Padre Carlo di S. Andrea
(1821-1893)
- 5 gennaio
Sacerdote professo della Congregazione della Passione (Passionisti), zelante ministro del sacramento della Penitenza
Padre Carlo di S. Andrea, al secolo Johannes Andreas Houben, nacque l'11 dicembre 1821 a Munstergeleen, nella diocesi di Ruremond (Olanda) dal benestante mugnaio della zona, Pietro Giuseppe e da Giovanna Elisabetta Luyten, quarto di dieci figli. Battezzato lo stesso giorno col nome di Giovanni Andrea, devoto e riservato per natura, sin da bambino manifestò il desiderio di darsi al sacerdozio. Si accostò alla prima comunione il 26 aprile 1835 e ricevette il sacramento della confermazione il 28 giugno dello stesso anno. Iniziò gli studi classici a Sittard, proseguendoli a Broeksittard, fino a quando dovette interromperli nel 1840 per il servizio militare. Fu proprio in caserma di Bergen-op-Zoom, nel 1841, che attraverso un commilitone, fratello di un religioso passionista, sentì parlare per la prima volta della Congregazione della Passione.
Dopo il congedo, completati gli studi, attratto da quella spiritualità, chiese di essere ammesso tra i Passionisti. La sua domanda fu accolta dal Beato Domenico Barberi e, entrato in noviziato ad Ere, presso Tournai il 5 novembre 1845, in dicembre indossa l'abito della Passione, prendendo il nome religioso di Carlo di S. Andrea. Espletato l'anno canonico di noviziato, emise la professione dei voti il 10 dicembre dell'anno seguente. Dopo aver espletato gli studi filosofici e teologici, il 21 dicembre 1850, alla conclusione degli studi, fu infine ordinato presbitero da mons. Labis, Vescovo di Tournai.
Subito dopo fu inviato in Inghilterra, dove i Passionisti avevano fondato tre conventi e qui esercitò per qualche tempo l'incarico di vicemaestro dei novizi a Broadway ed il comune ministero sacerdotale, sia nella parrocchia di S. Wilfrido che nel circondario, finché nel 1856 fu trasferito nel nuovo convento di Mount Argus, presso Dublino.
San Carlo Houben, visse quasi tutto il resto della sua vita in questo ritiro e dagli irlandesi fu molto amato, così da essere chiamato dal popolo egli, olandese - Padre Carlo di Mount Argus.
Fu sacerdote di particolare pietà; particolarmente si distinse nell'esercizio dell'obbedienza, nella pratica della povertà, dell'umiltà e della semplicità, e ancor più nella devozione alla Passione del Signore. Portava sempre in mano un piccolo crocifisso per non distogliersi dalla contemplazione della Passione ed era molto fervente nella celebrazione della S. Messa, che spesso prolungava oltre il solito.
Per la sua imperfetta conoscenza della lingua inglese, non fu mai un predicatore formale, né compì missioni, ma si dedicò particolarmente e con efficacia alla direzione spirituale delle anime attraverso la confessione.
La fama delle sue virtù attirò ben presto al convento un gran numero di fedeli che chiedevano la sua benedizione. In un'occasione, mentre egli visitava una parrocchia di campagna, i malati furono trasportati fuori delle case e allineati lungo la strada per essere da lui benedetti. Molte volte egli fu chiamato a benedire i malati ed esistono attendibili testimonianze di guarigioni sorprendenti, tanto da creargli una fama di taumaturgo.
Proprio a causa di tale fama, diffusa in tutto il Regno Unito e giunta anche in America ed Australia, per dargli un poco di tranquillità, fu trasferito nel 1866 in Inghilterra, dove dimorò nei conventi di Broadway, Sutton e Londra; vi condusse l'apostolato di sempre, assediato dentro e fuori il Ritiro dai fedeli sia cattolici che d'altre confessioni.
Tornò a Dublino nel 1874, per restarvi sino alla morte. Verso il 1880, la sua salute cominciò a declinare, anche a causa della vita austera e delle penitenze che seguiva, ma non lo si udì mai lamentarsi dei suoi mali. Il 12 aprile del 1881, la carrozza su cui viaggiava subisce un incidente e si frattura il piede destro e l'anca: non guarirà mai completamente; sopraggiunge la cancrena. Il 9 dicembre dell'anno seguente deve mettersi a letto, e dopo atroci sofferenze vissute in silenzio ed offerte al Crocifisso, all'alba del 5 gennaio 1893.
