
Maria Troncatti
(1883 - 1969)
- 25 agosto
Religiosa, suora professa della Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice e missionaria: infermiera durante la prima Guerra Mondiale, partì poi per l’Ecuador, dove si spese interamente al servizio delle popolazioni della selva, nell’evangelizzazione e nella promozione umana
Maria Troncatti nasce il 16 febbraio 1883 a Corteno Golgi, in provincia di Brescia (Italia). Cresce in un clima famigliare ricco di fede e di amore. Cresimata all’età di tre anni, Maria riceve la Prima comunione appena compiuti i sei anni. Nella sua vita di fanciulla, oltre all’esempio di vita cristiana dei genitori e le cure del parroco, esercita su di lei un’influenza notevole la sorella Catterina, di quattro anni maggiore, che le sarà amica e confidente. Maria è vivace e gioiosa, molto legata al papà Giacomo, con una spiccata sensibilità e premura per i poveri e per chiunque avesse bisogno di aiuto. Fra le letture che la maestra le propone c’è il Bollettino salesiano: la vita dei missionari affascina Maria, che si sente conquistata dall’ansia di “portare Dio” a chi non lo conosce ancora.
A quindici anni aderisce all’Associazione delle Figlie di Maria. è in quest’epoca che matura nel suo cuore il desiderio della consacrazione totale a Dio, ma dovrà attendere la maggiore età – ventun anni allora – per chiedere di essere accolta nell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, sapendo che il padre non è troppo propenso a questa scelta. L’addio di Maria alla famiglia avviene il 15 ottobre 1905.
Figlia di Maria Ausiliatrice
A Nizza Monferrato, Casa madre dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Maria vive le tappe formative del postulato e del noviziato. La sua salute, che risente di un prolungato sforzo di adattamento, presenta problemi che suscitano incertezze alle superiore nel momento di decidere sul suo futuro. Tuttavia, in comunità sono in molte ad apprezzare in lei la “osservanza amorosa e il fedele adempimento di ogni pur minimo dovere”.
Maria Troncatti è ammessa alla professione temporanea il 17 settembre 1908. Ma sarà ancora un tempo di prove: fra l’altro un’infezione alle dita che porta il medico a sentenziare la necessità dell’amputazione di un dito. Guarita da tale male, a breve distanza di tempo viene colpita da una febbre tifoide che preoccupa seriamente. In una visita all’infermeria della Casa madre di Nizza Monferrato il Rettor Maggiore dei Salesiani don Michele Rua (oggi Beato) le imparte la benedizione e le predice una vita laboriosa fino ad età avanzata. Appena ripresa, una provvidenziale cura marina a Varazze, in Liguria, ridona alla giovane suora energie e salute. Varazze diventa la sede del suo apostolato per una decina di anni, occupandosi in varie mansioni della casa.
Nell’imminenza della Prima guerra mondiale (1915-18), suor Maria Troncatti frequenta un corso speciale per infermiere, svolgendo opera di assistenza materiale e spirituale per i soldati feriti che giungono dal fronte. In questo periodo sperimenta anche la protezione speciale della Vergine Ausiliatrice nel miracoloso salvataggio ottenuto in occasione di un’alluvione che colpisce gravemente la città di Varazze il 25 giugno 1915 che la determina nel suo proposito di essere missionaria.
Al termine della guerra suor Maria è inviata per un anno a Genova, nell’Istituto che accoglie gli orfani della guerra. L’anno seguente (1919-20) è a Nizza Monferrato, dove ancora una volta le consorelle e le educande hanno modo di apprezzare le sue doti e capacità: infermiera, assistente, aiutante nell’oratorio, pronta sempre a supplire negli immancabili imprevisti. Nel 1922 la Madre generale, Caterina Daghero, le comunica la sua destinazione missionaria: l’Ecuador. A trentanove anni si avvera il suo sogno. La sua partenza, come quella di altre sorelle, rappresenta il coronamento delle grandiose celebrazioni giubilari per il 50° di fondazione dell’Istituto (1872-1922). Suor Troncatti parte il 9 novembre 1922.
