Martiri Spagnoli Benedettini

Martiri Spagnoli Benedettini

(†1936)

Beatificazione:

- 29 ottobre 2016

- Papa  Francesco

Ricorrenza:

- Celebrazoni singole

José Antón Gómez e 3 compagni, sacerdoti professi dell’Ordine di san Benedetto (†1936), martiri, uccisi in Spagna nel secolo scorso, durante la persecuzione contro la Chiesa.

  • Biografia
  • il martirio
  • da l'osservatore romano
Martiri benedettini

 

Quattro monaci benedettini che hanno fatto dell’ora et labora il loro ideale di vita. Vivevano nel priorato di Nostra Signora di Montserrat a Madrid.

Ebbero la sorte di trovarsi in quel luogo quando la violenza della guerra civile del 1936 iniziò ad accanirsi contro i religiosi e i sacerdoti. L’unica colpa che attribuita loro fu quella di seguire Cristo alla scuola di san Benedetto e di essere sacerdoti.

Si chiamavano José Antón Gómez (1891-1936), Antolín Pablos Villanueva (1871-1936), Juan Rafael Mariano Alcocer Martínez (1889-1936), Luis Vidaurrázaga Gonzáles (1901-1936).

1. – Giuseppe Antón Gómez nacque il 26 agosto 1878 a Hacinas (Burgos, Spagna). Nel 1891 entrò nella scuola dei Benedettini di Santo Domingo de Silos a Madrid e, cinque anni dopo, vestì l’abito religioso. Emise la professione solenne il 20 ottobre 1900 e fu ordinato sacerdote il 31 agosto 1902. Esercitò diversi ministeri, tra i quali Direttore degli Oblati e della Revista Eclesiástica, Bibliotecario, Consigliere, Visitatore dei Monasteri in Messico. L’8 settembre 1919 fu nominato Superiore della comunità di Silos, dedicandosi anche alla celebrazione del Sacramento della Riconciliazione e alla direzione delle anime. Era un religioso pio, gentile e compassionevole. Costretto ad abbandonare la sua Comunità, trovò rifugio presso una famiglia amica. Scoperto, fu arrestato dai miliziani e venne fucilato a Fomento (Spagna) il 25 settembre 1936.

2. – Antolino Paolo Villanueva nacque a Lerma (Burgos, Spagna) il 2 settembre 1871. Nel 1884 entrò come oblato nell’Abbazia di Silos e lì cominciò i suoi studi. Emise la professione solenne il 3 gennaio 1894 e il 19 settembre 1896 venne ordinato sacerdote. Negli anni 1898-1901 studiò paleografia presso l’École Nationale des Chartes di Parigi. Nel 1901 fu inviato in Messico per una nuova fondazione. Rimpatriato nel 1904, ritornò in Messico nel 1909, in qualità di Superiore della Casa San Rafael. Espulso dal Paese a causa della persecuzione religiosa, fece definitivamente ritorno a Silos nel 1919. Al dissolversi della Comunità, venne ospitato da conoscenti. Riconosciuto, fu imprigionato dai miliziani e, dopo un mese di carcere, venne fucilato l’8 novembre 1936 nei pressi di Madrid (Spagna).

3. – Giovanni Raffaele Mariano Alcocer Martínez nacque a Madrid (Spagna) il 29 ottobre 1889. Iniziato il noviziato nel 1910, dovette interromperlo per svolgere il servizio militare. Rientrato a Silos, il 9 maggio 1918 emise i voti solenni e il 25 agosto dello stesso anno fu ordinato sacerdote. Fu destinato dapprima al Monastero di S. Maria de Cogullada (Zaragoza) e, poi, al Monastero Nostra Signora di Montserrat di Madrid, ove si distinse nella predicazione. Il 30 settembre 1936 venne arrestato e, condotto nel carcere di Ferraz (Madrid), fu ucciso il 4 ottobre successivo.

4. – Luigi Eulogio Vidaurrázaga González nacque a Bilbao (Spagna) il 13 settembre 1901. Nel 1914 fu accolto nel Monastero di Silos, ove emise i voti solenni il 15 settembre 1922. Ordinato sacerdote il 19 dicembre 1925. Nel 1928. Venne destinato dapprima al Monastero di S. Maria del Cogullada (Zaragoza) e, poi, al Monastero Nostra Signora di Montserrat di Madrid. Rifugiatosi in casa di conoscenti, il 31 dicembre 1936 venne scoperto dai miliziani, identificato come monaco benedettino e immediatamente fucilato. 

     La voce dei Servi di Dio Giuseppe Antón Gómez e Compagni, Benedettini di Madrid, si unisce al cantico di lode che i redenti nell’eternità innalzano al Signore e il loro sangue, effuso in comunione con l’Agnello immolato, diventa sorgente di speranza e di riscatto per coloro che sono vittime di violenza e di ingiustizia.

