Titus Brandsma

Titus Brandsma

(1881-1942)

Beatificazione:

- 03 novembre 1985

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 15 maggio 2022

- Papa  Francesco

-

Ricorrenza:

- 26 luglio

Sacerdote professo, dell’Ordine dei Fratelli della Beata Maria Vergine del Monte Carmelo, martire, che, di origine olandese, affrontò serenamente ogni genere di sofferenze e di umiliazioni in nome della difesa della Chiesa e della dignità dell’uomo, offrendo un esempio insigne di carità verso i compagni di detenzione e verso gli stessi carnefici

  • Biografia
  • omelia di beatificazione
  • Lettera Apostolica
Uomo della pace nell’Europa in guerra

 

VITA  E  OPERE

 

    San Titus Brandsma nacque nella fattoria di Oegeklooster, presso Bolsward, nei Paesi Bassi, il 23 febbraio 1881. Il suo nome di Battesimo era Anno Sjoerd. Il padre, Titus, era un agricoltore bene­stante, sposato con Tjitsje Postma; ebbero sei figli, quattro ragazze e due ragazzi, dei quali una si sposò e gli altri divennero religiosi.

    Tra il 1892 e il 1898 Anno Sjoerd frequentò il ginnasio dei France­scani di Megen, nel Nord Brabante. Sentiva crescere in sé la vocazione e desiderava entrare tra i Francescani, ma non venne accolto a motivo della salute cagionevole, che non gli avrebbe consentito di sopportare la durezza della vita francescana.

    Si rivolse quindi ai Carmelitani, che lo accettarono: il 22 settembre 1898 entrò nel noviziato di Boxmeer. In omaggio a suo padre, assunse da religioso il nome di Titus. Al termine dell’anno di noviziato, emise i voti religiosi il 3 ottobre 1899.

    Tra il 1900 e il 1905 seguì i corsi di filosofia e teologia nelle comunità di Boxmeer, Zenderen ed Oss. Nel 1901 pubblicò il suo primo libro: un’antologia di scritti di Santa Teresa di Gesù, che lui stesso aveva tradotto dal francese, intitolata Bloemlezing uit de werken der H. Teresia (Florilegio delle opere di S. Teresa).

    Il 17 giugno 1905, a 24 anni, venne ordinato presbitero nella cattedrale di Den Bosch, nel Brabante. Fu quindi inviato a Roma, nel Collegio Internazionale di Sant’Alberto, dove restò tre anni, dal 1906 fino al 1909. Frequentò la Facoltà di filosofia della Pontificia Uni­ver­sità Gregoriana e seguì anche corsi di sociologia presso l’Istituto Leoniano. Nel frattempo proseguì la collaborazione con alcuni giornali e riviste olandesi. Durante le vacanze estive soggiornò a Mainburg, in Baviera. In quel periodo soffrì per la ricaduta di una malattia allo stomaco e, per ristabilirsi, venne inviato per qualche tempo nel convento di Albano Laziale. Il 25 ottobre 1909 poté superare l’esame di dottorato.

    Rientrato in Olanda, iniziò ad insegnare filosofia e matematica nello studentato carmelitano di Oss, dove restò dal 1909 al 1923. Nel 1912 fondò il periodico Karmelrozen (Rose del Carmelo, divenuto in seguito Speling) e nel 1918 iniziò la pubblicazione, in più volumi, delle opere di Santa Teresa in lingua olandese. Dal 1919 al 1923 fu caporedattore del giornale De Stad Oss (La città di Oss).

    Nel 1923 divenne professore di filosofia e storia della mistica nella neonata Università Cattolica di Nimega, dove restò fino al 1942.

    Nell’anno accademico 1932-1933 fu eletto Rettore Magnifico della stessa Università e, in occasione dell’apertura dell’anno accademico, pronunciò un celebre discorso sul concetto di Dio. Durante quell’anno compì un viaggio ufficiale a Milano e Roma.

    Nel 1935 l’Arcivescovo di Utrecht, Sua Ecc.za Mons. Johannes De Jong, nominò Padre Titus assistente ecclesiastico dell’Associa­zione dei giornalisti cattolici, con l’incarico di seguire circa una tren­tina di testate giornalistiche. Fu in quell’occasione che il Beato ottenne la tessera internazionale di giornalista. Viaggiò anche in Irlanda e negli Stati Uniti, dove tenne conferenze sulla spiritualità e la tradizione carmelitana, in seguito raccolte nel volume The Beauty of Carmel (La bellezza del Carmelo).