Missionaria in Ecuador
I futuri quarantasette anni di suor Maria sono anni di missione con una sola parentesi (1934-38) in cui è chiamata a dirigere un’opera assistenziale, Beneficencia de las señoras, a Guayaquil. Sarà dapprima a Chunchi, una cittadina della Cordigliera andina dove viene nominata direttrice, svolgendo la sua attività di infermiera e improvvisando un ambulatorio e un piccolo dispensario farmaceutico detto botiquín.
Viene il 1925 e suor Maria, con un gruppo di consorelle e con i missionari salesiani, è ormai avviata all’impresa missionaria nel cuore della selva amazzonica. La vera e propria traversata si conclude a Pailas, ad una altitudine di 3000 metri, a cavallo. Di qui in poi i missionari proseguono senza accompagnatori. Finalmente dopo giorni di cammino giungono alla collina sagrada di Macas, il centro più importante del Vicariato apostolico di Méndez dove si era stabilita nel 1924 la residenza missionaria salesiana, intorno all’antica immagine della Madonna, la Purísima. Il 4 dicembre 1925, festa della Purísima si celebra l’arrivo delle missionarie.
Ben presto l’attività di suor Maria si spinge oltre il fiume Upano, dove fiorì l’antica Sevilla de Oro: qui sorgerà più tardi la missione di Sevilla don Bosco. Le cure mediche e l’annuncio del Vangelo conquistano gradatamente la popolazione shuar; ma non tardano a manifestarsi i primi indizi di insofferenza da parte di alcuni coloni, che temono di vedere compromessa la propria autorità sulla gente shuar. Nel generale sconforto che invade la missione suor Maria non si lascia abbattere: va di casa in casa, e con la forza persuasiva della parola e della testimonianza fa sì che chi aveva fatto il male sente il dovere di riparare. Nel 1930 per la prima volta a Macas si celebra un matrimonio cristiano, per scelta propria e libera, di due giovani shuar. Inoltre, suor Maria con i missionari deve affrontare frequenti emergenze sanitarie che mietono numerose vittime dall’epidemia di vaiolo nero a forme gravi di morbillo.
All’età di settanta anni compiuti, nel 1954, suor Maria ha la gioia di vedere in funzione l’ospedale, lieta di potervi accogliere i pazienti e, grazie alla degenza, curare con i mali fisici anche quelli dell’anima. Per garantire una maggiore efficienza dell’ospedale organizza per le giovani corsi di infermieristica; per altre corsi di cucito, di igiene, di puericultura, di cucina e corsi di preparazione al matrimonio. Sua preoccupazione è la formazione e la promozione della donna, che si vede nella cultura shuar spesso penalizzata dalla dipendenza da mariti-padroni, oppure sfruttata per le più faticose attività lavorative.
Anche quando, dopo il compimento degli ottanta anni, lascia la direzione dell’ospedale, continua in altro modo la sua attività di madrecita o abuelita buena ascoltando, consigliando e confortando persone di ogni età e condizione. Nel 1969 avverte con tristezza le prime avvisaglie, e poi le aperte minacce contro la missione e i missionari. Il clima intimidatorio si concretizza il 4 luglio in un vasto incendio doloso che in una sola notte distrugge anni di fatiche nella missione di Sucúa. Suor Troncatti prega e scongiura i dirigenti della Federazione a bandire ogni ipotesi di vendetta, anzi si sarebbe offerta lei stessa vittima per la pacificazione.
Il 5 agosto suor Maria partecipa alla festa della Purísima di Macas. Poi, in un momento di intimità, confida segretamente alla consorella suor Pierina Rusconi – impegnandola a non rivelare nulla se non a cose avvenute –: «La Purísima mi ha detto di prepararmi, perché presto qualcosa di grave mi accadrà».
Passano soltanto venti giorni. Il 25 di agosto 1969, suor Troncatti si congeda dalla comunità per recarsi a Quito agli esercizi spirituali. Giunge alla pista di volo quando il piccolo aereo ha già i motori accesi. Suor Maria vive il suo ultimo decollo: quello che la porta in Paradiso sul limitare di quella selva, che è stata per quasi mezzo secolo la sua “patria del cuore”, lo spazio della sua donazione instancabile fra gli “Shuar”. Ha 86 anni, tutti spesi in un dono d’amore. Scriveva: «Sono ogni giorno più felice della mia vocazione religiosa missionaria!». Pochi secondi dopo il decollo si ode uno schianto e nell’incidente solo lei trova la morte.
