Maria Laura Mainetti
(1939-2000)
- 6 giugno
Suora professa della Congregazione delle Figlie della Croce, Suore di Sant’Andrea, fu uccisa, in odio alla Fede, a colpi di pietra e con numerose coltellate, mentre perdonava e pregava per le autrici del delitto
Teresina Elsa Mainetti nacque a Colico (Lecco, Italia) il 20 agosto 1939. Rimasta orfana di madre, si prese cura di lei la seconda moglie del padre.
Nel 1950 iniziò un periodo di aspirantato tra le Figlie della Croce e, nel 1957, entrò nel postulantato a Roma. Concluso il noviziato, il 15 agosto 1959 emise la professione temporanea e, il 25 agosto 1964, quella perpetua.
Fu insegnante, educatrice di molti giovani e studentesse e punto di riferimento spirituale per tante persone.
Venne uccisa a Chiavenna (Sondrio, Italia) il 6 giugno 2000 da tre ragazze che avevano progettato di sacrificare al demonio una persona consacrata.
La Serva di Dio, per aiutare una di loro, si recò all’appuntamento, fissato in una strada solitaria, e fu uccisa a colpi di pietra e con numerose coltellate, mentre perdonava e pregava per le autrici del delitto.
LA VERA CARITA'
Omelia per il rito di beatificazione della martire Suor Maria Laura Mainetti
Parlando della comune professione perpetua tra le «Figlie della Croce», una consorella della nostra Beata ha ricordato che a tutte loro fu proposto di scrivere in un bigliettino la grazia che ciascuna domandava al Signore; riferiva pure che ella scrisse: «La vera carità» (cf. Summarium, Doc. 32, 282). L’espressione vera caritas è tradizionale e vi ricorse anche san Tommaso per ricordare che consiste nell’amare Dio più di se stessi e il prossimo come se stessi (cf. Mc 12,29-30) ed è l’opposto dell’amore di sé.
Questa medesima espressione fu molto cara a san Paolo VI, il quale l’uso in diverse occasioni; una volta, in una forma che potremmo ritenere adatta per la nostra circostanza: «Se davvero la nostra carità tende a imitare (non possiamo mai dire: eguagliare!) quella sconfinata e divina di Gesù, Gesù è rappresentato, Gesù è presente. La nostra carità diventa segno; segno di Cristo. Figli carissimi! Abbiamo noi sotto gli occhi simili segni di Cristo? Abbiamo noi nella Chiesa fatti caritativi, che ci fanno intravedere la sua presenza fra noi? La Chiesa è ancor oggi convalidata nel suo possesso di Cristo dalla carità? Quella carità fondata sull’amor di Dio, quella carità che risolve tutti i contrasti della convivenza umana, quella carità, che si dona senza limiti e senza compenso? Sì, sì, diletti Figli di questa santa Chiesa cattolica; ella è tutta lucente di tali segni, di tali testimonianze! Aprite gli occhi e osservate quante luci di quella carità irradiano dal suo mantello; dal suo abito storico e concreto, vogliamo dire, un abito non tutto egualmente splendido e nuovo, un abito antico e tanto umano, che sempre ha bisogno d’essere riparato e rinnovato (come ha cercato di fare il Concilio), ma tutto smaltato dalle gemme scintillanti di quella presenza di Cristo, che la vera carità chiama ancora fra noi. Osservate quante vocazioni di uomini e di donne ancor oggi immolano vite giovani e fiorenti all’esercizio e alla testimonianza della carità» (Udienza del 9 novembre 1966). La beata Maria Laura Mainetti, che invocò dal Signore il dono della «vera carità», è una di queste testimoni. Anzi, è martire!
L’espressione vera caritas – lo sappiamo – è presente nella Liturgia della Messa vespertina in cena Domini. Dopo il gesto della lavanda dei piedi, che ricorda la carità di Cristo, e durante la processione dei fedeli che presentano, con il pane e il vino, i doni per i poveri, la Chiesa ci fa cantare un antico inno composto da Paolino d’Aquileia durante il quale si ripete l’antifona: Ubi caritas est vera, Deus ibi est. Uno dei versetti dice: «noi formiamo qui riuniti un solo corpo». Siamo, così, ricondotti al mistero dell’Eucaristia, cui è dedicata questa domenica.
