Vincenza Maria Poloni

Vincenza Maria Poloni

(1802 - 1855)

Venerabilità:

- 28 aprile 2006

- Papa  Benedetto XVI

Beatificazione:

- 21 settembre 2008

- Papa  Benedetto XVI

Canonizzazione:

- 19 ottobre 2025

- Papa  Leone XIV

- Roma

Memoria Liturgica:

- 11 novembre

Fondatrice dell’Istituto Sorelle della Misericordia; il carisma dell’Istituto fu segnato dalla sua esperienza che si prodigò costantemente per assistere ammalati, anziani e orfani fino alla morte

  • Biografia
  • Omelia
  • omelia nella beatificazione
“I poveri sono i nostri padroni: amiamoli e serviamoli come serviremmo Gesù Cristo stesso in persona”

 

Nascita, infanzia e gioventù

Luigia Francesca Maria Poloni nacque a Verona il 26 gennaio 1802, ultima di 12 figli di Gaetano Poloni, farmacista e droghiere, e Margherita Biadego, di famiglia notarile. Ricevette il battesimo lo stesso giorno con i nomi di Luigia Francesca Maria. Cresciuta in un ambiente profondamente cristiano, sviluppò fin da giovane un’attenzione particolare verso i poveri e i bisognosi, valori che caratterizzarono tutta la sua esistenza.

Dopo la morte del padre nel 1822, Luigia assunse gran parte delle responsabilità familiari, dimostrando doti eccezionali di gestione e una fede incrollabile. La guida spirituale del Beato Carlo Steeb fu determinante nella sua vita: egli la aiutò a discernere la propria vocazione e a dedicarsi sempre più intensamente alle opere di carità. Durante l’epidemia di colera del 1836, Luigia si distinse per l’eroica dedizione nell’assistere i malati, confermando la sua chiamata a una vita di servizio. Nel 1840, Luigia, insieme a tre compagne, si trasferì presso il Pio Ricovero di Verona, iniziando la comunità che sarebbe poi diventata l’Istituto delle Sorelle della Misericordia. Nel 1848, con l’approvazione del Vescovo di Verona, emise i voti religiosi assumendo il nome di Vincenza Maria.

Spiritualità e Opere

La spiritualità di Vincenza Maria Poloni si fondava su una profonda unione con Dio, alimentata dalla preghiera e dalla devozione all’Eucaristia. La carità, virtù centrale della sua vita, si manifestò in gesti concreti di amore verso i poveri e gli ammalati, che considerava “i nostri padroni”. Nel suo servizio, Vincenza Maria univa umiltà e prudenza a una straordinaria fermezza di carattere. Il suo motto, “Servire Cristo nei poveri”, guidava ogni sua azione. Insegnava alle sue figlie spirituali che la carità doveva essere il fondamento dell’Istituto, sottolineando che solo mantenendo l’unità e l’amore reciproco la comunità avrebbe prosperato. La devozione al Sacratissimo Cuore di Gesù e alla Beata Vergine Maria sosteneva la sua missione e la ispirava a superare ogni difficoltà con fede e perseveranza.

La fondazione dell’Istituto delle Sorelle della Misericordia rappresentò il culmine delle opere di Vincenza Maria. La comunità, nata nel 1840, si dedicava all’assistenza agli anziani, ai malati e ai poveri, seguendo lo spirito e le regole di San Vincenzo de Paul. Sotto la sua guida, l’Istituto si espanse rapidamente, diventando un punto di riferimento per la carità cristiana a Verona. Vincenza Maria promosse un modello di servizio basato sulla tenerezza verso i sofferenti, la pazienza nelle tribolazioni e la rettitudine nell’agire. L’educazione delle giovani e la formazione delle sue figlie spirituali furono altrettanto centrali nel suo apostolato. Vincenza Maria le educava alla vita consacrata, insegnando loro a vedere Cristo nei poveri e a servirli con dedizione.

Gli ultimi anni

Negli ultimi anni della sua vita, Vincenza Maria fu colpita da gravi problemi di salute, in particolare da una malattia che la costrinse a sopportare intensi dolori fisici. Nonostante le sue sofferenze, continuò a guidare l’Istituto con fermezza e amore, dedicandosi fino all’ultimo alle sue figlie spirituali e ai poveri. Durante questo periodo, dimostrò una straordinaria capacità di accettare la sofferenza come partecipazione alla passione di Cristo, offrendo ogni sua difficoltà per il bene della Chiesa e della Congregazione. Rimase un esempio di pazienza e abbandono alla Provvidenza, pregando incessantemente e infondendo speranza nelle sorelle che la assistevano. Poco prima della sua morte, affidò alle sue figlie spirituali un importante messaggio: mantenere viva la carità come fondamento dell’Istituto, assicurando che questa sarebbe stata la chiave per il suo futuro successo e stabilità. L’esempio di Vincenza Maria Poloni è un richiamo potente alla carità cristiana vissuta in modo eroico. La sua figura ispira le comunità religiose e laiche a riscoprire il valore del servizio ai poveri e ai sofferenti. L’Istituto delle Sorelle della Misericordia continua oggi la sua missione, incarnando i principi della fondatrice e promuovendo una cultura della solidarietà e dell’amore verso il prossimo. La sua vita fu segnata dalla totale dedizione agli ammalati e ai poveri. Morì l’11 novembre 1855 e fu sepolta nella nuda terra nel cimitero comunale di Verona. I suoi resti vennero successivamente uniti, in una fossa comune, a quelli di molte sue consorelle. Questo non consentì di riconoscerne i suoi resti mortali.