La testimonianza della Beata Maria Troncatti si riassume nella sua vita donata per l’evangelizzazione e la promozione umano-sociale della popolazione shuar, nella selva amazzonica dell’Ecuador. Tutto il suo operare è ritmato sulle esigenze della fedeltà all’amore di Dio e dalla compassione verso tutti i bisognosi nel corpo e nello spirito. Nella sua dedizione risalta inoltre un forte amore di fedeltà alla Chiesa, espressa anche nella sollecitudine per i ministri di Dio: sempre pronta a prestare loro aiuto nelle difficoltà della missione, vivendo una maternità spirituale, mariana e salesiana.
“Iter” della causa
L’Inchiesta diocesana sulla vita, sulle virtù e sulla fama di santità e di segni fu celebrata presso la Curia vescovile di Macas (Vicariato Apostolico di Méndez – Ecuador) negli anni 1986-1987. Inoltre, nel 1989 si svolse un processo rogatoriale a Brescia, diocesi che diede i natali alla Beata.
Vennero emanati i decreto sulla validità delle Inchieste diocesane: quella di Macas il 7 luglio 1989; quella di Brescia il 25 maggio 1990.
Redatta la Positio super virtutibus, si tenne il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi il 2 maggio 2008, che diede risposta positiva. Nel medesimo senso si pronunciò la Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi del 7 ottobre 2008.
L’8 novembre 2008 Benedetto XVI autorizzò la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto sulle virtù eroiche di Maria Troncatti.
In vista della beatificazione
In vista della sua beatificazione, la Postulazione della Causa ha sottoposto al giudizio della Congregazione delle Cause dei Santi la presunta guarigione miracolosa, avvenuta in diocesi di Portoviejo (Provincia di Manabí, Ecuador), della signora Josefa Yolanda Solórzano Pisco, la quale, nell’aprile 2002 iniziò ad avvertire dei sintomi di malessere, che furono interpretati come una normale affezione influenzale. Il malessere andò progressivamente accentuandosi e l’inferma, nel frattempo ricoverata in ospedale, si trovò in pochi giorni in uno stato generale di prostrazione, accompagnato da cefalee, dolori addominali, vomiti, inappetenza e pallore diffuso. Nei giorni successivi si manifestarono ulteriori problemi, quali ematomi intensi e diffusi, strato febbrile incontrollabile e frequenti deliri: il processo degenerativo appariva irreversibile, al punto che la paziente entrò in coma.
In questo contesto, parenti e amici di Yolanda ottennero le sue dimissioni dall’ospedale, affinché ella “potesse morire nella propria casa”. Qui un sacerdote salesiano presentò loro la figura della Serva di Dio, esortando i presenti a pregare per chiedere, mediante la sua intercessione, la guarigione dell’inferma. All’alba del 10 maggio 2002 tutti notarono in Yolanda un palpito di iniziale ripresa. Quello fu il primo passo di una ripresa nel recupero della coscienza e nella normalizzazione dei segni vitali, dalla scomparsa dell’ittero alla normale ripresa della respirazione, dall’attenuarsi dei diffusi dolori articolari all’uso della parola.
Appare evidente la concomitanza cronologica e il nesso tra l’invocazione e la guarigione di Josefa Yolanda Solórzano Pisco, che attualmente gode di buona salute ed è in grado di gestire una normale vita relazionale.