Mentre, però, ricordiamo ciò che il Signore fece coi suoi discepoli nell’Ultima Cena, ci risuonano nella mente le sue parole: «Io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio» (Mc 14,25). Queste parole, che concludono il racconto evangelico, sono un annuncio di morte. Gesù parla di un digiuno e ogni digiuno raffigura una morte. Egli non si lascia sorprendere dagli eventi. È consapevole dei progetti di morte maturati contro di lui, ma non si lascia togliere la vita. Prima la dona ai suoi discepoli, la offre a loro spontaneamente. La sua consegna è racchiusa nei segni del pane e del vino e oggi raggiunge tutti noi che, uniti attorno alla stessa mensa, ripetiamo in memoria di lui quel che egli ha fatto «nella notte in cui veniva tradito».
Le parole di Gesù, però, non sono soltanto un congedo. Sono anche una promessa. Diremo, anzi, che dalle sue parole fiorisce la speranza. Le parole del Signore sono mani tese verso di noi; sono un abbraccio, che tutti ci raccoglie. Gesù parla di un «vino nuovo» – ossia di un banchetto festivo – bevuto nel regno di Dio. Ogni digiuno, in fin dei conti, vuol dire attendere e, per questo, rinvia a una festa. Il vangelo secondo Matteo contiene una piccola, ma importante esplicitazione. Scrive: «lo berrò nuovo con voi» (Mt 26,29). Chi mai banchetterebbe da solo? È confortante, allora, cogliere dalle labbra di Gesù questo: con voi! È molto bello il commento che ne ha lasciato Origene: «Non vuole bere da solo il vino nel Regno di Dio. Egli ci aspetta. Infatti così disse: finché non lo berrò con voi… Ci aspetta per bere del succo di questa vite. Di quale vite? Di quella di cui Egli era la figura» (In Leviticum VII, 3: PG 12, 479). Nelle parole di Gesù, insomma, Origene riconosce il desiderio che Egli ha di averci con Lui, per sempre. Non ha forse detto: «Verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi… Non vi lascerò orfani: verrò da voi» (Gv 14,3.18)?
Potremmo, anzi, aggiungere, che il «vino nuovo» Gesù lo pregusta di già, ogni volta che la sua comunità – quella per la quale ha dato la sua vita e alla quale il Padre lo ha ridonato risorto – fa memoria di Lui in attesa della sua venuta. Il Regno dove sarà gustato il «vino nuovo» si avvicina sempre di più ogni volta che «annunciamo la morte del Signore e proclamiamo la sua risurrezione». E già degustano il «vino nuovo» del Regno quanti sono rivestiti della «veste di lino puro e splendente», ossia delle «opere giuste dei santi», per i quali è scritto: «Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello!» (Ap 19,8-9). Tra questi invitati la Chiesa oggi riconosce la beata martire Maria Laura Mainetti.
L’ora cruciale della sua vita tutti la conosciamo ed è stata ancora rievocata all’inizio di questo rito solenne. Mentre moriva, ella perdonava e pregava per chi le procurava la morte. «… Come noi li rimettiamo ai nostri debitori», diciamo nel Pater. Quante volte, nella Santa Messa, per prepararsi all’incontro sacramentale con Cristo; e poi in comunità, o da sola suor Maria Laura ha recitato questa preghiera. Ammonisce sant’Agostino: «Vuoi dirlo in tutta sicurezza? Fa’ quel che dici» (Enarrat. in Ps., 103 I, 19: PL 37, 1352). È, infatti, perdonando, che si è perdonati. Al termine della sua esistenza, mentre era uccisa suor Maria Laura l’ha fatto ancora; questa volta, però, prima d’incontrarlo realmente, il Signore. Risentiamo allora sant’Agostino: «Come noi li rimettiamo ai nostri debitori: se potrai dire così, cammina pure sicuro, esulta nella via, canta nella via. Non temere il giudice!» (Enarrat. in Ps., 66, 7: PL 36, 808).
Nel processo per la beatificazione, un testimone si domandò: «Come mai una suora, che vive per tanti anni nel suo ritmo ordinario, arriva a questa autocoscienza, di dover pregare per quelli che la uccidono, mentre la uccidono, quasi producendo una fotocopia del Vangelo… » (Summarium Testium, Teste II, §48). Sì: come mai? Nella tradizione cristiana, soprattutto i martiri si usava chiamarli athletae Christi. Ma cosa fanno gli atleti per vincere le gare? Allenamenti continui, fatiche, rinunce fuori dell’ordinario … I nostri santi, allora, saranno anch’essi uomini e donne dell’eccezione, dello sforzo? La nostra martire scriveva: «Il cammino della mia vita religiosa è molto semplice. Ero molto giovane quando un sacerdote, dopo una confessione mi ha detto: “Tu devi fare qualcosa di bello per gli altri”. C’era in questa frase un imperativo: inoltre la sua risonanza in me mi riempiva di gioia. Sentivo che avrei dato un senso pieno alla mia vita» (Informatio, 22). La santità è così: non è il frutto di uno sforzo umano, ma spunta semplicemente come un fiore nel prato.