    Padre Titus era un uomo mite, attento agli interlocutori, capace di ascolto. Mostrava particolare disponibilità nei confronti degli studenti ed era sempre pronto ad aiutare chiunque avesse bisogno.

    Tra il 1938 e il 1939 tenne dei corsi all’interno dell’Università, criticando l’impostazio­ne pagana e antiumana dell’ideologia nazionalsocialista, di cui aveva ben compreso il pericolo.

    Nel frattempo la guerra, iniziata nel settembre 1939 con l’invasione della Polonia, si volse anche verso occidente: il 10 maggio 1940 le truppe di Hitler invasero l’Olanda, il Belgio, il Lussemburgo e la Francia.

    Il 26 gennaio 1941 la Chiesa Olandese, per mezzo dei suoi vescovi, reagì con fermezza contro i provvedimenti nazisti. Padre Titus, cui era stata affidata anche la presidenza dell’Associazione delle scuole cattoliche, collaborò attivamente con l’episcopato. L’Arcivescovo Johannes De Jong, in un colloquio col Beato, si disse preoccupato per la situazione della stampa cattolica, obbligata a pubblicare proclami emanati dal governo di occupazione, in evidente contrasto con la morale cristiana. Per questo, nei primi dieci giorni di gennaio 1942, Padre Titus girò in treno l’Olanda, visitando le redazioni dei giornali cattolici, per portare le indicazioni dell’epi­scopato e incoraggiare i direttori a resistere alle pressioni naziste. Sua Ecc.za Mons. De Jong dichiarò in seguito che il religioso era ben consapevole del pericolo a cui si stava esponendo.

    Appena rientrato a Nimega, tenne in Università la sua ultima lezione. Mentre faceva ritorno al convento, fu arrestato. Il 20 gennaio 1942 venne condotto nel carcere di Scheveningen, dove restò fino al 12 marzo. Quando venne interrogato sulla sua attività e i motivi della sua opposizione al nazismo, Padre Titus ribadì con franchezza le sue posizioni, redigendone anche nove pagine di memoriale. I verbali di quell’interrogatorio, conservati dall’ufficiale incaricato, prete secola­rizzato, sono stati materiale prezioso nella Causa del Beato Brandsma. In carcere poté tenere con sé due libri: la vita di Santa Teresa di Gesù scritta da Kwalkman (Het leven van heiligen Theresia, 1908) e Jezus di Cyriel Verschaeve (1939). Padre Titus decise di impiegare il tempo della prigionia scrivendo la vita di Santa Teresa, come avrebbe desiderato sin dai tempi in cui era ad Oss e non era mai riuscito a fare per i troppi impegni. In mancanza di carta, utilizzò il libro sulla vita di Gesù scrivendo, tra le righe, quella della Santa di Avila. Dei giorni trascorsi a Scheve­ningen resta anche un diario, intitolato La mia cella. Scrisse anche la preghiera Davanti allimmagine di Gesù.

    Il 12 marzo venne condotto nel campo penale di Amersfoort, dove rimase fino al 28 aprile, costretto a lavorare e a vivere in condizioni durissime. Il 16 maggio fu ricondotto a Scheveningen per un supplemento d’interrogatorio, che durò fino al 13 giugno. Da Scheveningen venne trasferito nel campo di smistamento di Kleve, in Germania e vi trovò qualche sollievo alle sofferenze subite ad Amersfoort. A Kleve infatti poté partecipare alla Messa ed ebbe colloqui spirituali con il cappellano del campo. A nulla valsero i tentativi dei superiori, che cercavano di trasformare la condanna di Padre Brandsma in domicilio coatto, da scontare presso un convento tedesco.

    Il 13 giugno iniziò il lungo viaggio in treno, a bordo di un carro bestiame con molti altri prigionieri, che condusse il Beato attraverso Colonia, Francoforte e Norimberga fino al campo di Dachau. Costruito all’inizio degli anni ’30, questo campo di concentramento ospitò fino alla fine della guerra almeno 110.000 persone, delle quali solo 30.000 uscirono vive. La maggioranza degli internati si amma­lava per le pessime condizioni igieniche e per il rigore disumano di vita e di lavoro. L’ospedale del campo era di fatto solo un’anti­ca­mera del forno crematorio. Vi venivano anche compiuti esperimenti di natura medica, che avevano per cavie i prigionieri, specie quelli disabili e più deboli.

