico.

Nel 1636, la fama dello zelo e della santità dell’Abate di Chancelade fece sì che egli fosse nominato Vescovo di Cahors da Papa Urbano VIII. Fervente ammiratore della pastorale conciliare del santo Arcivescovo di Milano, Carlo Borromeo, Monsignor di Solminihac prese anch’egli la decisione di conferire alla sua diocesi le caratteristiche e la vitalità tanto raccomandate dal Concilio di Trento. I suoi ventidue anni di servizio episcopale nella regione di Quercy furono densi di una incessante serie di attività importanti ed efficaci: la convocazione di un Sinodo diocesano, la costituzione di un consiglio episcopale settimanale, la visita sistematica alle ottocento parrocchie della diocesi, che egli rivide nove volte ciascuna, la creazione di un Seminario affidato ai Lazzaristi, la moltiplicazione delle missioni parrocchiali, lo sviluppo del culto eucaristico in un periodo in cui il giansenismo cominciava a riprendersi, la promozione o la fondazione di opere caritative per gli anziani e gli orfani, per i malati e le vittime della peste. Tre anni prima della sua morte, in occasione del Giubileo del 1656, predicò sia perché il suo popolo si convertisse, che perché fosse sensibilizzato alla missione particolare del Vescovo di Roma, garante della comunione tra le Chiese. In breve, un versetto tratto dal Salmo 69 riassume perfettamente la vita pastorale di questo Vescovo del diciassettesimo secolo: “Mi divora lo zelo per la tua casa”. La figura ammirevole di Alain di Solminihac merita pienamente di essere messa in luce dalla Chiesa che egli ha servito tanto ardentemente. Che i Vescovi di Francia e di tutti gli altri Paesi sappiano trovare nella vita del beato Alain di Solminihac il coraggio di compiere senza paura la loro funzione di evangelizzatori nel mondo contemporaneo!

Traduzione

2. Alain de Solminihac, issu d’une vieille famille du Périgord, dont la devise était “ Foi et Vaillance ”, avait d’abord songé aux Chevaliers de Malte. Mais en 1613, à l’âge de vingt ans, il décide d’entrer à l’Abbaye de Chancelade, proche de Périgueux et tenue par les Chanoines réguliers de Saint-Augustin. Après son ordination, il poursuit des études de théologie et de spiritualité à Paris. A l’Epiphanie de 1623, il reçoit la Bénédiction abbatiale et entreprend courageusement la restauration matérielle et spirituelle de son Abbaye. C’était l’époque de la mise en application du Concile de Trente. Cet exemple eut un grand retentissement dans la région et bien au-delà. Ici, je voudrais souligner qu’un tel entraîneur à la vie évangélique peut singulièrement éclairer les Instituts religieux de notre temps. Inévitablement touchés par les mutations socioculturelles actuelles, ils doivent relever le défi de l’affadissement ou même de la dilution par un renouveau de la fidélité à la “ voie étroite ” enseignée par Jésus lui-même et à jamais caractérisée par le choix conscient et permanent de la pauvreté, de la chasteté et de l’obéissance consacrées.

L’expérience d’Alain de Solminihac rappelle opportunément à tous les religieux la valeur et la fécondité de leur oblation radicale, soutenue par l’observance de la Règle, la mortification, la vie en communauté. Je prie le nouveau Bienheureux de leur communiquer sa ferveur ascétique.
En 1636, la réputation de zèle et de sainteté de l’Abbé de Chancelade le fit nommer à l’évêché de Cahors par le Pape Urbain VIII. Fervent admirateur de la pastorale conciliaire du saint Archevêque de Milan, Charles Borromée, Monseigneur de Solminihac prit lui aussi la décision de donner à son diocèse le visage et la vitalité tant souhaités par le Concile de Trente. Ses vingt-deux ans d’épiscopat dans le Quercy furent un déploiement incessant d’activités importantes et efficaces: convocation d’un synode diocésain, mise sur pied d’un conseil épiscopal hebdomadaire, visite systématique des huits cents paroisses du diocèse, qu’il reverra neuf fois chacune, création d’un séminaire confié aux Lazaristes, multiplication des missions paroissiales, développement du culte eucharistique en un temps où le jansénisme commençait à se répandre, promotion ou fondation d’œuvres caritatives pour les vieillards et les orphelins, pour les malades et les victimes de la peste.