Durante i suoi solennissimi funerali con gente da tutta l'Irlanda, si ebbe una chiara prova della devozione popolare che lo aveva circondato in vita. Un giornale del tempo scriveva: "Mai prima d'oggi a memoria d'uomo si è verificata un'esplosione di sentimento religioso e di venerazione profonda come quella che si è potuta osservare intorno alle spoglie di padre Carlo". Il superiore del Ritiro scrisse invece ai familiari: "Il popolo lo ha già dichiarato santo".
La causa di Canonizzazione fu introdotta il 13 novembre 1935, ed il 16 ottobre 1988 il S. Padre Giovanni Paolo II procedette alla Beatificazione di colui che tutti chiamavano il santo di Mount Argus.
CAPPELLA PAPALE PER LA CANONIZZAZIONE DEI BEATI:
GIORGIO PRECA,
SZYMON Z LIPNICY,
KAREL VAN SINT ANDRIES HOUBEN,
MARIE EUGÉNIE DE JÉSUS MILLERET
OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
Piazza San Pietro
Solennità della Santissima Trinità
Domenica, 3 giugno 2007
Cari fratelli e sorelle,
celebriamo oggi la solennità della Santissima Trinità. Dopo il tempo pasquale, dopo aver rivissuto l’avvenimento della Pentecoste, che rinnova il battesimo della Chiesa nello Spirito Santo, volgiamo per così dire lo sguardo verso “i cieli aperti” per entrare con gli occhi della fede nelle profondità del mistero di Dio, Uno nella sostanza e Trino nelle persone: Padre e Figlio e Spirito Santo. Mentre ci lasciamo avvolgere da questo sommo mistero, ammiriamo la gloria di Dio, che si riflette nella vita dei Santi; la contempliamo soprattutto in quelli che poc’anzi ho proposto alla venerazione della Chiesa universale: Giorgio Preca, Szymon di Lipnica, Karel van Sint Andries Houben e Marie Eugénie de Jésus Milleret. A tutti i pellegrini, qui convenuti per rendere omaggio a questi testimoni esemplari del Vangelo, rivolgo il mio cordiale saluto. Saluto, in particolare, i Signori Cardinali, i Signori Presidenti delle Filippine, di Irlanda, di Malta e di Polonia, i venerati Fratelli nell’Episcopato, le Delegazioni governative e le altre Autorità civili, che prendono parte a questa celebrazione.
Nella prima Lettura, tratta dal Libro dei Proverbi, entra in scena la Sapienza, che sta al fianco di Dio come assistente, come “architetto” (8,30). Stupenda è la “panoramica” sul cosmo osservato con i suoi occhi. La Sapienza stessa confessa: “Mi ricreavo sul globo terrestre, / ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo” (8,31). E’ in mezzo agli esseri umani che essa ama dimorare, perché in essi riconosce l’immagine e la somiglianza del Creatore. Questa relazione preferenziale della Sapienza con gli uomini fa pensare ad un celebre passo di un altro libro sapienziale, il Libro della Sapienza: “La sapienza – vi leggiamo – è un’emanazione della potenza di Dio /… Pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova / e attraverso le età entrando nelle anime sante, / forma amici di Dio e profeti” (Sap 7,25-27). Quest’ultima suggestiva espressione invita a considerare la multiforme e inesauribile manifestazione della santità nel popolo di Dio lungo i secoli. La Sapienza di Dio si manifesta nel cosmo, nella varietà e bellezza dei suoi elementi, ma i suoi capolavori, dove realmente appare molto più la sua bellezza e la sua grandezza, sono i santi.