In vista della canonizzazione
Il 2 febbraio 2015 il sig. Juwa, indigeno della provincia di Morona Santiago, in Ecuador, ebbe un incidente mentre affilava gli utensili della sua falegnameria, restando colpito alla testa da un grosso frammento di pietra. Dopo un primo precario soccorso, il ferito privo di conoscenza in quanto dal cranio era fuoriuscita materia cerebrale, venne condotto dapprima in canoa e poi, tramite ambulanza aerea, all’ospedale di Macas, per essere da quì trasferito dell’ospedale di Ambato, dove venne sottoposto a un lungo intervento chirurgico. Di fronte alla gravità della prognosi il cognato del ferito pose sul suo petto una immagine di Maria Troncatti, cominciando a invocarla. Anche le missionarie salesiane continuatrici della missione, informate dell’accaduto, affidarono a lei la guarigione di Juwa, nonostante la prognosi infausta. Il 13 febbraio il paziente si risvegliò dal coma e venne dimesso dall’ospedale, seppur in condizioni gravi, privato della capacità di poter parlare e muoversi. Tra la fine di marzo e l’aprile del 2015, il sig. Juwa sognò Maria Troncatti che gli applicava alcune cure alla gamba e alla bocca predicendogli la guarigione, e al risveglio iniziò a muoversi pronunciando anche alcune parole con grande stupore della famiglia. Da quel momento vi fu un progressivo miglioramento delle sue condizioni tanto che l’anno dopo era in grado di parlare, ragionare, camminare e anche riprendere a lavorare. Un controllo medico nel 2022 stabilì la “guarigione al cento per cento”, senza postumi o stati cognitivi difettosi o altri deficit riferibili all’incidente occorsogli.
Omelia nella beatificazione di Suor Maria Troncatti, FMA
Eccellenze,
Fratelli e Sorelle,
1. Stiamo vivendo nella gioia e nella preghiera la solenne celebrazione della beatificazione della Venerabile Suor Maria Troncatti, gloria della Chiesa e della Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice.[2] La nuova Beata è anche un vanto per l’Ecuador, che contempla in questa missionaria una maestra che ha insegnato a piccoli e a grandi di ogni lingua e razza, a essere cittadini buoni, onesti, laboriosi e pacifici.
L’odierna liturgia della Parola di Dio delinea bene la figura di Suor Maria, come consacrata e missionaria. Come dice il profeta Isaia, ella fu messaggera di pace e di buone notizie (Is 57,7) su questa terra, santificata dai suoi passi e dai suoi sacrifici. Passò la sua vita tra voi, facendo il bene e mostrando il volto materno, buono e misericordioso di Dio. Era pronta all’esortazione, donava a tutti con semplicità, compiva con gioia le opere di misericordia (Rm 12,8): dare da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, accogliere gli stranieri, rivestire gli ignudi, visitare i malati e i carcerati. Alla nostra Beata si applicano alla perfezione le parole di Gesù: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,34-36).
2. A più di quarant’anni dalla sua morte, voi non avete per niente dimenticato Madre Maria, ma ricordate ancora con riconoscenza il suo straordinario esempio di dedizione a Gesù e al suo Vangelo di verità e di vita.
L'America latina è ricca di Santi. La settimana scorsa, in Argentina, ha avuto luogo la beatificazione di Suor María Crescencia Pérez, una consacrata anch’essa esemplare nella carità verso i poveri, gli ammalati, gli emarginati.
Il Beato Giovanni Paolo II diceva: «L'espressione e i frutti più alti dell'identità cristiana dell'America sono i Santi. In essi, l'incontro con Cristo vivo “è tanto profondo e impegnativo [...], che diventa fuoco che li consuma totalmente e li spinge a costruire il suo Regno, a far sì che Lui e la nuova alleanza siano il senso e l'anima [...] della vita personale e comunitaria”. L'America ha visto fiorire i frutti della santità sin dagli inizi della sua evangelizzazione. E il caso di santa Rosa da Lima (1586-1617), “il primo fiore di santità nel Nuovo Mondo”, proclamata patrona principale dell'America nel 1670 dal Papa Clemente X. A partire da lei, il santorale americano è andato crescendo fino a raggiungere la sua attuale ampiezza. Le beatificazioni e le canonizzazioni con le quali non pochi figli e figlie del Continente sono stati elevati all'onore degli altari offrono modelli eroici di vita cristiana secondo la diversità degli stati e degli ambienti sociali. La Chiesa, beatificandoli o canonizzandoli, addita in essi dei potenti intercessori uniti a Cristo, sommo ed eterno Sacerdote, mediatore tra Dio e gli uomini. I Beati ed i Santi d'America accompagnano con sollecitudine fraterna gli uomini e le donne loro conterranei, tra gioie e sofferenze, fino all'incontro definitivo con il Signore».[3]