Trois ans avant sa mort, il prêche lui-même le Jubilé de 1656, à la fois pour convertir son peuple et pour le sensibiliser à la mission particulière de l’Evêque de Rome, gardien de la communion entre les Eglises. Bref, un mot tiré du psaume 69 résumerait parfaitement la vie pastorale de cet Evêque du dix-septième siècle “ Le zèle de ta Maison me dévore ”. La remarquable figure d’Alain de Solminihac méritait bien d’être mise en lumière par l’Eglise qu’il a si ardemment servie. Puissent les évêques de France et de tous pays trouver dans la vie du Bienheureux Alain de Solminihac le courage d’évangéliser sans peur le monde contemporain!

3. Luigi Scrosoppi, di Udine, ordinato sacerdote nel 1827, si dà ad un instancabile apostolato, animato e spinto dalla carità di Cristo. Istituisce la “Casa delle Derelitte” o “Istituto della Provvidenza”, per la formazione umana e cristiana delle ragazze; apre la “Casa Provvedimento” per le ex alunne rimaste senza lavoro; dà inizio all’Opera per le Sordomute, e fonda le Suore della Provvidenza sotto la protezione di san Gaetano. Padre Luigi entra nella Congregazione dell’Oratorio e ne fa un dinamico centro di irradiazione di vita spirituale.
Nella sua vita, spesa totalmente per le anime, egli ha avuto tre grandi amori: Gesù; la Chiesa e il Papa; i “piccoli”.

Fin da giovanissimo sceglie il Cristo come Maestro e lo ama, contemplandolo povero e umile a Betlemme; lavoratore a Nazaret, sofferente e vittima nel Getsemani e sul Golgota; presente nell’Eucaristia. “Voglio essergli fedele – ha scritto – attaccato perfettamente a lui nel cammino del cielo e riuscire una sua copia”.

Il suo amore alla Chiesa si manifesta nella fedeltà completa alle leggi ecclesiastiche; nel suo apostolato, che non conosce pause o esitazioni; nella docile accettazione del Magistero.

Padre Scrosoppi ha speso letteralmente tutta la sua vita nell’esercizio della carità verso il prossimo, specialmente verso i più piccoli e i più abbandonati. Per i poveri distribuì i suoi notevoli beni patrimoniali. “I poveri e gli infermi sono i nostri padroni e rappresentano la persona stessa di Gesù Cristo”: sono parole sue; ma sono anche, e più, la sua vita.

A fondamento della sua molteplice attività pastorale e caritativa c’è una profonda interiorità; la sua giornata è una continua preghiera: meditazione, visite al Santissimo Sacramento, recita del Breviario, “Via Crucis” giornaliera, Rosario e, infine, lunga orazione notturna; dando in tal modo ai fedeli, ai sacerdoti e ai religiosi un luminoso ed efficace esempio di equilibrata sintesi fra vita contemplativa e vita attiva.

  4. Erminio Filippo Pampuri, decimo di undici figli, a 24 anni è medico condotto e a 30 anni entra nell’Ordine Ospedaliero di san Giovanni di Dio (Fatebenefratelli). Solo tre anni dopo moriva.

È una figura straordinaria, vicina a noi nel tempo, ma più vicina ancora ai nostri problemi ed alla nostra sensibilità. Noi ammiriamo in Erminio Filippo, diventato nell’Ordine Fra Riccardo Pampuri, il giovane laico cristiano, impegnato a rendere testimonianza nell’ambiente studentesco, come membro attivo del Circolo Universitario “Severino Boezio” e socio della Conferenza di san Vincenzo de’ Paoli; il dinamico medico, animato da una intensa e concreta carità verso i malati e i poveri, nei quali scorge il volto del Cristo sofferente. Egli ha realizzato letteralmente le parole, scritte alla sorella suora, quando era medico condotto: “Prega affinché la superbia, l’egoismo e qualsiasi altra mala passione non abbiano ad impedirmi di vedere sempre Gesù sofferente nei miei malati, Lui curare, Lui confortare. Con questo pensiero sempre vivo nella mente, quanto soave e quanto fecondo dovrebbe apparirmi l’esercizio della mia professione!”.