     La loro vicenda martiriale si iscrive a pieno titolo nel glorioso elenco di quanti, prima e durante la guerra civile spagnola (1936-1939), subirono una morte violenta pur di affermare la loro fedeltà a Cristo e alla Chiesa di fronte al tiranno. In quel terribile contesto, nonostante le proteste dei cattolici e le loro richieste di libertà religiosa, le truppe miliziane invadevano città e paesi, commettendo indicibili soprusi contro le popolazioni, profanando e distruggendo chiese, immagini e suppellettili sacre (non di rado di straordinario valore culturale e artistico), imprigionando e assassinando sacerdoti, religiosi e laici. Numerose furono le vittime del terrore anticristiano, che giunse al culmine nell’estate del 1936, con una media di settanta vittime al giorno. 

 

249Q06G1 29/10/2016

A Madrid la beatificazione di quattro monaci

Martiri benedettini

 

Quattro monaci benedettini che hanno fatto dell’ora et labora il loro ideale di vita. Vivevano nel priorato di Nostra Signora di Montserrat a Madrid. Ebbero la sorte di trovarsi in quel luogo quando la violenza della guerra civile del 1936 iniziò ad accanirsi contro i religiosi e i sacerdoti. L’unica colpa che fu attribuita a loro fu quella di seguire Cristo alla scuola di san Benedetto e di essere sacerdoti. Si chiamavano José Antón Gómez (1891-1936), Antolín Pablos Villanueva (1871-1936), Juan Rafael Mariano Alcocer Martínez (1889-1936), Luis Vidaurrázaga Gonzáles (1901-1936). Vengono beatificati sabato mattina, 29 ottobre, nella cattedrale madrilena dell’Almudena, dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, in rappresentanza di Papa Francesco.

Nato a Hacinas il 26 agosto 1878, José Antón Gómez entrò da piccolo come oblato nella comunità della vicina abbazia di Santo Domingo de Silos, dove professò come monaco benedettino il 21 novembre 1896. Venne ordinato sacerdote a Silos, dal vescovo di Osma, il 31 agosto 1902. Nonostante non avesse compiuto gli studi universitari, conosceva molte lingue e aveva l’incarico di professore in materia umaniste e di direttore dei bambini oblati. Nel 1919 venne inviato nel nuovo priorato di Nostra Signora di Montserrat, in via San Bernardo a Madrid, priorato che dipendeva da Silos. Venne nominato anche superiore della comunità, che allora contava sette membri. In quel periodo, si occupò della catalogazione della biblioteca Zabálburu e svolse altri lavori intellettuali.

Allo scoppio della guerra civile nel 1936, sciolse la comunità e si rifugiò in casa di alcuni amici. Estraneo alla politica e di carattere tranquillo, continuò a frequentare i luoghi abituali del suo lavoro. Scoperto il suo stato di monaco e sacerdote, venne condotto in un carcere clandestino e fucilato in odium fidei all’alba del 25 settembre 1936. Sepolte nel cimitero del Sud, al termine della guerra le sue spoglie, insieme con quelle di altri monaci, vennero traslate nel cimitero dell’Almudena, da dove nel 1960 passarono al priorato di Montserrat.

Antolín Pablos Villanueva era originario di Villa de Lerma, in provincia di Burgos, dove nacque il 2 settembre 1871. Entrò nell’abbazia di Silos a tredici anni come oblato. Emise la professione monastica l’11 settembre 1890 e venne ordinato sacerdote il 19 settembre 1896. Venne inviato a Parigi per seguire il corso di studi in storia e diplomazia, e nel 1902 trasferito nella casa dipendente dall’abbazia di Silos in Messico. Rifugiatosi nella isola di Pinos, a Cuba, durante la persecuzione religiosa del 1914, tornò in Spagna nel 1919. Da allora rimase nel priorato di Montserrat. Come gli altri monaci, all’inizio della guerra civile venne arrestato e condotto nel carcere di Modelo. Fu fucilato l’8 novembre 1936 nel Soto di Aldovea, a San Fernando de Henares (Madrid), insieme ad altri prigionieri.

Juan Rafael Mariano Alcocer Martínez nacque a Madrid il 29 ottobre 1889 e venne battezzato nella parrocchia di San Sebastián, nel quartiere di Atocha. A venti anni entrò nel noviziato dell’abbazia di Silos. Dopo gli studi dovette prestare servizio militare a Ceuta e rientrato a Silos emise la professione monastica il 6 aprile 1915. Venne ordinato sacerdote a Burgos il 25 agosto 1918. Era laureato in lettere e filosofia. Godeva fama di buon oratore ed era conosciuto per una discreta produzione letteraria. Dal 1926 risiedeva nel priorato di Montserrat. Scoppiata la guerra civile e dispersa la comunità, cercò rifugio in casa di un amico librario. Scoperto e condotto all’ateneo Libertario il 4 ottobre 1936 venne fucilato nella Cuesta della Elipa.

Luis Vidaurrázaga Gonzáles nacque a Bilbao il 13 settembre 1901. La prematura morte di suo padre lasciò la famiglia piuttosto disagiata. Entrò come oblato nell’abbazia di Silos a dodici anni. Emise la professione monastica il 15 settembre 1919. Venne ordinato sacerdote a Burgos dal vescovo ausiliare monsignor Jaime Viladrich il 19 dicembre 1925. Destinato al monastero di Santa María de Cogullada a Zaragoza, nel 1928 venne trasferito a Madrid. Incarcerato nei primi mesi della guerra civile, venne prima rilasciato, ma poi ripreso e fucilato vicino al ruscello dell’Elipa il 31 dicembre 1936.