3. La beatificazione di Madre Troncatti è un’altra pagina luminosa della santità latinoamericana. Suor Maria era una donna eccezionale. La signora Blanca H. Genovez Noboa testimonia: «Posso affermare che se tutte le religiose praticavano la virtù, suor María, però, aveva qualcosa più di loro».[4]
La sua esemplare vita spirituale aveva una struttura ordinaria, che si rivelava grande nelle piccole cose, sublime nella semplicità, profonda nelle convinzioni, eroica nell’offerta. Soleva dire: «Estoy ofreciendo mi vida a Nuestro Señor por il bien de blancos y shuaras».[5]
Era insuperabile nella carità. La Signora Celia M. Torres Calle afferma: «En una ocasión la familla de Efrem Zúñiga, mi suegro, enfermó de fiebre contagiosa. Sor María los visitaba cada día, se prestaba para cocinar, no se movía de la cabecera de los enfermos y no permitía que otro se acercara para no contagiarse».[6]
4. Questo entusiasmo nel fare il bene era sostenuto da una fede grande come l’oceano. La signora Dorinda M. Calle Palacios testimonia: «Sor María era una mujer de fe intensa [...]. A veces yo llegava a la iglesia a las 3-3,30 de la mañana y siempre encontraba a sor María en la iglesia, rezando las estaciones del Vía Crucis y siempre me conmovía al ver la devoción come pasaba de estación en estación».[7]
Suor Vittoria Bozza aggiunge: «[Sor María] tenía constantemente en sus labios el nombre de Dios y vivía realmente de fe en la Providencia divina [...]. A todos sor María daba una palabra de fe que los llevaba a la conversión y a la práctica de la vida cristiana».[8]
Suor Maria aveva il dono della preghiera. Ogni mattina dalle 4 alle 5 si poneva in adorazione davanti al Santissimo. Di sabato, partecipava al "Rosario dell'aurora". Pregava e faceva pregare. La Signora Dolores Velín afferma: «Los consejos que sor María me daba muy a menudo era éstos: "No dejes el santo rosario. Tenga fe en la Eucaristía; no te apartes de la comunión. No faltes a la santa misa”».[9]
Il centro della sua devozione era Gesù Eucaristico e il suo sacratissimo Cuore. Aveva una pietà filiale verso Maria Ausiliatrice e verso i fondatori, san Giovanni Bosco e Santa Maria Mazzarello. Come da tradizione salesiana, aveva un affetto particolare per il Santo Padre e rispetto e venerazione per i vescovi e i sacerdoti.
5. Dall'unione con Dio attingeva a piene mani la carità verso il prossimo, esercitata in modo eroico. Una cura particolare riservava agli ammalati, ai quali veniva incontro con semplicità e discrezione, assistendoli e donando cibo, medicine, abiti.
Aveva un innato atteggiamento materno verso tutti. Ai malati come ai bambini da lei assistiti non faceva mancare nulla e li circondava di ogni attenzione. La sua bontà era comprensiva e sacrificata. Visitava gli infermi lontani, attraversando la selva e navigando per i fiumi. Era vista come un angelo. Una teste afferma addirittura: «Para nosotros de la familia, sor María era "un cielo" y cuando venía a nuestra casa non hacía felíces a todos».[10]
Aveva un'attenzione particolare per le vedove e i bambini orfani o non desiderati, che spesso venivano abbandonati nella selva. Li accoglieva, salvandoli dalla morte certa. Un giorno, uno shuar si ammalò gravemente di polmonite. Sentendosi vicino alla morte, chiese il battesimo. Alla sua morte, suor Maria accolse la vedova e i suoi cinque figli nella missione, collocando le femmine e i maschi nei rispettivi internati. Così tutta la famiglia visse nella missione, educando cristianamente i bambini.[11]
Un giorno fu portato a Suor Maria un piccolo, nato mentre la mamma moriva avvelenata per una vendetta. La sorellina aveva avvolto il neonato in un cencio ed era corsa a portarlo alla missione. Le due creature da quel momento furono di "Madre Maria", che divenne anche loro madrina di battesimo. Il piccolo José María, diventato grande, disse che non ricordava nessuno nella sua vita, ma solo suor Maria, che per lui era stata una vera madre. Verso questo orfano la nostra Beata aveva un atteggiamento di grande comprensione. Quando José María si ubriacava, tornava subito a scusarsi. La nostra Beata lo perdonava, ma aggiungeva parole di correzione, per indurlo a una vita onesta e buona. E José María diventò un buon padre di famiglia.[12]