Nel brano della Lettera dell’apostolo Paolo ai Romani troviamo un’immagine simile: quella dell’amore di Dio “riversato nei cuori” dei santi, cioè dei battezzati, “per mezzo dello Spirito Santo” che è stato loro donato (cfr Rm 5,5). E’ attraverso Cristo che passa il dono dello Spirito, “Persona-amore, Persona-dono”, come l’ha definito il Servo di Dio Giovanni Paolo II (Enc. Dominum et vivificantem, 10). Per mezzo di Cristo, lo Spirito di Dio giunge a noi quale principio di vita nuova, “santa”. Lo Spirito pone l’amore di Dio nel cuore dei credenti nella forma concreta che aveva nell’uomo Gesù di Nazaret. Si realizza così quanto dice san Paolo nella Lettera ai Colossesi: “Cristo in voi, speranza della gloria” (1,27). Le “tribolazioni” non sono in contrasto con questa speranza, anzi, concorrono a realizzarla, attraverso la “pazienza” e la “virtù provata” (Rm 5,3-4): è la via di Gesù, la via della Croce.
Nella medesima prospettiva, della Sapienza di Dio incarnata in Cristo e comunicata dallo Spirito Santo, il Vangelo ci ha suggerito che Dio Padre continua a manifestare il suo disegno d’amore mediante i santi. Anche qui, accade quanto abbiamo già notato a proposito della Sapienza: lo Spirito di verità rivela il disegno di Dio nella molteplicità degli elementi del cosmo – siamo grati per questa visibilità della bellezza e della bontà di Dio negli elementi del cosmo - e lo fa soprattutto mediante le persone umane, in modo speciale mediante i santi e le sante, dove traspare con grande forza la sua luce, la sua verità, il suo amore. In effetti, “l’immagine del Dio invisibile” (Col 1,15) è propriamente solo Gesù Cristo, “il Santo e il Giusto” (At 3,14). Egli è la Sapienza incarnata, il Logos creatore che trova la sua gioia nel dimorare tra i figli dell’uomo, in mezzo ai quali ha posto la sua tenda (cfr Gv 1,14). In Lui è piaciuto a Dio riporre “ogni pienezza” (cfr Col 1,19); o, come dice Egli stesso nel brano evangelico odierno: “Tutto quello che il Padre possiede è mio” (Gv 16,15). Ogni singolo Santo partecipa della ricchezza di Cristo ripresa dal Padre e comunicata a tempo opportuno. E’ sempre la stessa santità di Gesù, è sempre Lui, il “Santo”, che lo Spirito plasma nelle “anime sante”, formando amici di Gesù e testimoni della sua santità. E Gesù vuol fare anche di noi degli amici suoi. Proprio in questo giorno apriamo il nostro cuore perché anche nella nostra vita cresca l’amicizia per Gesù, così che possiamo testimoniare la sua santità, la sua bontà e la sua verità.
Un amico di Gesù e testimone della santità che viene da Lui fu Giorgio Preca, nato a La Valletta nell’isola di Malta. Fu un sacerdote tutto dedito all’evangelizzazione: con la predicazione, con gli scritti, con la guida spirituale e l’amministrazione dei Sacramenti e prima di tutto con l’esempio della sua vita. L’espressione del Vangelo di Giovanni “Verbum caro factum est” orientò sempre la sua anima e la sua azione, e così il Signore ha potuto servirsi di lui per dar vita ad un’opera benemerita, la “Società della Dottrina Cristiana” – grazie per il vostro impegno! -, che mira ad assicurare alle parrocchie il servizio qualificato di catechisti ben preparati e generosi. Anima profondamente sacerdotale e mistica, egli si effondeva in slanci d’amore verso Dio, verso Gesù, la Vergine Maria e i Santi. Amava ripetere: “Signore Dio, quanto ti sono obbligato! Grazie, Signore Dio, e perdonami, Signore Dio!”. Una preghiera che potremmo ripetere anche noi, della quale potremmo appropriarci. San Giorgio Preca aiuti la Chiesa ad essere sempre, a Malta e nel mondo, l’eco fedele della voce del Cristo, Verbo incarnato.
Nowy święty, Szymon z Lipnicy, wielki syn ziemi polskiej i świadek Chrystusa o duchowości św. Franciszka z Asyżu, żył w odległych czasach, ale właśnie dziś jest dany Kościołowi jako aktualny wzór chrześcijanina, który – zainspirowany duchem Ewangelii – gotów jest oddać życie za braci. Tak też, przepełniony miłosierną miłością, którą czerpał z Eucharystii, nie ociągał się z niesieniem pomocy chorym dotkniętym zarazą, która i jego doprowadziła do śmierci. Dziś w sposób szczególny zawierzamy jego opiece tych, którzy cierpią z powodu ubóstwa, choroby, osamotnienia i niesprawiedliwości społecznej. Przez jego wstawiennictwo prosimy dla nas o łaskę wytrwałej, czynnej miłości do Chrystusa i do braci.