Lo ammiriamo anche come religioso integerrimo di un benemerito Ordine, che, nello spirito del suo Fondatore san Giovanni di Dio, ha fatto della carità verso Dio e verso i fratelli infermi la propria missione specifica e il proprio carisma originario. “Voglio servirti, o mio Dio, per l’avvenire con perseveranza ed amore sommo: nei miei superiori, nei confratelli, nei malati tuoi prediletti: dammi la grazia di servirli come servirei Te”: così scriveva nei propositi in preparazione alla professione religiosa.

La vita breve, ma intensa, di Fra Riccardo Pampuri è uno sprone per tutto il Popolo di Dio, ma specialmente per i giovani, per i medici, per i religiosi.

Ai giovani contemporanei egli rivolge l’invito a vivere gioiosamente e coraggiosamente la fede cristiana; in continuo ascolto della Parola di Dio, in generosa coerenza con le esigenze del messaggio di Cristo, nella donazione verso i fratelli.

Ai medici, suoi colleghi, egli rivolge l’appello che svolgano con impegno la loro delicata arte animandola con gli ideali cristiani, umani, professionali, perché sia una autentica missione di servizio sociale, di carità fraterna, di vera promozione umana.

Ai religiosi ed alle religiose, specialmente a quelli e quelle che, nell’umiltà e nel nascondimento, realizzano la loro consacrazione fra le corsie degli ospedali e nelle case di cura, Fra Riccardo raccomanda di vivere lo spirito originario del loro Istituto, nell’amore di Dio e dei fratelli bisognosi.

5. Claudine Thévenet visse tutta la sua vita a Lione. La sua adolescenza fu sconvolta dalla rivoluzione francese che scosse violentemente la sua città natale. Una mattina, nel gennaio dell’anno 1794, questa giovinetta di 19 anni riconobbe i suoi due fratelli, Louis e François, in un gruppo di condannati a morte. Ella ebbe allora il coraggio di accompagnarli al luogo del loro supplizio e di raccogliere le loro ultime parole: “Glady, perdona loro, come noi perdoniamo!”. Questo avvenimento fu senza dubbio un elemento determinante della vocazione di Claudine, già tanto animata da sentimenti di compassione per le miserie accumulate dalla bufera rivoluzionaria. Ella sognava di divenire una messaggera della misericordia e del perdono di Dio in una società lacerata, e di dedicare la sua vita all’educazione dell’infanzia, soprattutto dei più poveri, il cui stato di abbandono sorpassava ogni immaginazione. Ecco perché, con il sostegno illuminato di Padre Coindre, Claudine fonda nel 1816 una Pia Associazione, che diventerà due anni più tardi la Congregazione di Gesù-Maria. Oggi, con grande gioia della Chiesa, le figlie di Madre Thévenet sono più di duemila, presenti in tutti i continenti e veramente animate del suo spirito. Scuole e collegi, ostelli per le giovani e per persone anziane, pastorale catechistica e familiare, dispensari e case di preghiera non hanno che uno scopo: far conoscere Gesù e Maria, nelle opere per la promozione sociale dei poveri.

A centocinquanta anni di distanza, la vita di questa fondatrice interpella sempre le sue figlie e interpella anche i cristiani. Non viviamo anche noi in una società troppo spesso tentata e sfigurata dalla violenza? Non dobbiamo anche noi lasciarci invadere dall’infinita misericordia di Dio, per portare il nostro coraggioso contributo a quella “civiltà dell’amore” di cui parla Paolo VI, la sola che sia degna dell’uomo? Claudine Thévenet si presenta a noi quale modello d’amore e di perdono: “Che la carità sia come la pupilla dei vostri occhi”, ci dice ancor oggi proprio come ella amava ripetere alle sue suore. “Siate disposte a soffrire tutto per gli altri e a non far soffrire alcuna persona”.