Un atteggiamento profondamente protettivo aveva verso tutti gli Shuar, da lei affettuosamente chiamati mis jibaritos. La signora Teresa Shiki Na Ikaimp, shuar come il marito, testimonia: «Sor María era muy bondadosa, caritativa y muy sacrificada por los shuar, especialmente por los niños y niñas. Ella, a nosotras internas, siempre nos inculcava ser buenas, conocer a Dios y prepararnos para la vida. Ser buenas cristianas y madres ejemplares en el hogar».[13]
Con l’ammirevole apostolato della Beata e delle altre Consorelle verso i nativi, la missione salesiana ha potuto presentare all'Ecuador e al mondo intero una serie di meravigliose realizzazioni, e alla Chiesa un popolo pieno di vita cristiana.[14]
6. Non tutto era semplice e facile per la nostra Beata. Un giorno un capo shuar aveva portato alla missione la sua giovane figlia, in fin di vita per un’infezione tetanica. Nonostante le cure, la giovane era morta. Appresa la notizia, il jefe shuar si recò da Suor Maria, intenzionato ad ucciderla, se non gli restituiva la figlia viva. Era accompagnato da tutto il clan, pronto al massacro. Dopo aver lungamente pregato, suor Maria si presenta al grande capo, dicendogli con semplicità e fermezza: «Mátame, si quieres, pero yo no te puedo devolver a tu hija, porque ni yo, ni tú somos los dueños de la vida de ella. Dios es el dueño y Él se la llevó y ahora ella está gozando de Él, porque era buena y pura».[15] A poco a poco gli animi si calmarono, il capo chiese perdono e tutti parteciparono alla sepoltura cristiana della giovane.
Suor Maria, animata dalla grazia, diventò una infaticabile messaggera del Vangelo, esperta in umanità e conoscitrice profonda del cuore umano. Condivideva le gioie e le speranze, le difficoltà e le tristezze dei suoi fratelli, grandi e piccoli. Riusciva a trasformare la preghiera in zelo apostolico e in servizio concreto al prossimo. Prima della costruzione dell'ospedale di Sucúa, suor Maria era l'unico medico della zona. Confidando nella provvidenza divina, accudiva a tutti, salvando miracolosamente molti dalle punture di animali velenosi. Soleva dire: «Io vi do le medicine, ma chi vi ottiene la guarigone è Maria Ausiliatrice».[16] Quando finalmente giunse un medico, lo incoraggiava a eseguire operazioni anche difficili dicendo: mentre lei opera, io vado a pregare.
Forse conviene notare che Suor Maria non era una praticona superficiale, perché era stata per molti anni brava infermiera. Durante la prima guerra mondiale, nell'ospedale militare di Varazze, aveva aiutato a prestare assistenza ai molti soldati che lì giungevano gravemente feriti. Imparò così a intervenire con tutti i mezzi della preghiera e della scienza, per evitare il più possibile la morte di quei giovani. Esperienze mediche aveva accumulato in Italia e in Ecuador, sia a Guayaquil sia a Sucúa, collaborando con un medico di origine ebraica, il dottor Ottolenghi, sfuggito dall'Europa nazista. Nella missione, mancando di vaccini antiveleno, Suor Maria apprese dai guaritori indigeni a utilizzare le erbe per i casi di avvelenamento.
7. Questo insieme di virtù e di zelo proveniva dalla sua vocazione di Figlia di Maria Ausiliatrice. Suor Maria aveva ben assimilato quello che Don Bosco chiamava lo spirito di Mornese e cioè: «Vita di preghiera, lavoro, umiltà, nascondimento e sacrificio, solo per Dio e per le anime, ad imitazione della Madre celeste».[17]
Eccelleva in una caratteristica abituale per i salesiani e per le figlie di Maria Ausiliatrice: il lavoro. Don Bosco soleva dire: «Figlioli, non vi raccomando penitenze e discipline, ma lavoro, lavoro, lavoro».[18] Suor Maria lavorava 16-17 ore al giorno.[19] Una testimone, la signora Laura Alvarado, rileva che, ora sono le infermiere ad assistere di notte agli ammalati, allora era suor Maria: «Se oían sus pasítos: "Ya viene sor María", decíamos... Trabajaba de día y de noche».[20]
Suor Maria ricordava bene l'assicurazione che Don Bosco faceva ai suoi collaboratori, quando prometteva, con profetica semplicità, di dare a tutti «pane, lavoro e paradiso».[21]
Suor Maria era modello di laboriosità missionaria anche per i salesiani, ai quali infondeva coraggio, entusiasmo, zelo, spirito di sacrificio e anche desiderio di santità.