    Dal 19 giugno al 18 luglio 1942 Padre Titus si trovò nel blocco 28, in cui erano radunati numerosi religiosi e sacerdoti. Il 18 luglio entrò nell’ospedale del campo, detto Revier, e vi rimase fino a dome­nica 26 luglio. Quel giorno, alle ore 14, venne ucciso da un’iniezione di acido fenico. Poco prima di morire, il Beato aveva donato all’infermiera che lo stava uccidendo la propria corona del Rosario, fabbricata per lui da un internato. La donna, una giovane olandese infatuata dell’ideologia nazista, gli disse di non saper pregare e Padre Titus le rispose che per farlo le sarebbe bastato dire: “Prega per noi peccatori”. Ella poi si convertì e, durante il Processo per la Beatificazione e Canonizzazione, rese la propria preziosa testimo­nianza sulle ultime ore di vita del Carmelitano.

    Il corpo di Titus Brandsma, come quello di migliaia di altri prigionieri deceduti, venne verosimilmente cremato negli ince­ne­ritori del campo di Dachau.

 

 

"ITER" DELLA CAUSA

 

a) In vista della Beatificazione

 

    La Causa di Beatificazione e Canonizzazione di Padre Titus Brandsma, O.Carm. prese avvio il 14 febbraio 1952, quando la Sacra Congregazione dei Riti concesse al Vescovo di s’Hertogenbosch la facoltà di istruire il Processo Ordinario nella sua Diocesi.

    Il Processo Ordinario si tenne dal 13 gennaio 1955 all’8 dicembre 1957, con un Processo Rogatoriale a Roma dal 25 maggio al 28 giugno 1957.

    Il 16 dicembre 1957 si aprirono gli Atti del Processo Ordinario, nonché dei Processi super scriptis e super non cultu. Il decreto sugli scritti sarà poi datato 2 aprile 1964 e quello sull’assenza di culto 21 marzo 1975.

    L’Introduzione della Causa fu discussa approfonditamente, anche a seguito del mutamento sostanziale della legislazione sulle Cause dei Santi nel 1969. Si trattava infatti di valutare per la prima volta una Causa di presunto martirio, dove il candidato era morto ex aerumnis carceris, ossia in seguito ai maltrattamenti della deporta­zione, inflittigli da parte del sistema nazionalsocialista tedesco. Il Sommo Pontefice Paolo VI stabilì che si svolgesse a tale scopo un Processo Apostolico “ridotto”, il quale si tenne a s’Hertogenbosh dal 20 giugno al 23 ottobre 1975.

    La Causa venne discussa dal Congresso Peculiare dei Consultori Teologi il 22 maggio 1984, che riconobbe come vero martirio la morte di Titus Brandsma.

    Il 2 ottobre 1984 si tenne la Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi, che confermò le conclusioni dei Consultori Teologi. Il 9 no­vembre successivo il Santo Padre Giovanni Paolo II autorizzò la promulgazione del decreto sul martirio.

    Titus Brandsma fu beatificato nella Basilica Vaticana il 3 novembre 1985.

 

b) In vista della Canonizzazione

 

    Dall’11 luglio 2016 al 12 dicembre 2017 si è svolta nella diocesi di Palm Beach, in Florida, l’Inchiesta dioce­sana su un presunto miracolo ottenuto per intercessione del Beato. Si trattò della guarigione di un sacerdote professo dell’Ordine Carmelitano, dalla recidiva di un “melanoma metastatico ai linfonodi”. Della malattia, particolarmente maligna ed invasiva, non c’era più alcuna traccia, anche a distanza di oltre 15 anni. La validità giuridica dell’Inchiesta diocesana fu riconosciuta dalla Congregazione delle Cause dei Santi con decreto del 13 aprile 2018.

    La Consulta Medica, nella riunione del 26 novembre 2020, ha riconosciuto che quella guarigione fu rapida, completa e duratura, e non trova spiegazione nelle attuali conoscenze della medicina.