[Il novello santo, Simone da Lipnica, grande figlio della terra polacca, testimone di Cristo e seguace della spiritualità di San Francesco d’Assisi, è vissuto in epoca lontana, ma proprio oggi è proposto alla Chiesa come modello attuale di un cristiano che – animato dallo spirito del Vangelo – è pronto a dedicare la vita per i fratelli. Così, colmo della misericordia che attingeva dall’Eucaristia, non esitò a portare l’aiuto ai malati colpiti dalla peste, contraendo tale morbo che condusse alla morte anche lui. Oggi in modo particolare affidiamo alla sua protezione coloro che soffrono a causa della povertà, della malattia, della solitudine e dell’ingiustizia sociale. Tramite la sua intercessione chiediamo per noi la grazia dell’amore perseverante ed attivo, per Cristo e per i fratelli.]
“The love of God has been poured into our hearts by the Holy Spirit which has been given us.” Truly, in the case of the Passionist priest, Charles of Saint Andrew Houben, we see how that love overflowed in a life totally dedicated to the care of souls. During his many years of priestly ministry in England and Ireland, the people flocked to him to seek out his wise counsel, his compassionate care and his healing touch. In the sick and the suffering he recognized the face of the Crucified Christ, to whom he had a lifelong devotion. He drank deeply from the rivers of living water that poured forth from the side of the Pierced One, and in the power of the Spirit he bore witness before the world to the Father’s love. At the funeral of this much-loved priest, affectionately known as Father Charles of Mount Argus, his superior was moved to observe: “The people have already declared him a saint.”
["L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori dallo Spirito Santo che ci è stato dato". In verità, nel caso del sacerdote passionista, Karel van Sint Andries Houben, osserviamo come quell'amore sia stato profuso in una vita totalmente dedicata alla cura delle anime. Nel corso dei numerosi anni di ministero sacerdotale in Inghilterra e Irlanda, il popolo si recò da lui alla ricerca di consigli saggi, della sua sollecitudine compassionevole e del suo tocco taumaturgico. Nella malattia e nella sofferenza egli riconobbe il volto di Cristo crocifisso, alla cui devozione aveva dedicato la sua intera vita. Attinse in abbondanza dai torrenti di acqua viva sgorgante dal fianco del Trafitto, e con la forza dello Spirito rese testimonianza di fronte al mondo dell'amore del Padre. Durante le esequie di questo sacerdote molto amato, chiamato affettuosamente Padre Charles di Mount Argus, il suo Superiore osservò: "La gente lo ha già dichiarato santo".]
Marie-Eugénie Milleret nous rappelle tout d’abord l’importance de l’Eucharistie dans la vie chrétienne et dans la croissance spirituelle. En effet, comme elle le souligne elle-même, sa première communion fut un temps fort, même si elle ne s’en aperçut pas complètement à ce moment-là. Le Christ, présent au plus profond de son cœur, travaillait en elle, lui laissant le temps de marcher à son rythme, de poursuivre sa quête intérieure qui la conduirait jusqu’à se donner totalement au Seigneur dans la vie religieuse, en réponse aux appels de son temps. Elle percevait notamment l’importance de transmettre aux jeunes générations, en particulier aux jeunes filles, une formation intellectuelle, morale et spirituelle, qui ferait d’elles des adultes capables de prendre en charge la vie de leur famille, sachant apporter leur contribution à l’Église et à la société. Tout au long de sa vie elle trouva la force pour sa mission dans la vie d’oraison, associant sans cesse contemplation et action. Puisse l’exemple de sainte Marie-Eugénie inviter les hommes et les femmes d’aujourd’hui à transmettre aux jeunes les valeurs qui les aideront à devenir des adultes forts et des témoins joyeux du Ressuscité. Que les jeunes n’aient pas peur d’accueillir ces valeurs morales et spirituelles, de les vivre dans la patience et la fidélité. C’est ainsi qu’ils construiront leur personnalité et qu’ils prépareront leur avenir.