D’altra parte la nuova beata non continua ad essere un modello di vita evangelica e religiosa per coloro che si consacrano all’educazione della gioventù, nella Chiesa e secondo le sue direttive? Le intuizioni ed i metodi pedagogici di Claudine Thévenet sono sempre d’attualità: cioè una educazione piena di attenzioni materne, molto sollecita a preparare le giovani alla vita mediante l’acquisizione di una competenza professionale e l’avviamento progressivo alle loro future responsabilità di mogli e di madri, e soprattutto in modo profondamente cristiano, perché – diceva – “la peggiore sventura è vivere e morire senza conoscere Dio”.

Claudine, che ha fatto della sua vita religiosa un “inno di gloria” al Signore, ad imitazione della Vergine Maria che ella venerava profondamente, ricorda ai cristiani che vale la pena di offrire tutto a Dio. A coloro che il Signore invita a consacrarsi più particolarmente al suo servizio, ella conferma che bisogna saper “perdere la propria vita” (cf. Mt 10,39) perché altri possano amare e conoscere Dio; ella conferma inoltre mediante il suo esempio che la più bella riuscita nella vita è la santità.

Traduzione

5. Claudine Thévenet a vécu toute sa vie à Lyon. Son adolescence fut bouleversée par la révolution française qui secoua si violemment sa ville natale. Un matin de janvier 1794, cette jeune fille de 19 ans reconnaît ses deux frères, Louis et François, dans un cortège de condamnés à mort. Elle a lè courage de les accompagner jusqu’au lieu de leur supplice et dé recueillir leurs dernières paroles: “ Glady, pardonne, comme nous pardonnons! ”. Cet événement fut sans doute un élément déterminant de la vocation de Claudine déjà si compatissante aux misères accumulées par l’orage révolutionnaire. Elle songe à devenir une messagère de la miséricorde et du pardon de Dieu dans une société déchirée, et à donner sa vie à l’éducation des jeunes, surtout des plus pauvres, dont l’état d’abandon dépasse l’imagination. C’est pourquoi, avec le soutien éclairé du Père Coindre, Claudine fonde en 1816 une Pieuse Union, qui deviendra deux ans plus tard la Congrégation de Jésus-Marie. Aujourd’hui, pour la plus grande joie de l’Eglise, les Filles de Mère Thévenet sont plus de deux mille, présentes sur tous les continents et vivant vraiment de son esprit. Ecoles et collèges, foyers pour jeunes filles et pour personnes âgées, pastorale catéchétique et familiale, dispensaires et maisons de prière n’ont qu’un but: faire connaître Jésus et Marie, tout en œuvrant à la promotion sociale des pauvres.

A cent cinquante ans de distance, la vie de cette fondatrice interpelle toujours ses filles et interpelle aussi les chrétiens. Ne sommesnous pas nous-mêmes dans une société trop souvent tentée et défigurée par la violence? N’avons-nous pas à nous laisser envahir par la miséricorde infinie de Dieu, afin d’apporter notre courageuse contribution à cette “ civilisation de l’amour ” dont parlait Paul VI, la seule qui soit digne de l’homme? Claudine Thévenet se présente à nous comme un modèle d’amour et de pardon: “ Que la charité soit comme la prunelle de vos yeux ”, nous dit-elle encore maintenant comme elle aimait à le répéter à ses Sœurs. “ Soyez disposées à tout souffrir des autres et à ne rien faire souffrir à personne ”.

D’autre part, la nouvelle Bienheureuse ne demeure-t-elle pas un modèle de vie évangélique et religieuse pour ceux et celles qui se consacrent à l’éducation de la jeunesse, dans l’Eglise et selon ses directives? Les intuitions et les méthodes pédagogiques de Claudine Thévenet sont toujours d’actualité: à savoir, une éducation pleine d’attentions maternelles, très soucieuse de préparer les jeunes filles à la vie par l’acquisition d’une compétence professionnelle et l’initiation progressive à leurs: futures résponsabilités d’épouses et de mères, et par-dessus tout profondément chrétienne, car – disaitelle – “ il n’est pas de plus gránd malheur que de vivre et de mourir sans connaître Dieu ”.
Claudine, qui a fait de sa vie religieuse une “ hymne de gloire ” au Seigneur, à l’imitation de la Vierge Marie qu’elle vénérait profondément, rappelle aux chrétiens qu’il vaut la peine de tout miser sur Dieu. A ceux et celles que le Seigneur invite à se consacrer plus particulièrement à son service, elle confirme qu’il faut savoir “ perdre sa vie ” pour que d’autres puissent aimer et connaître Dieu; elle confirme aussi par son exemple que la plus belle réussite dans la vie, c’est la sainteté.