    Il 25 maggio 2021 i Con­sul­tori Teologi hanno risposto afferma­tivamente al dubium se si sia trattato di un miracolo compiuto da Dio per intercessione del Beato Titus Brandsma. Identico parere hanno espresso gli Em.mi Padri Cardinali ed Ecc.mi Vescovi, nella Sessione Ordinaria del 9 novembre 2021.

    Sua Santità Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto super miraculo il 25 novem­bre 2021.

MESSA PER LA BEATIFICAZIONE DI PADRE TITO BRANDSMA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Basilica Vaticana - Domenica, 3 novembre 1985

 

1. “Le anime dei giusti . . . sono nelle mani di Dio” (Sap 3, 1).

La Chiesa ascolta la parola di Dio nell’odierna domenica, 3 novembre, dopo la solennità di Tutti i Santi e dopo il giorno dedicato alla commemorazione di tutti i fedeli defunti.

La Chiesa ascolta questa parola nel giorno in cui eleva alla gloria degli altari Tito Brandsma, figlio dei Paesi Bassi, religioso dell’Ordine carmelitano.

Matura ancora una volta alla gloria degli altari un uomo che è passato attraverso il tormento del campo di concentramento, quello di Dachau. Un uomo che “subì castighi”, secondo le parole dell’odierna liturgia (Sap 3, 4).

E proprio in mezzo a questo castigo, in mezzo al campo di concentramento, che rimane il marchio infamante del nostro secolo, Dio ha trovato Tito Brandsma degno di sé (cf. Sap 3, 5).

Oggi la Chiesa rilegge i segni di quest’approvazione divina, e proclama la gloria della Santissima Trinità, professando insieme con l’Autore del Libro della Sapienza:

“Le anime dei giusti . . . sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà”.

2. Eppure, Tito Brandsma è passato attraverso il tormento: agli occhi degli uomini subì castighi.

Sì, Dio l’ha provato. Gli ex deportati dei campi di concentramento sanno molto bene quale Calvario umano furono quei luoghi di castigo.

Luoghi di grande prova dell’uomo.

La prova delle forze fisiche, spinta spietatamente fino al completo annientamento.

La prova delle forze morali . . .

Forse ce ne parla ancor meglio l’odierno Vangelo, che ricorda il comandamento dell’amore dei nemici. I campi di concentramento sono stati organizzati secondo il programma del disprezzo dell’uomo, secondo il programma dell’odio.

Attraverso quale prova della coscienza, del carattere, del cuore ha dovuto passare un seguace di Cristo, che ricordava le sue parole sull’amore dei nemici!

Non rispondere all’odio con l’odio ma con l’amore. Questa è forse una delle più grandi prove delle forze morali dell’uomo.

3. Da questa prova Tito Brandsma è uscito vincitore. In mezzo all’imperversare dell’odio, egli ha saputo amare; tutti, anche i suoi aguzzini: “Sono anch’essi figli del buon Dio, diceva, e chi sa se qualche cosa rimane in loro . . .”.

Certo, un simile eroismo non si improvvisa. Padre Tito lo andò maturando nel corso di tutta una vita, a partire dalle prime esperienze dell’infanzia, vissuta in seno a una famiglia profondamente cristiana, nell’amata terra della Frisia. Dalle parole e dagli esempi dei genitori, dagli insegnamenti ascoltati nella chiesa del villaggio, dalle iniziative di carità sperimentate nell’ambito della comunità parrocchiale, egli imparò a conoscere e a praticare il fondamentale comandamento di Cristo sull’amore verso tutti, non esclusi gli stessi nemici.

Fu un’esperienza che lo segnò in profondità, fino ad orientarne tutta la vita. Le attività che il padre Brandsma svolse nel corso della sua esistenza furono di una sorprendente molteplicità; ma, se si volesse cercarne il motivo ispiratore e il centro propulsore, lo si troverebbe proprio qui: nel comandamento dell’amore portato fino alle estreme conseguenze.

4. Padre Brandsma fu innanzitutto professore di filosofia e di storia della mistica all’Università cattolica di Nimega. In questo impegno egli profuse il meglio delle sue energie umane e professionali, provvedendo alla formazione scientifica di una vasta schiera di studenti. Ma ad essi egli non si limitava a trasmettere nozioni astratte, avulse dai loro concreti problemi esistenziali. Padre Tito amava i suoi alunni e per questo si sentiva tenuto a partecipare loro i valori che ispiravano e sostenevano la sua vita. Nasceva così tra docente e discepoli un dialogo che si allargava ad abbracciare non solo i grandi interrogativi di sempre, ma anche le questioni poste dalle vicende di un’epoca sulla quale l’ideologia nazista gettava ombre sempre più fosche.