Nelle prime pagine del suo Manoscritto «A», gettando uno sguardo sulla propria vita santa Teresa di Gesù Bambino scriveva: «Gesù … mi ha messo davanti agli occhi il libro della natura e ho capito che tutti i fiori che ha creato sono belli, che lo splendore della rosa e il candore del giglio non tolgono il profumo della piccola violetta o la semplicità incantevole della pratolina … Così avviene nel mondo delle anime che è il giardino di Gesù… La perfezione consiste nel fare la sua volontà, nell’essere ciò che Egli vuole che noi siamo…» (f. 2v°). Ho citato santa Teresina perché la nostra Beata la volle come patrona e, proprio per imitarla, scelse «il tutto, il più grande, la vera carità» (cf. Summ., Doc. 32 cit.). Anche questo possiamo apprenderlo dalla storia di santità della nostra beata martire.
Nell’esortazione apostolica Gaudete et exsultate papa Francesco ha scritto: «Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova» (n. 14). Oggi, forse, è necessario ricordarlo: il terreno per la fioritura della santità non è l’eccezionale, ma la fedeltà nel quotidiano. È in esso che si fa presente il momento opportuno (kairós). Alla fin fine, la «vera carità» che la beata M. Laura Mainetti scelse e portò a compimento nell’ora del martirio potrebbe coincidere col dilige et quod vis fac di sant’Agostino: «Ama e fa’ ciò che vuoi. Sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che perdoni, perdona per amore; vi sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene» (In Epistolam Ioannis ad Parthos, VII, 8: PL 35, 2033).
Chiavenna (So), 6 giugno 2021
Marcello Card. Semeraro
CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI
COMO
BEATIFICAZIONE o DICHIARAZIONE DEL MARTIRIO
della Serva di Dio
MARIA LAURA MAINETTI
(al secolo: Teresina)
Suora professa della Congregazione
delle Figlie della Croce, Suore di Sant’Andrea
(† 6 giugno 2000)
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DECRETO SUL MARTIRIO
“L'amore del Cristo ci possiede. (…) Egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro” (2Cor 5,14-15).
La Serva di Dio Maria Laura Mainetti (al secolo: Teresina), secondo le parole di San Paolo, improntò l’intera sua esistenza agli insegnamenti del Vangelo e al dono di sé nella carità. Si mantenne quindi fedele a Cristo, fino a seguirlo sulla Croce con il sacrificio della vita.
La Serva di Dio nacque a Colico il 20 agosto 1939. Battezzata col nome di Teresa Elsa, in famiglia veniva chiamata da tutti Teresina. Rimase orfana di madre a pochi giorni dalla nascita e per questo fu sempre molto attenta nei confronti dei bambini, delle giovani e di quanti si trovassero in situazioni di fragilità. Nel 1950 entrò come “aspirantina” nell’istituto “Laura Sanvitale” di Parma, gestito dalle Figlie della Croce, Suore di Sant’Andrea. Qui completò la sua educazione e confermò la scelta della vita consacrata, secondo la vocazione che aveva avvertito fin dalla tenera età. Assunse in religione il nome di Maria Laura e il 15 agosto 1959 emise la professione religiosa. Amava il carisma e il nome della propria Congregazione, tanto da scrivere: “Figlia della Croce vuol dire che la Croce è mia Madre. Sono sposa, figlia e sorella di Gesù, non crocifisso e morto, ma vivo, risorto, che mi vede, mi sente mi vuole bene anche se non lo vedo con questi occhi”. Fu educatrice in varie scuole elementari, presso le case della sua famiglia religiosa a Vasto, Roma, Parma e infine a Chiavenna, dove rimase dal 1984 fino alla morte. Dopo la chiusura delle scuole elementari, si dedicò alle giovani studenti del locale Istituto alberghiero ospitate nel pensionato della Congregazione.