 

 

250Q07U1 30/10/2016

Beatificati a Madrid quattro monaci benedettini martiri della guerra civile spagnola

Chi non ha paura della santità

 

Un parallelo tra l’anziano sacerdote francese Jacques Hamel, ucciso tre mesi fa a Rouen, e i martiri benedettini della guerra civile spagnola è stato proposto dal cardinale Angelo Amato durante la cerimonia di beatificazione di questi ultimi, presieduta in rappresentanza del Papa sabato mattina, 29 ottobre, a Madrid.

«I nuovi beati non ebbero paura della santità a cui li chiamava ogni giorno la vocazione benedettina mediante la preghiera, il lavoro e il sacrificio», ha detto il prefetto della Congregazione delle cause dei santi, ricordando come anche Hamel anelasse «con tutto il cuore alla santità». Essa, diceva, «è un dono di Dio. È lui a renderci santi. Non abbiamo paura della santità». E come lui che «non ha avuto paura della santità e non ha avuto paura del martirio», anche José Antonio Gómez, Antolín Pablos, Rafael Alcocer e Luis Vidaurrázaga «affrontarono il dono della vita come suprema testimonianza di fede». Del resto, ha fatto notare il porporato, i quattro «avevano ben presenti le raccomandazioni della Regola benedettina che dice: “Non rendere male per male. Non fare torti a nessuno, ma sopportare pazientemente quelli che vengono fatti a noi; amare i nemici, non ricambiare le ingiurie e le calunnie, piuttosto rispondere con la benevolenza verso i nostri offensori, sopportare persecuzioni per la giustizia”». E così fecero: «Non si ribellarono ai loro carnefici. Erano consapevoli del pericolo che stavano correndo. Furono fucilati nella loro patria, da spagnoli come loro; uccisi a sangue freddo, non perché erano malfattori, ma perché erano sacerdoti».

Proseguendo nella rievocazione delle ultime ore di vita dei quattro monaci, il cardinale Amato ha ricordato che padre Antolín, il quale «nel 1918 era già sfuggito alla persecuzione messicana, fu catturato e condotto al supplizio con altre quattrocentotrenta persone» e «morì gridando: “Viva Cristo re!”».

Viene allora naturale domandarsi come sia stato possibile che uomini mansueti, inermi e innocenti siano stati brutalmente maltrattati e barbaramente uccisi. La risposta del prefetto della Congregazione delle cause dei santi è stata individuata nel clima socio-politico degli anni Trenta dello scorso secolo in Spagna, clima «caratterizzato da una manifestazione senza precedenti di terrore contro la Chiesa cattolica», una «persecuzione cruenta, che incendiò, profanò e distrusse chiese, monasteri, monumenti e tesori artistici inestimabili». E che nel ciclone rivoluzionario finì col travolgere «le persone — vescovi, sacerdoti, religiosi e laici — che andavano uccise e annientate senza lasciare tracce, con o senza processi sommari».

Al punto che, ha spiegato il celebrante, «con gli occhi della fede» è possibile vedere «in quell’orrore la momentanea supremazia del regno del male, fatto di odio e di conflitti, sul regno di Dio, che è regno di pace, giustizia e amore»; anzi «il nemico di Dio per breve tempo riuscì a dispiegare la sua fredda ala di morte e di ostilità fratricida, bagnando di sangue innocente questa terra benedetta da martiri, santi e missionari. Non si può spiegare altrimenti l’accecamento dei carnefici, che sembravano aver sostituito il cuore di carne con un cuore di pietra, pieno di rancore, di morte, divenendo lupi sanguinari alla caccia di agnelli innocenti». Ma — ha chiarito il cardinale Amato — «la Chiesa riapre questa tragica pagina della storia» «perché vuole conservare la memoria dei giusti, il ricordo della loro testimonianza del bene e non dell’ingiustizia subita».

Del resto, i «quattro monaci erano di fatto persone buone e mansuete»: José Antón Gómez «era una persona sorridente, acuta, colta, che si prodigava per gli altri». Antolín Pablos «era monaco nella cella, nel confessionale e nella biblioteca. Come missionario in Messico, era miracolosamente sfuggito alla persecuzione iniziata lì nel 1914». Il madrileno Rafael Alcocer «colto e amante della liturgia» viene ricordato come «un oratore e uno scrittore brillante», così come «Luis Vidaurrázaga, il più giovane del gruppo», che era di carattere nobile e sincero: «stimato predicatore, era soprattutto un apostolo dell’Eucaristia». La loro testimonianza è oggi un invito per «tutti, credenti e non credenti — ha concluso il porporato — a non ripetere più questa storia di orrore e di morte». Al contrario occorre «creare ogni giorno gesti di vita, opportunità di incontro, atteggiamenti di accoglienza e di comprensione» alimentati dal perdono e dalla fraternità.