Stefano Douayhy
(1630 - 1704)
- 3 maggio
Patriarca di Antiochia dei Maroniti; svolse un’intensa attività intellettuale, pubblicando importanti scritti sulla liturgia e storia maronita, sui misteri della fede cattolica, sermoni e altre opere di carattere filosofico e teologico
Il Beato Stefano Douayhy è nato a Ehden, nel nord del “Paese dei cedri”. Cresce acquisendo sin da subito nozioni di lingua araba e siriaca, insieme a una solida formazione cristiana, morale e liturgica. Genio precoce, a soli undici anni, nel 1641, viene inviato presso il collegio maronita di Roma dove, secondo il suo biografo e contemporaneo, il patriarca Semaan, Stefano «brilla tra gli allievi, come il sole tra i pianeti». Il suo percorso di studi è segnato da un particolare episodio: dopo aver appreso il latino e le scienze logiche e matematiche, viene colpito da una malattia agli occhi. Ma grazie alla sua fede e alle sue preghiere e per intercessione della Vergine Maria alla quale si rivolge, recupera la vista.
Nel 1650 consegue il dottorato in Filosofia che gli serve come solida base per gli studi teologici dove eccelle, unendo attività intellettuale e gusto mistico. Tornato in Libano, il 3 aprile 1655 inizia a insegnare ai bambini, in particolare ai poveri e agli orfani, e fonda una scuola dove insegna per cinque anni. Ordinato sacerdote il 25 marzo 1656 nel convento di Mar Sarkis-Ehden, l’anno successivo si reca ad Aleppo, in Siria. In tal modo, inaugura quello che si potrebbe chiamare “il ruolo dei maroniti” nel riconfermare l’unione delle Chiese d’Oriente con la Chiesa cattolica, dedicando anche alle altre comunità orientali l’attenzione che spetta loro.
Tra il 1658 e il 1662, Douayhy presta servizio in numerose parrocchie. Compie anche un pellegrinaggio nei luoghi santi, al ritorno del quale, l’8 maggio 1668, viene elevato all’episcopato sulla cattedra della diocesi maronita con sede a Cipro. Vi rimane fino al 1670, svolgendo la missione di buon pastore e studiando libri e documenti relativi ai maroniti. Il 20 maggio dello stesso anno, all’età di 40 anni, viene eletto alla sede di Antiochia come patriarca e confermato da Papa Clemente x l’8 agosto 1672.
Seguono anni difficili, dovuti alla dominazione degli Ottomani. Douayhy stesso evoca queste vessazioni in una lettera di congratulazioni inviata a Papa Innocenzo xi in occasione della sua elezione, l’8 settembre 1679: «Molti villaggi sono stati svuotati — scrive —, alcuni monasteri incendiati, le chiese abbandonate, un gran numero di persone è stato ucciso e il resto disperso tra le nazioni straniere a causa del cambio di governatori e della loro tirannia. Ma i disegni del Creatore sono sfuggenti, e qualunque cosa ci accada, lo riceveremo con piacere».
Il 3 maggio 1704, il Patriarca Stefano Douayhy muore a Kanoubin. La sua figura viene ricordata soprattutto per l’esemplarità della condotta e per l’umiltà. Ha certamente brillato nelle “dispute” accademiche, ma ciò non gli ha impedito di rispettare gli altri intorno a sé e di ascoltarli con attenzione. Non ha sollecitato onori e lodi, ma ha adottato volontariamente l’isolamento monastico, dedicandosi all’insegnamento dei bambini. La sua umiltà, manifestata anche sulla cattedra patriarcale, non risulta in lui dalla debolezza; al contrario, è forte e coraggioso quando si tratta di tutelare i diritti della comunità. Sin dall’infanzia, pratica esercizi penitenziali e nell’arco dell’intera vita non mangia carne e non assaggia primizie dei nuovi frutti, alzandosi da tavola prim’ancora di sentirsi sazio: «Non vuoi che mortifichiamo un po’ il corpo per guadagnare qualcosa utile alle nostre anime?» afferma.
Con uno stile di vita sobrio e improntato alla povertà, testimonia una virtù che ha profondamente segnato i maroniti: l’ascesi, il distacco dalle ricchezze vane ed illusorie per cercare la ricchezza vera, autentica e profonda. Egli rinuncia a tutto, tranne che a Dio e ai diritti della comunità.
Studioso, storico, teologo e liturgista, compie ricerche sistematiche di documenti e manoscritti nelle biblioteche, pratica l’insegnamento come missione, si dedica all’Ordine Libanese Maronita (fondato nel 1695) per fornire alla comunità guide spirituali esemplari con la loro testimonianza.