[Marie-Eugénie Milleret ci ricorda prima di tutto l'importanza dell'Eucaristia nella vita cristiana e nella crescita spirituale. In effetti, come lei stessa sottolinea, la sua Prima Comunione fu un tempo forte, anche se non se ne rese completamente conto in quel momento. Cristo, presente nel più profondo del suo cuore, operava in lei, lasciandole il tempo di procedere a suo ritmo, di continuare la sua ricerca interiore che l'avrebbe portata a donarsi totalmente al Signore nella vita religiosa, in risposta agli appelli del suo tempo. Percepiva in particolare l'importanza di trasmettere alle giovani generazioni, soprattutto alle ragazze, una formazione intellettuale, morale e spirituale, che avrebbe fatto di esse adulte capaci di occuparsi della vita della loro famiglia, sapendo apportare il proprio contributo alla Chiesa e alla società. Nel corso della sua esistenza trovò la forza per la sua missione nella vita di preghiera, associando incessantemente contemplazione e azione. Possa l'esempio di santa Marie-Eugénie invitare gli uomini e le donne di oggi a trasmettere ai giovani i valori che li aiuteranno a divenire adulti forti e testimoni gioiosi del Risorto! Che i giovani non abbiano paura di accogliere questi valori morali e spirituali, di viverli nella pazienza e nella fedeltà! È così che edificheranno la loro personalità e prepareranno il loro futuro.]
Cari fratelli e sorelle, rendiamo grazie a Dio per le meraviglie che ha compiuto nei Santi, nei quali risplende la sua gloria. Lasciamoci attrarre dai loro esempi, lasciamoci guidare dai loro insegnamenti, perché tutta la nostra esistenza diventi, come la loro, un cantico di lode a gloria della Santissima Trinità. Ci ottenga questa grazia Maria, la Regina dei Santi, e l’intercessione di questi quattro nuovi “Fratelli maggiori” che oggi con gioia veneriamo. Amen.
TRE NUOVI BEATI NEL X ANNIVERSARIO DELL’ELEZIONE AL PONTIFICATO
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Domenica, 16 ottobre 1988
1. “Signore sia su di noi la tua grazia perché in te speriamo” (Sal 33 [32], 22).
Nella liturgia di questa XXIX domenica del tempo ordinario la Chiesa prega con queste parole del salmo. Tutti noi ritroviamo in esse il contenuto della nostra preghiera personale. Che cosa può desiderare maggiormente l’uomo che sperare in Dio, nel suo dono, nell’opera della grazia che da lui proviene e compenetra tutta la vita umana, così da donarle una nuova dimensione? La dimensione voluta da Dio, la dimensione salvifica.
La Chiesa pone oggi le stesse parole del salmista sulla bocca di coloro, la cui vita e la cui opera vengono additate all’ammirazione e all’imitazione dei fedeli. Sono i nuovi beati:
- Bernardo Maria di Gesù
- Carlo di sant’Andrea
- Onorato da Biala Podlaska.
2. Essi si sono dimostrati pronti - così come gli apostoli - a bere fino in fondo il calice bevuto dal loro Maestro. Ciascuno di loro fu pronto a servire, anzi a diventare il “servo di tutti” (Mc 10, 44), guardando il Figlio dell’uomo che “non è venuto al mondo per essere servito, ma per servire” (Mc 10, 46). E, servendo, “ha dato la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10, 46).
Coloro che da oggi la Chiesa venera come beati hanno guardato con gli occhi della fede il Cristo, uomo dei dolori, così come lo ha indicato nella sua visione profetica Isaia, molti secoli prima della passione: “Disprezzato e reietto dagli uomini . . . che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima” (Is 53, 3).
“Ma al Signore è piaciuto
prostrarlo con dolori” (Is 53, 10).
Ecco la verità del venerdì santo, alla quale segue l’alba della domenica di Pasqua, poiché alla verità della crocifissione è indissolubilmente legata la innegabile verità della risurrezione:
“Quando offrirà se stesso in espiazione, / vedrà una discendenza . . .
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà
della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà la loro iniquità” (Is 53, 10-11).
3. Ciascuna di queste persone, che la Chiesa proclama oggi beati, ha vissuto profondamente il contenuto totale del mistero pasquale di Cristo.