Gli studenti, però, erano solo una piccola porzione della ben più vasta realtà nazionale. Il cuore del padre Tito non poteva restare indifferente di fronte ai molti fratelli che erano fuori delle istituzioni accademiche, e che pure potevano desiderare una parola chiarificatrice. Per loro egli si fece giornalista. Durante lunghi anni egli collaborò a quotidiani e periodici, profondendo in centinaia di scritti le ricchezze della sua mente e della sua sensibilità. E anche qui la sua collaborazione non fu solo professionale: molti colleghi ebbero in lui il confidente discreto, il consigliere illuminato, l’amico sincero, pronto sempre a condividere pene e a infondere speranza.

5. Non v’era barriera che potesse fermare lo slancio di carità da cui era animato il grande carmelitano. È ancora l’amore che spiega l’impegno con cui egli promosse il movimento ecumenico, in atteggiamento di costante fedeltà verso la Chiesa e di totale lealtà verso gli appartenenti alle altre Confessioni. Colpito da una così luminosa testimonianza di coerenza evangelica, un pastore protestante ebbe a dire di lui: “Il nostro caro fratello in Cristo Tito Brandsma è davvero un “mysterium gratiae”!”.

Giudizio singolarmente penetrante! Nella vita del padre Brandsma ciò che soprattutto lascia ammirati è proprio questo dispiegarsi sempre più manifesto della grazia di Cristo. Sta qui il segreto del vasto irraggiamento della sua azione, qui la sorgente dell’onda sempre fresca della sua carità. Padre Tito stesso, del resto, era pienamente conscio di dover tutto alla grazia, cioè alla vita divina che operava in lui, fluendo nella sua anima dalle fonti inesauribili del Salvatore. La parola di Cristo: “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15, 5) costituiva per lui il principio orientatore delle scelte quotidiane.

Per questo pregava intensamente. Diceva: “La preghiera è vita, non un’oasi nel deserto della vita”. Professore di storia della mistica, egli si studiò di vivere la disciplina che insegnava in ogni momento della sua vita. “Non si deve porre nei nostri cuori - diceva - una divisione tra Dio e il mondo, ma si deve guardare il mondo avendo sempre Dio sullo sfondo”.

Da questa profonda unione con Dio scaturiva nell’anima del padre Brandsma una costante vena di ottimismo, che gli attirava la simpatia di quanti avevano la ventura di conoscerlo, e che non lo abbandonò mai: lo accompagnò anche nell’inferno del lager nazista. Fino alla fine egli restò per gli altri prigionieri un motivo di sostegno e di speranza: per tutti aveva un sorriso, una parola di comprensione, un gesto di bontà. La stessa “infermiera”, che il 26 luglio del 1942 gli iniettò il veleno mortale, testimoniò più tardi di aver sempre vivo nella memoria il volto di quel sacerdote che “aveva compassione di me”.

E il volto del padre Tito Brandsma sta, oggi, anche davanti a noi, che ne contempliamo il sorriso luminoso nella gloria di Dio. Egli parla ai fedeli della sua terra, i Paesi Bassi, e a tutti i fedeli del mondo, per riaffermare ancora una volta quella che è stata la convinzione di tutta la sua vita: “Benché il neopaganesimo non voglia più l’amore, l’amore si riguadagnerà il cuore dei pagani. La pratica della vita lo farà essere sempre nuovamente una forza vittoriosa, che conquisterà e terrà legati i cuori degli uomini”.

6. Quando ascoltiamo la biografia di Tito Brandsma, quando fissiamo gli occhi dell’anima sullo zelo apostolico di questo servo di Dio, e poi sulla sua morte di martire, una particolare eloquenza acquistano le parole dell’odierna liturgia: “Dio l’ha provato . . . l’ha saggiato come oro nel crogiolo e l’ha gradito come un olocausto” (cf. Sap 3, 5-6). Così, dunque: nessun tormento l’ha toccato, poiché il castigo divenne sacrificio sul modello della croce di Cristo. E il sacrificio passa attraverso il tormento, lo supera e vince. In esso è contenuta quella speranza che è piena di immortalità (cf. Sap 3, 4). La speranza mediante cui si ricevono “grandi benefici” (cf. Sap 3, 5).