Coltivava una solida vita spirituale, incentrata sull’Eucaristia e sul rapporto personale con Dio nella preghiera. Fu donna di carità operosa, sempre pronta a mettersi in moto, ascoltare sofferenze e disagi, darsi da fare per servire. Visitava i malati e confortava le persone in difficoltà, ma soprattutto seguiva con materna sollecitudine i giovani. Dall’Eucaristia traeva il senso della donazione e del servizio, fino a scrivere, pochi giorni prima della morte: “Vivere disponibile fino a dare la vita come Gesù”.
La sera del 6 giugno 2000, tre giovani, imbevute di ideologia satanista, desiderose di sacrificare al demonio una persona consacrata, scelsero proprio lei, perché di corporatura minuta e tanto attiva nella carità. Una di loro le raccontò falsamente di essere incinta a causa di una violenza e del proprio proposito di abortire. Tradendone la fiducia e l’amore premuroso, chiese allora di poterla incontrare. La Serva di Dio si recò nella piazza di Chiavenna, fu portata con l’inganno in una strada vicina poco frequentata e qui venne prima colpita con sassi divelti dal selciato e poi finita con 19 pugnalate. Mentre veniva colpita pregava e perdonava le sue assassine.
Quando si conobbero le circostanze che avevano portato alla sua tragica morte, sorse nei fedeli la convinzione che avesse dato testimonianza della propria fede fino all’effusione del sangue. In tal senso si espresse da subito pubblicamente anche il Vescovo di Como. La Serva di Dio stessa aveva scritto: “Noi ci diamo da fare, però non siamo mai capaci di dare tutto noi stessi. Questa donazione totale c’è nel martirio, ma quello solo Dio lo stabilisce”.
Si è pertanto aperta la Causa di Beatificazione o Dichiarazione del martirio della Serva di Dio. Presso la Curia ecclesiastica di Como è stata celebrata dal 23 ottobre 2005 al 6 giugno 2006 l’Inchiesta diocesana, la cui validità giuridica è stata riconosciuta da questa Congregazione delle Cause dei Santi con decreto dell’11 gennaio 2008. Preparata la Positio, si è discusso, secondo la consueta procedura, se quello della Serva di Dio sia stato un vero e proprio martirio. Il 6 febbraio 2020 si è tenuto il Congresso Peculiare dei Consultori Teologici, che ha espresso parere favorevole. I Padri Cardinali e Vescovi, nella Sessione Ordinaria del 16 giugno 2020, hanno riconosciuto che la Serva di Dio fu uccisa per la sua fedeltà a Cristo e alla Chiesa.
Il sottoscritto Cardinale Prefetto ha quindi riferito tutte queste cose al Sommo Pontefice Francesco. Sua Santità, accogliendo e confermando i voti della Congregazione delle Cause dei Santi, ha oggi dichiarato: È provato il martirio e la sua causa della Serva di Dio Maria Laura Mainetti, Suora professa della Congregazione delle Figlie della Croce, Suore di Sant’Andrea, nel caso e per il fine di cui si tratta.
Il Sommo Pontefice ha poi disposto che il presente decreto venga pubblicato e inserito negli atti della Congregazione delle Cause dei Santi.
Dato a Roma il 19 giugno nell’anno del Signore 2020.
Angelo Card. Becciu
Prefetto
+ Marcello Bartolucci
Arciv. tit. di Bevagna
Segretario
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CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM
COMENSIS
BEATIFICAZIONIS seu DECLARATIONIS MARTYRII
Servae Dei
MARIAE LAURAE MAINETTI
(in saeculo: Teresillae)
Sororis professae
Congregationis Filiarum a Cruce
Sororum a Sancto Andrea
(† 6 Iunii 2000)
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DECRETUM SUPER MARTYRIO
“Caritas Christi urget nos. (…) Pro omnibus mortuus est, ut et, qui vivunt, iam non sibi vivant, sed ei, qui pro ipsis mortuus est et resurrexit” (2Cor 5,14-15).
Serva Dei Maria Laura Mainetti (in saeculo: Teresilla), haec secundum Sancti Pauli verba, totam vitam ad Evangelii praecepta finxit et ad oblationem sui ipsius in caritate. Christo fidelis ergo permansit, adeo ut eum in Cruce, vitae suae sacrificio, sequeretur.