Ha imparato a conoscere questo mistero pasquale di Cristo. Ha imparato a conoscere questo mistero mediante l’esperienza della propria fede e del proprio cuore, dell’intelletto e della volontà. Ne ha fatto la base e la sorgente del proprio ministero pasquale, della propria testimonianza, nel quotidiano impegno di “mantenere ferma la professione della fede” (cf. Eb 4, 14), per potersi accostare “con piena fiducia al trono della grazia” (Eb 4, 16).
4. Mantenne ferma la professione di fede, con esemplare fortezza e generosità, il beato Bernardo Maria Silvestrelli, quando, in un difficile e contrastato periodo storico per la vita ecclesiale di questa città di Roma, volle e seppe, nonostante le opposizioni della famiglia e le resistenze della società politica del suo tempo, dedicarsi a Dio, abbracciando la vita religiosa del passionista, cioè del fedele discepolo e devoto del Crocefisso e dell’Addolorata.
Egli ebbe fiducia nell’opera della grazia, quando i problemi della salute parvero intralciare i suoi passi. Poté scoprire, così che la ricchezza di tale grazia è in grado di aiutare chi ha fede a superare ogni ostacolo, poiché “l’occhio del Signore veglia su chi lo teme, su chi spera nella sua grazia, per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame” (Sal 33 [32], 18-19). Sorretto dalla grazia, Bernardo Maria poté, anzi, conoscere amici e fratelli molto impegnati, tra cui san Gabriele dell’Addolorata, insieme ai quali camminare sulla via della perfezione religiosa.
La Provvidenza dispose che divenisse egli stesso strumento di misericordia e di grazia, quando fu scelto per formare i giovani della sua comunità, e poi per guidare durante lunghi anni la sua Congregazione passionista, difendendola dalle insidie laicistiche del suo secolo, promuovendone lo sviluppo e confermandone i religiosi nell’ardua sequela di Cristo crocifisso, il “sommo sacerdote”, modello e maestro di ogni sacerdote, “provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato” (Eb 4, 15).
Il nuovo beato incoraggia anzitutto i religiosi della sua Congregazione a continuare con animo generoso nell’austera disciplina della vita passionista, per essere davanti al mondo, memoria vivente della passione di Cristo. A tutti i fedeli, poi, rinnova l’invito a coltivare in cuore una ferma fiducia nell’aiuto di Dio anche nei momenti difficili della vita, perché il Signore resta sempre “aiuto” e “scudo” di chi in lui confida (cf. Sal 33 [32], 20).
5. In padre Carlo di sant’Andrea, un altro sacerdote della Congregazione passionista, troviamo un fulgido esempio della potenza divina che opera per consolare, riconciliare e guarire il suo popolo attraverso il ministero dei suoi fedeli servitori. Il ministero sacerdotale del beato Carlo si svolse nel continuo servizio agli altri. La sua vita è caratterizzata dalla umile ed esemplare dedizione al servizio, che determina la vera grandezza di un discepolo. Come dice Gesù ai discepoli nel Vangelo di oggi: “Chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti” (Mc 10, 43-44).
La vera santità esercita un influsso sugli altri, un influsso che va al di là della pura spiegazione naturale. Le migliaia di persone che furono attirate a Dio attraverso la santità di padre Carlo testimoniano questa verità. La potenza della grazia di Dio che opera nel suo ministero produce molti frutti spirituali nella vita di innumerevoli persone. Lavora senza tregua in Inghilterra e in Irlanda. Nel monastero passionista del Monte Argus a Dublino egli acquistò grande fama di santità e molti vennero a lui per consultarlo e ricevere il sacramento della Penitenza. Egli perdonava i loro peccati nel nome di Cristo e li guidava a una migliore comprensione del messaggio evangelico di riconciliazione.