Così ha parlato a Tito Brandsma la croce di Cristo. Così parla a ciascuno di noi: “Prendi anche tu la tua parte di sofferenza” (2 Tm 2, 3). “Ricordati che Gesù Cristo . . . è risuscitato dal morti” (2 Tm 2, 8). Ecco: “a causa del vangelo io soffro fino a portare le catene come un malfattore” (2 Tm 2, 9).

7. Tutto questo sembra dirci oggi Tito Brandsma, servendosi delle parole dell’Apostolo delle genti. “Se moriamo con Cristo, vivremo anche con lui” (2 Tm 2, 11). “La parola di Dio non è incatenata” (2 Tm 2, 9), ha mostrato la sua potenza salvifica nella morte del martire. Questo martire è un uomo del nostro secolo. Egli è vostro connazionale, cari fratelli e sorelle dei Paesi Bassi.

“Le anime dei giusti . . . sono nelle mani di Dio”, ma la morte e la gloria di questo Giusto appartengono in modo particolare a voi, alla vostra Chiesa e alla vostra Nazione. Non ne parlano forse le espressioni che in occasione dell’odierna beatificazione leggiamo nella lettera di Paolo? “Sopporto ogni cosa per gli eletti, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna” (2 Tm 2, 10). Desideriamo riferire queste parole in modo particolare alla Chiesa e alla Nazione, il cui figlio è il beato Tito Brandsma.

“Benedictus Deus in sanctis suis et sanctus in omnibus operibus suis”. Amen.

 

LITTERAE APOSTOLICAE

de peracta Beatificatione

 

IOANNES PAULUS PP. II

ad perpetuam rei memoriam

 

    «Memor esto Iesum Christum resuscitatum esse a mortuis, ex semine David, secundum Evangelium meum, in quo laboro usque ad vincula quasi male operans, sed verbum Dei non est alligatum!» (2 Tim 2, 8-9).

    Evangelium tutaturo libertatemque Ecclesiae necnon hominum ipsorum dignitatem Venerabili quoque Dei Servo Tito Brandsma pluribus occurrendum fuit vexationibus multis in carceribus, ubi ut suos in vinculis concaptivos solaretur sese consumpsit totum ibidemque luculentum sic fidelitatis erga Christum reddidit testimonium ut pro ipso suum eiusque regno profuderit sanguinem. Impavidus hic Iesu Christi discipulus apud fervidorum catholicorum lares est ortus die XXIII mensis Februarii anno MDCCCLXXXI in Frisiae provinciae oppido Bolsward, intra hodiernae dioecesis Groningensis fines. Ordinem Fratrum Beatissimae Mariae Virginis de Monte Carmelo adulescens XVII annorum est amplexatus, quo pre­cationis studium pietasque marialis eiusdem Ordinis illum pellexerat. Die III mensis Octobris anno MDCCCLXXXXIX religiosa nuncupavit vota atque anno MCMV, die XVII mensis Iunii presbyteratus ordine sacro est initiatus. Romae sua produxit studia ibique disciplinae philosophiae lauream meruit. In patriam reversum destinaverunt eum ad discipulorum proprii Ordinis institutionem qui anno MCMXXIII ordinarius philosophiae magister creatus est et historiae theologiae mysticae novam apud Studiorum Universitatem Catholicam Novio­magensem Batavorum, quam unum etiam annum est ipse rector moderatus. Eodem vero tempore plures divulgavit commentationes investigationesque in variis actis diurnis et commentariis periodicis. Operam pariter scrutandis ordinatim mysticorum patriae suae scriptis dedit atque consilium instituit operibus Sanctae Teresiae a Iesu in Batavum sermonem convertendis. Cum incommoda ipse valetudine impeditus ad missionum sacrarum terras proficisci non posset, inter Batavos studium accendit evangelizandi populos nondum christianos. Motum incitavit oecumenicum et ad mortem usque Hebraeorum defendit iura. Gradum scholarum Catholicarum excellentiamque strenue provexit. Tamquam disseminationis morum christianorum apostolatusque instrumentum crebro usurpavit libellos typis excusos et radiophonium ipsum, atque documentum de usu enascentis modo televisionis conscripsit veluti aptissimae fidem ad propagandam viae. Archiepiscopus dein Ultraiectensis anno MCMXXXV consiliarium ecclesiasticum nominavit illum pro diurnariis scriptoribus Neder­landiae catholicis, ubi magni ponderis scripta catholica typis edita erant in totius Ecclesiae vita. Eandem illam Nederlandicam nationem nazistae anno MCMXL suam redigerunt in dicionem. Principia ipsius nationalis socialismi Christiano nomini contraria propalam improbavit Venerabilis Dei Servus vehementerque adulescentibus suadere nisus est, ut inhonestis istius instituti legibus repugnarent. Cum consiliis Episcoporum Batavorum plane consentiens, ne nazistarum propa­garentur errores impedivit et, pro sua parte, recusavit e scholis catholicis ne alumni depellerentur parentibus Hebraeis nati.