6. Maria Repetto, a 22 anni, entra a Genova nella Congregazione delle Suore di Nostra Signora del Rifugio, in Monte Calvario. Nelle numerose e gravi epidemie di colera che si abbattono sulla città, ella corre intrepida al capezzale dei malati. La fama della “monaca santa” cresce ogni giorno, e, quando assume l’ufficio di portinaia, ella continua a donare i tesori della sua alta spiritualità a quanti a lei accorrono per aiuto e consiglio.

Maria Repetto fin dalla giovinezza ha appreso e vissuto una grande verità, che ha trasmesso anche a noi: Gesù deve esser contemplato, amato e servito nei poveri, in tutti i momenti della nostra vita.

Essa dà tutto ciò che ha: i suoi risparmi, le sue cose, la sua parola, il suo tempo, il suo sorriso. “Servire i poveri di Gesù” era il programma del suo Istituto; programma che essa realizzò nei 50 anni di vita religiosa, servendo anzitutto Gesù, crescendo nella perfezione dell’amore, ricordando a sé stessa: “prima di tutto essere religiosa!”; e servendo i poveri, perché Cristo vive nei poveri.

San Francesco da Caporosso, chiamato dai genovesi “il padre santo”, mandava a lei, la “monaca santa” persone di ogni estrazione sociale, bisognose di aiuto e di consigli. L’umile Frate cercatore, canonizzato nel 1962, e l’umile suora portinaia, che oggi sale agli onori degli altari, furono nel secolo scorso, i due poli della vita religiosa di Genova. Maria Repetto era sempre lieta e serena e si rallegrava di tenere il cuore aperto, più della porta del convento, e di dare, dare sempre, dare tutto.

E questa gioia della sua donazione a Dio culminò nella sua morte: col sorriso sulle labbra, la beata pronunciò le sue ultime parole, che sono un inno di giubilo alla Madre di Dio: “Regina coeli, laetare, alleluia!”.

7. Carissimi!

Abbiamo iniziato questa riflessione nel segno della gioia cristiana; e nel segno del gaudio pasquale, frutto della Croce di Gesù, noi continuiamo questa solenne celebrazione, confortati dai mirabili esempi di questi novelli beati, che ci indicano il cammino, che anche noi dobbiamo percorrere nel nostro pellegrinaggio terreno: il cammino dell’amore verso Dio e verso i fratelli, specialmente quelli sofferenti nello spirito e nel corpo.

I novelli beati hanno confidato nel Signore, lo hanno invocato, forti della sua clemenza e misericordia; hanno seguito le sue vie; hanno cercato di piacergli; si sono gettati nelle sue braccia (cf. Sir 2,7s). In cima ai loro pensieri, al di sopra di tutto hanno posto la carità, convinti che essa è “il vincolo della perfezione” (cf. Col 3,14). Facendo proprio l’invito di Cristo, hanno venduto tutto ciò che avevano e lo hanno dato in elemosina; si son fatti delle borse, che non invecchiano, e hanno ottenuto un tesoro inesauribile nei cieli (cf. Lc 12,32s), come dice il brano evangelico, che è stato letto poco fa.

Mentre ci chiniamo riverenti di fronte ad essi, noi ci affidiamo alla loro potente intercessione:
O Beato Alain de Solminihac,
O Beato Luigi Scrosoppi,
O Beato Riccardo Pampuri,
O Beata Claudine Thévenet,
O Beata Maria Repetto,
pregate la Trinità Santissima per le vostre Patrie terrene, perché vivano in serena concordia! Pregate per le vostre Famiglie religiose, perché diano alla società contemporanea una gioiosa testimonianza della loro donazione di Dio! Pregate per la Chiesa, pellegrina sulla terra, perché sia sempre segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano!

Pregate per tutti i popoli del mondo, perché realizzino nei loro rapporti la giustizia e la pace!
O novelli Beati e Beate, pregate per noi! Amen!