Fin dai primi giorni nel noviziato passionista di Ere, in Belgio, egli meditò devotamente il mistero della passione del Signore. Egli aveva sperimentato la divisione tra i cristiani nel Paese nativo, i Paesi Bassi, e giunse a vedere questa mancanza di unità dei cristiani come una partecipazione alle sofferenze del Signore. Questo si rese sempre più evidente per lui nelle parole della preghiera di Cristo al Padre alla vigilia della sua passione: “Che tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una sola cosa, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17, 21). Dopo la professione dei voti religiosi e il completamento degli studi teologici, il beato Carlo fu dapprima mandato in Inghilterra per rispondere ai bisogni spirituali dei fedeli cattolici e per lavorare per l’unità dei cristiani. Cinque anni dopo fu mandato a Dublino per aiutare la nuova fondazione dei passionisti. A Dublino gli divenne chiaro che doveva soprattutto dedicarsi al ministero della riconciliazione nel sacramento della Penitenza. Egli doveva confortare ed assistere le persone spiritualmente angustiate, e Dio fece prosperare il suo ministero facendo guarire alcuni malati che erano venuti a farsi benedire da lui. Ogni giorno doveva occuparsi delle difficoltà degli altri. In una parola, seguiva l’esempio di Gesù, venuto “non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”.
L’esempio eccezionale di padre Carlo deve servire di ispirazione a tutti i figli spirituali di san Paolo della Croce. Il suo impegno nel ministero della riconciliazione nel sacramento della Penitenza incoraggia tutti i sacerdoti a continuare a mettere questo sacramento a disposizione dei fedeli. Il suo esempio li aiuta ad avere grande fiducia nella potenza di Dio che opera nel loro ministero. Il beato Carlo richiama tutti i cristiani ad essere una sola cosa nell’unità per la quale Cristo ha pregato nell’ultima cena; egli li implora “nel nome di Cristo a lasciarsi riconciliare con Dio”.
6. Ecco colui al quale il Signore ha donato la sua grazia: religioso dedito con magnanimità e fino in fondo al suo ideale di frate minore cappuccino. Vero figlio spirituale di san Francesco. sacerdote e apostolo. Assiduo ministro del sacramento del Perdono e della Riconciliazione, il suo eroico servizio nel confessionale divenne una vera direzione spirituale. Ebbe il profondo dono di saper scoprire e mostrare le vie della vocazione divina. Era uomo di costante preghiera, particolarmente nell’adorazione del Santissimo Sacramento; immerso in Dio e ad un tempo aperto alla realtà terrena. Un testimone oculare disse che egli “camminava sempre con Dio”.
È vissuto, come è noto, in tempi difficili: tempi difficili per la patria e per la Chiesa. La Polonia aveva subito le spartizioni. Nel cosiddetto Regno di Polonia era stato proclamato, dopo l’insurrezione di gennaio, lo stato di guerra. Erano stati soppressi tutti gli ordini religiosi, ed erano rimasti soltanto alcuni monasteri, condannati praticamente a morte, perché i noviziati erano stati chiusi. Su tutti i campi della vita scolastica gravava il terrore poliziesco. Fu allora che il nostro beato formulava il principio che divenne l’ispirazione per la sua attività apostolica: “lo «stato» dei religiosi e delle religiose è un’istituzione divina, quindi non può venir meno, poiché senza di esso il Vangelo non sarebbe realizzato, perciò può e deve cambiare soltanto forma” (O. Kozminski “Notizie sulle nuove congregazioni religiose”, Kraków 1980, 45).
Egli cercava personalità eminenti e condivideva con esse la sua sollecitudine per la sorte della patria, della Chiesa e degli istituti religiosi in Polonia.
Quanto eloquente è la sua confidenza: “bisogna pregare ferventemente, il Signore vuole qualche cosa da me . . . sempre più spesso vengono a me le anime di diversi stati, istruzione, libere e chiedono di indicar loro la direzione, vogliono entrare in un convento, e soprattutto chiedono il permesso di fare i voti di castità. I conventi non ci sono. Dove e come guidare queste anime? Prima di tutto, non è lecito mandarle all’estero, poiché ciò è il frutto di questa terra; qui devono rimanere, non è lecito privare questa terra del frutto maturo e più bello che essa ha dato. Che cosa rimarrà qui quando toglieremo le anime sante, chiamate? Dio vuole qualche cosa, egli provvederà . . . Pregate anche voi perché otteniamo la luce di Dio, perché Dio riveli ciò che vuole che noi facciamo per queste anime” (J. Chodzynska “Diario”, 10-11).