Serva Dei Colici nata est die 20 mensis Augusti anno 1939. Nomine baptizata Teresiae Helzae, a familia sua quidem Teresilla nuncupabatur. Matre paucis diebus post ortum est orbata, ita ut semper, fere materno animo, attenderet in pueros, iuvenes mulieres et omnes animo vel corpore debilitatos. Anno 1950 uti “aspirantina” institutum Parmae ingressa est, quod “Laura Sanvitale” appellabatur, a Filiis a Cruce, Sororibus a Sancto Andrea gestum. Quo loco institutionem suam complevit et optionem vitae consecratae firmavit, illi vocationi respondens quam iam prima ab aetate perceperat. Nomine Mariae Laurae vocari voluit atque die 15 mensis Augusti anno 1959 professionem religiosam emisit. Suae Congregationis charisma et nomen vero tam diligebat, ut scriberet: “Filia a Cruce, Crucem matrem mihi esse significat. Sponsa sum, filia et soror, non crucifixi ac mortui, sed viventis Iesu, qui resurrexit, me intuetur, sentit et mihi diligit, etsi meis oculis eum non videam”. Magistrae munere functa est plurimis in litterarum ludis apud Vastensem, Romanam, Parmensem et ultimo Clavennensem suae religiosae familiae domos. Clavennae ab anno 1984 morata est, usque ad finem. Cum ludi litterarum clausi essent, iuvenum alumnarum instituti v.d. Alberghiero Clavennensis, quae in Congregationis hospitio morabantur, curam egit.
Spiritualem vitam suam funditus colebat, cuius principatum obtinebant Eucharistia intimaque cum Deo per orationem consuetudo. Ministerii sui ipsiusque donationis rationem ab Eucharistia trahebat, adeo ut, paucis diebus ante obitum, scriberet: “Oportet vivam semper parata, sicut Iesus, usque ad vitae oblationem”. Actuosae mulier fuit caritatis, continenter operam suam impendere sollicita, dolores et angustias consolari, omnibus auxilium ferre. Aegrotos visitabat, omnibus in angustiis versantibus erat solacio, at maxime maternali navitate curam iuvenum agebat.
Vespere diei 6 mensis Iunii anno 2000, tres iuvenes mulieres, satanici cultus doctrinis mentibus imbutis, alicuius consecrati hominis vitam diabolo immolare cupientes, ipsam Servam Dei elexerunt, cum exilis corpore esset et tantopere caritatem exerceret. Quarum una ficte exposuit ei se quandam ob violentiam gravidam esse et abortum sibi procurare velle. Fiduciam Servae Dei et benevolentiam fallens, eam convenire inde petivit. Serva Dei forum Clavennae adiit, dein quandam in incultam viam non longe deducta est dolose, ubi lapidibus a strato vulsis est percussa, inde undeviginti pugionis plagis confecta. Dum feriretur, Serva Deu precabatur et interfectoribus suis ignoscebat. Atrocis necis eius adiunctis auditis, christifideles sibi persuasum habuerunt eam usque ad effusionem sanguinis fidei testimonium praebuisse. Episcopus Comensis pariter est mox propalam locutus. Serva Dei scripserat: “Vires omnes impendimus, at nos ipsos absolute offerre non possumus. Oblatio martyrio perficitur, sed Deus tantum hoc statuere potest”.
Servae Dei Causa beatificationis seu Declarationis martyrii ergo est instructa. Apud Curiam ecclesiasticam Comensem Inquisitio dioecesana a die 23 mensis Octobris anno 2005 ad diem 6 mensis Iunii anno 2006 celebrata est, cuius iuridica validitas ab hac Congregatione de Causis Sanctorum per decretum diei 11 mensis Ianuarii anno 2008 est approbata. Positione exarata, disceptatum est, consuetum secundum iter, an Servae Dei verum fuisset martyrium. Die 6 mensis Februarii anno 2020 Peculiaris Consultorum Thelogorum Congressus est habitus, votum adfirmativum proferens. Patres Cardinales et Episcopi, Ordinaria in Sessione diei 16 mensis Iunii anno 2020, Servam Dei propter suam fidem in Christum et in Ecclesiam esse interfectam.
Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Francisco per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Sanctitas Sua, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de martyrio eiusque causa Servae Dei Mariae Laurae Mainetti (in saeculo: Teresillae), Sororis professae Congregationis Filiarum a Cruce, Sororum Sancti Andreae, in casu et ad effectum de quo agitur.
Hoc autem decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit.
Datum Romae, die 19 mensis Iunii a. D. 2020.
Angelus Card. Becciu
Praefectus
+ Marcellus Bartolucci
Archiep. tit. Mevaniensis
a Secretis