    Per Venerabilem Dei Servum, Episcopi praeterea nazistarum mandato reclamaverunt quo nempe praecipiebant ne diurnarii scriptores notitias doctrinasque socialismi nationalis disseminare inter­mitterent. Gravis illius conscius sibi periculi, in quo commentarios edendi libertas versabatur, omnes invisit catholicos ephemeridum editores quibus persuasit ut improbis reniterentur impulsionibus istis. Quo ex itinere cum rediisset, die XIX mensis Ianuarii anno MCMXLI a clandestinis nazistarum securitatis administris est comprehensus. Coram iudice autem ita suum purgavit agendi modum: «Eatenus Ecclesia Nederlandiae Catholica imperiis obtemperat civilium auctoritatum, quatenus eiusdem Ecclesiae non discrepant a principiis. Si vero de doctrinarum et principalibus agitur dissensionibus, omnem suam adiutricem operam denegat Ecclesia, cuius rei etiam conse­cutiones cunctas libenter patietur. Nullo non tempore pro Ecclesia exstiterunt martyres qui, si opus fuit, suam etiam fuderunt vitam. In praesens vero iam impugnantur principia, quae ut ipsemet profitear, perferenda universa laetus ego perferam. Episcoporum Batavorum rationes meas facio». Ad custodiam deinde tutelarem diversos apud carceres et castra continendis hominibus est damnatus. At ubique fidem inexpugnabilem testatus est et patientiam in adversissimis rebus mirabilem et in custodiae socios caritatem unicam. Denique tandem in famosum flagitiis valetudinarium delatus est intra castra Dachau ubi acido phenico imbutus die XXVI mensis Iulii anno MCMXLII morte occubuit. Martyr cum hic Venerabilis Dei Servus fidei ipsius existimaretur, causam canonizationis Episcopus Buscoducensis cito apparavit. Peractis deinceps canonicis processibus, apud Congre­ga­tionem de Causis Sanctorum susceptae communes sunt investigationes secundo cum eventu, peculiaris Congressus actus est Consultorum Theologorum ac postmodum Ordinaria Patrum Cardinalium et Episcoporum habita est Congregatio. Coram Nobis deinde, die IX Novembris anno MCMLXXXIV editum est decretum quo memorati huius Venerabilis Dei Servi obitus verum martyrium fuisse agnitus est. Eo propterea statuimus tempore ut beatificationis ritus subsequenti anno in Petriana Basilica celebraretur. Hodie igitur inter Missarum sollemnia hanc pronuntiavimus formulam:

    «Nos, vota Venerabilis Fratris Ioannis Gerardi ter Schure, Episcopi Buscoducensis, necnon plurimorum aliorum Fratrum in episcopatu, multorumque christifidelium explentes, de Congregationis de Causis Sanctorum consulto, Auctoritate Nostra Apostolica facultatem facimus ut Venerabilis Servus Dei Titus Brandsma, Beati nomine in posterum appelletur, eiusdem festum die ipsius natali: vicesima sexta Iulii, in locis et modis iure statutis quotannis celebrari possit. In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti».

    Hasce vero Litteras Apostolicas iubemus suam in posterum virtutem adservare contrariis quibuslibet rebus haudquaquam obstantibus.

    Datum Romae, apud Sanctum Petrum, sub anulo Piscatoris die III mensis Novembris anno MCMLXXXV, Pontificatus Nostri octavo.

 

Augustinus card. Casaroli

a publicis Ecclesiae negotiis

 

 

Loco + Sigilli

AAS LXXXIV (1992), 490-493