Così ha pensato e operato il beato Onorato, al quale il Signore ha dato la sua grazia e che era spinto da una forza interiore. Indicava la via alla perfezione che nasceva dalla lettura del Vangelo e dalla contemplazione. Incoraggiava a rimanere nel suo ambiente e ad imitare la vita di Gesù e Maria a Nazaret, a praticare i consigli evangelici nel nascondimento, senza segni esterni. Divenne un innovatore della vita monastica e fondatore di una sua nuova forma simile agli odierni istituti laicali. Mediante le sue figlie e i suoi figli spirituali cercava di far rigenerare nella società lo spirito di zelo dei primi cristiani, e raggiungeva per il loro tramite tutti gli ambienti. Ancora oggi diciassette congregazioni, provenienti dalla cerchia della sua spiritualità, operano in diciannove Paesi sui quattro continenti. “Chi vuol essere grande tra voi - dice Cristo - si farà vostro servitore . . . e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti” (Mc 10, 43-44).
Il beato Onorato diceva: “Quotidie a Christo exeo, ad Christum eo et ad Christum redeo” (“Ogni giorno vengo da Cristo, vado a Cristo e ritorno a Cristo”).
Si è abbandonato a Cristo, sapienza incarnata, come suo schiavo, secondo le direttive di san Luigi Grignon de Montfort. Ripeteva spesso “totus tuus”. Chiedeva che Maria fosse per lui “protettrice, mediatrice, ausiliatrice, maestra delle sue prediche, consigliera per le confessioni, garante della castità, consolatrice, riparatrice”.
Il sacerdote Onorato è stato provato da numerose sofferenze fisiche e spirituali. “Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori” (Is 53, 10).
Quando ricevette la decisione della Chiesa che lo privava della direzione delle congregazioni e ne cambiava il carattere, scriveva: “lo stesso Vicario di Cristo ci ha rivelato la volontà di Dio ed eseguo quest’ordine con la fede più grande . . . Ricordate, venerabili fratelli e sorelle, che a voi si presenta l’occasione di dimostrare l’obbedienza eroica alla santa Chiesa” (O. Kozminski “Le lettere circolari alle Congregazioni”).
Ed ecco, dopo il suo intimo tormento ha visto la luce e si è saziato della sua conoscenza (cf. Is 53, 11). Oggi riceve la gloria degli altari nella Chiesa. Ci mostra come leggere “i segni dei tempi”. Come perseverare, secondo il volere di Dio, e operare nei tempi difficili. Egli insegna come risolvere, nello spirito del Vangelo, i problemi difficili e come rimediare ai bisogni umani alle soglie del terzo millennio da quando “il Figlio dell’uomo . . . è venuto non per esser servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (cf. Mc 10, 45).
7. “Signore, sia su di noi la tua grazia,
perché in te speriamo”.
Ringraziamo oggi la Santissima Trinità per quella grazia, da cui fu pervasa e guidata la vita terrena dei nuovi beati:
- Bernardo
- Carlo
- Onorato.
Ecco, essi hanno sperato in Dio. Come servi di Cristo sono diventati grandi nello Spirito.
Nell’odierno atto solenne della beatificazione lo stesso Signore “prolunga” in un certo senso i giorni della loro vita e permette loro di vedere la “discendenza”, nata dalla grazia dello Spirito Santo anche per opera del loro ministero.
E noi qui raccolti, unendoci alla santissima Genitrice di Dio, ripetiamo nella comunione dei santi la stessa preghiera del salmista:
“Signore, sia su di noi la tua grazia, perché in te speriamo”.
Che questa grazia ci aiuti a servire i fratelli, seguendo l’esempio di Cristo, il quale “non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10, 45).
Al termine della solenne concelebrazione il Santo Padre ringrazia il Cardinale Decano per la parole rivoltegli in apertura di concelebrazione.
Voglio ringraziare l’amatissimo Decano del Collegio Cardinalizio per le parole rivoltemi all’inizio della Messa. Sono tanto grato per le Sue parole. Sono tanto grato per la partecipazione di tanti miei fratelli Cardinali a questa concelebrazione. Voglio, rispondendo, rievocare solamente queste parole che ci ha insegnato Nostro Signore: “ Servi inutiles sumus ” e mi raccomando alle vostre preghiere.