Autore prolifico, rivede e corregge la maggior parte dei libri liturgici maroniti avendo cura di esaminarne l’autenticità e di assicurarne la fedeltà al patrimonio maronita e alla verità cattolica. Compone un’imponente Storia maronita, oltre a numerosi manoscritti del libro dell’Ordo, supervisionando la correzione del rito di consacrazione delle chiese e raccogliendo un volume intitolato Libro delle preghiere. Tra le sue grandi realizzazioni liturgiche e teologiche, si ricorda il libro dei Dieci candelabri o Candelabri dei santuari, dove la storia si intreccia con la teologia e la liturgia, confrontando i patrimoni delle diverse comunità in Oriente e in Occidente.
Il decreto sull’eroicità delle virtù venne promulgato il 3 luglio 2008.
Per la beatificazione di Stefano Douayhy, la Postulazione della Causa ha presentato all’esame del Dicastero l’asserita guarigione miracolosa, attribuita alla sua intercessione, di una signora da “poliartrite reumatica, sieronegativa”. Nata nel 1958, sposata e madre di tre figli, nel 2010, la sanata cominciò ad avvertire una sintomatologia dolorosa accompagnata da stanchezza e difficoltà nei movimenti. Accertamenti clinici e strumentali rilevarono un’importante poliartralgia con grave limitazione funzionale. Intanto le sue condizioni peggioravano. Nel 2012 fu visitata dal Direttore del dipartimento di reumatologia dell’ospedale universitario Hôtel Dieu de France che confermò la diagnosi di “poliartrite sieronegativa”. Le fu prescritta una nuova terapia farmacologica ma Rosette, stanca di tante visite mediche che non avevano portato alcun giovamento, decise di sospendere ogni cura. Il 7 settembre 2013, viste le sue condizioni disperate, fu portata dai parenti a Ehden, paese natale del Beato, dove la famiglia aveva una casa. Qui, furono elevate preghiere perché il Patriarca intercedesse per la sua guarigione. Dopo le invocazioni, tra lo stupore dei presenti, riuscì ad alzarsi e a camminare autonomamente, senza avvertire alcun dolore. Da quel momento la signora non ebbe più alcun sintomo riconducibile alla pregressa patologia.
La protagonista principale dell’invocazione fu la vicina di casa che, con alcuni membri della Fraternità dell’Immacolata Concezione, condusse la malata davanti alla statua del Beato che si trovava nei pressi delle loro abitazioni e iniziarono a pregarlo. Secondo un rito locale, l’amica invitò la sanata a bere un caffè in cui era stata mescolata della terra raccolta ai piedi della statua, cosa che ella fece con grande fede. Dopo che la sanata ebbe bevuto il caffè, avvertì un forte bruciore, si alzò e iniziò a camminare autonomamente recandosi presso la statua per ringraziare il Patriarca. Poco tempo dopo, percorse circa un chilometro per raggiungere la casa della sorella e comunicarle personalmente la notizia della sua guarigione.
La preghiera fu univoca, rivolta solo al Beato. L’invocazione, sia personale che comunitaria, fu fatta con fede e fu antecedente la presunta guarigione miracolosa. È stato, dunque, ravvisato, il nesso causale tra l’invocazione e la guarigione che fu istantanea, completa e duratura.
CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM
Antiochena Maronitarum
Beatificationis et Canonizationis
Beati
Stephani Douayhy
Patriarchae Antiocheni Maronitarum
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Decreto sulle Virtù
«Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea. Lodate il Signore, voi che lo temete, gli dia gloria la stirpe di Giacobbe, lo tema tutta la stirpe di Israele» (Sal 22, 23-24).
Le solenni parole del salmista, giusto ingiustamente perseguitato, risuonano con straordinaria evidenza nella vita e nelle opere del Servo di Dio Stefano Douayhy, che nel corso della sua esistenza diede buona testimonianza al Signore, impegnandosi a favore del suo popolo anche nel tempo della persecuzione e della prova.
Il Servo di Dio era nato a Ehden, nel Libano settentrionale, il 2 agosto 1630, in una famiglia fortemente radicata nella tradizione cristiana. Rimasto orfano ad appena tre anni, il piccolo Stefano ricevette una buona educazione e un’adeguata formazione culturale. Fin dall’infanzia manifestò notevoli doti naturali di temperamento e di intelletto, che gli meritarono sincera ammirazione da parte di familiari e conoscenti, così che appare pienamente motivata la scelta del Vescovo e del Patriarca di inviarlo a Roma, appena undicenne, per farlo studiare presso il Collegio Maronita.
Grande spirito di pietà e disciplina, insieme con rispetto e modestia verso superiori e condiscepoli, caratterizzarono la sua giovinezza. In lui andava consolidandosi una intensa esperienza di fede, una profonda e sincera umiltà, un progetto di vita costantemente orientato al servizio dei fratelli.