8. E noi, cari fedeli, cosa possiamo imparare da questa Beata, così zelante e buona? Molto. Il Santo Padre, Benedetto XVI, nella sua Lettera Apostolica chiama Maria, Suora professa della Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice, infaticabile missionaria in terra amazzonica, fedele testimone della misericordia divina e impavida operatrice di riconciliazione e di pace.
Sono messaggi di grande attualità per tutti. Come consacrata, Suor Maria ci ricorda che ancora oggi il Signore chiama i giovani a donare la propria vita con cuore indiviso a lui e al suo regno di amore e di pace. Ancora oggi, la Chiesa ha bisogno di vocazioni alla vita consacrata e missionaria.
Come Salesiana, la nostra Beata ricorda alle Consorelle di vivere in pieno il carisma proprio dell'educazione della gioventù, spendendo per la salvezza delle anime tutte le proprie energie spirituali e fisiche, anche lasciando la propria patria e recandosi là dove c’è più bisogno della loro opera apostolica.
Come missionaria, suor Maria richiama il grande dovere di tutti i battezzati di essere intrepidi evangelizzatori e araldi di Cristo nel mondo. Piena di fede e di carità, Ella venne in questa nobile nazione, dove fu accolta con fraternità e gentilezza. L'Ecuador diventò così la sua nuova patria. Qui ella si consumò letteralmente per amore dei fratelli più piccoli, più poveri, più bisognosi, più emarginati.
Dal cielo, la Beata Madre Maria Troncatti continua a vegliare sulla vostra patria e sulle vostre famiglie. Continuiamo a chiedere la sua intercessione, per vivere nella fraternità, nella concordia e nella pace. Rivolgiamoci con fiducia a lei, affinché assista gli ammalati, consoli i sofferenti, illumini i genitori nell’educazione cristiana dei bambini, porti armonia nelle famiglie.
Cari fedeli, come lo fu sulla terra, così dal cielo la Beata Maria Troncatti continuerà a essere la nostra Buona Madre.
Amen.
Macas (Ecuador), 24 novembre 2012
Angelo Card. Amato, SDB
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[2] Maria Troncatti nacque il 16 febbraio 1883 a Còrteno (Brescia, Italia). Nel 1905 entra tra le Figlie di Maria Ausiliatrice e nel 1922 fu inviata come missionaria in Ecuador. Nella selva trascorse quasi tutta la sua vita, con una parentesi di quattro anni, tra il 1934 e il 1938, a Guayaquil. Morì in un incidente aereo il 25 agosto 1969, all'età di 86 anni. La fama di santità, già presente in vita, si diffuse ancora di più dopo la sua morte unita a una grande fama di segni, di grazie e di miracoli.
[3] Giovanni Paolo II, Es. post. Ecclesia in America (1999), n. 15.
[4] Summarium p. 119, § 355.
[5] Summarium p. 107, § 299.
[6] Summarium p. 123, § 374.
[7] Summarium p. 132, § 418.
[8] Summarium p. 34, § 13.
[9] Summarium p. 45-46, § 56-57.
[10] Summarium p. 203, § 739.
[11] Summarium p. 78-79, § 182-186.
[12] Informatio super virtutibus, p. 319.
[13] Summarium p. 116, § 344.
[14] Informatio super virtutibus, p. 320s.
[15] Summarium p. 162, § 559.
[16] Summarium p. 64, § 126.
[17] Memorie Biografiche, vol. XIV, p. 257.
[18] Memorie Biografiche, vol. X, p. 283.
[19] Summarium p. 256, § 990; p. 259, § 998.
[20] Summarium p. 112, § 325.
[21] Memorie Biografiche, vol. XVIII, p. 419.