I brillanti risultati che conseguiva negli studi, però, rischiarono di essere seriamente compromessi a causa di una quasi totale cecità che colpì il giovane Stefano: ne fu guarito, dopo aver invocato la Beata Vergine, e poté proseguire nel suo curriculum formativo.
Tornato in Libano nel 1655, cominciò a svolgere un’attività pastorale soprattutto a favore dei ragazzi del suo villaggio di origine, dove fu ordinato presbitero l’anno seguente. Fu quindi incaricato di curare la formazione di giovani, alcuni dei quali in seguito diventeranno sacerdoti. Questo impegno di tipo educativo costituirà una precisa caratteristica del profilo apostolico del Servo di Dio, costantemente orientato alla ricerca di una pedagogia autentica ed efficace.
In tale contesto spirituale e culturale, Padre Stefano iniziò a comporre molte opere di carattere filologico, applicandosi con penetrante intelligenza soprattutto allo studio di numerosi manoscritti liturgici della comunità maronita: in questo modo fu in grado di recuperare la voce della tradizione ecclesiale. Egli giustamente vedeva nella liturgia non solo la grande preghiera della Chiesa e la forma più alta di spiritualità, ma anche una sorgente di identità del popolo e una matrice di promozione umana.
Non mancò anche una certa attività nell’ambito della predicazione.
Ma, a causa di una persecuzione turca nel Libano del nord, il Servo di Dio fu costretto a rifugiarsi a Jeita, dove continuò a dedicarsi all’insegnamento.
In seguito ebbe l’incarico di visitatore patriarcale nel Libano meridionale, curò alcune parrocchie e svolse una straordinaria attività in Aleppo di Siria, soprattutto organizzando cicli di predicazione, visitando gli infermi, operando a favore della pacificazione in varie contese, incrementando la spiritualità liturgica.
Nel 1668 fu elevato all’Episcopato della Diocesi Maronita di Cipro e due anni dopo fu eletto Patriarca dei Maroniti.
Con immutata fedeltà profuso il suo zelo apostolico a servizio dell’evangelizzazione del paese e affrontò numerose peripezie a causa delle sempre più difficili situazioni politiche: infatti le travagliate vicende dell’Impero Ottomano, con l’alternarsi di momenti di recrudescenza violenta e altri di accettabile tolleranza, inevitabilmente esse influirono su di lui, ma non in senso paralizzante: furono, anzi, di stimolo per un impegno mirante alla riconciliazione e alla pacificazione.
Stremato nelle forze, Stefano Douayhy si spense in Qannoubine il 3 maggio 1704.
Il Servo di Dio, figura di rilevante interesse ecclesiale e sociale, godette di una crescente fama di santità, in forza della quale fu celebrata ad Antiochia l’Inchiesta Diocesana dal 13 dicembre 2000 al 7 marzo 2002, la cui validità giuridica è stata riconosciuta dalla Congregazione delle Cause dei Santi con decreto dell’8 novembre 2002. Preparata la Positio, si è discusso, secondo la consueta procedura, se il Servo di Dio abbia esercitato in grado eroico le virtù. Con esito positivo, si è tenuto il 24 gennaio 2006 il Congresso dei Consultori Storici e il 12 febbraio 2008 il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi. I Padri Cardinali e Vescovi nella Sessione Ordinaria del 17 giugno 2008, sentita la relazione del Ponente della Causa, S. B. l’Em.mo Card. Ignace Moussa I Daoud, Prefetto emerito della Congregazione per le Chiese Orientali, hanno riconosciuto che il Servo di Dio Stefano Douayhy ha esercitato in grado eroico le virtù teologali, cardinali ed annesse.
Facta demum de hisce omnibus rebus Summo Pontifici Benedicto XVI per subscriptum Cardinalem Praefectum accurata relatione, Sanctitas Sua, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, hodierno die declaravit: Constare de virtutibus theologalibus Fide, Spe et Caritate tum in Deum tum in proximum, necnon de cardinalibus Prudentia, Iustitia, Temperantia et Fortitudine, iisque adnexis, in gradu heroico, Servi Dei Stephani Douayhy, Patriarchae Antiocheni Maronitarum, in casu et ad effectum de quo agitur.
Hoc autem decretum publici iuris fieri et in acta Congregationis de Causis Sanctorum Summus Pontifex referri mandavit.
Datum Romae, die 3 mensis Iulii A. D. 2008.
IOSEPHUS Card. SARAIVA MARTINS
Praefectus
+ MICHAËL DI RUBERTO
Archiep. tit. Biccarensis
a Secretis