 

“Iter”  della  causa

La fama di santità che l’accompagnava durante la sua vita, aumentava anche negli anni che seguirono alla sua morte. La Causa di beatificazione e di canonizzazione fu iniziata presso la Curia diocesana di Verona nell’anno 1990. Ottenuta la validità giuridica nel 1993 e preparata la Positio, il giorno 3 novembre 1998 ebbe luogo la seduta dei Consultori Storici. Il giorno 16 marzo 2005 si tenne il Congresso peculiare dei Consultori Teologi, mentre la Sessione Ordinaria dei Padri Cardinali e Vescovi si svolse il successivo 15 novembre. Il 28 aprile 2006 Papa Benedetto XVI autorizzò la promulgazione del decreto sulla eroicità delle virtù.

 

In vista della beatificazione

Per la beatificazione la Postulazione della Causa presentò al Dicastero delle Cause dei Santi la presunta guarigione miracolosa di una religiosa dello stesso Istituto fondato dalla Beata. Molto sofferente per un fibroma all’utero, per cisti alle ovaie e per tumore maligno al seno, durante gli anni 1937–1939, fu sottoposta, in verità con scarsissimi risultati, a parecchi interventi chirurgici, ai quali seguì anzi un progressivo aggravamento della malattia. Le consorelle e l’interessata stessa incominciarono a ricorrere ardente­mente all’aiuto divino per intercessione della fondatrice. Improvvi­samente, dopo una notte tranquilla, la religiosa si risvegliò guarita.

Di questa asserita prodigiosa guarigione, presso la Curia di Verona, dal 30 maggio al 15 dicembre 1994, si svolse l’Inchiesta diocesana, il cui Decreto di validità giuridica fu concesso il 7 aprile 1995. La consulta medica del Dicastero, nella sessione del 5 ottobre 2006, dichiarò che la guarigione della religiosa da “cancro del seno sinistro in stadio avanzato con ripresa della malattia neoplastica due mesi dopo l’intervento di mastectomia radicale, con metastatiz­zazione diffusa fu rapida, completa, duratura e inspiegabile secondo l’odierna scienza medica.” Il 30 gennaio 2007 si riunì il Congresso peculiare dei Consultori Teologi e il seguente 20 novembre dello stesso anno si tenne la Sessione Ordinaria dei Padri Cardinali e dei Vescovi.

Sua Santità Benedetto XVI il 17 dicembre 2007 autorizzò il Dicastero delle Cause dei Santi a promulgare il decreto sul miracolo. Il 21 settembre 2008 a Verona, S. E. Rev.ma Mons. Angelo Amato, sdb, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, celebrò la beati­ficazione.

 

In vista della Canonizzazione

Il 16 dicembre 2013, nella Diocesi di Santa Maria de los Ángeles, in Cile, una donna subì un intervento programmato di colecistectomia laparoscopica. Tuttavia, nel corso dell’operazione, si manifestarono sintomi di ipotensione e tachicardia e i medici rilevarono un’emorragia all’interno della cavità addominale tale da rendere necessario un “intervento a cielo aperto d’urgenza”. Il quadro operatorio evidenziò una lacerazione aortica con shock emorragico, tanto che le condizioni della paziente richiesero l’applicazione di un camplaggio aortico a livello dello iato diaframmatico. Dopo aver inserito la protesi e rimosso un trombo, l’aorta venne suturata, ma al duplice intervento e alla copiosa emorragia fecero seguito una serie di complicazioni tutte potenzialmente letali (shock emorragico grave, clampaggio prolungato dell’aorta, insufficienza renale, sindrome addominale compartimentale, peritonite purulenta postoperatoria ad alto rischio infettivo, cinque interventi di laparotomia, intubazione orotracheale e tracheotomia, polmonite da ventilazione meccanica prolungata e decubito sacrale).

La prognosi si presentò dunque molto severa e riservata e i medici temevano che la paziente sarebbe deceduta entro pochi giorni. In quelle ore il nipote della donna invocò l’intercessione di Vincenza Maria Poloni per la salvezza della nonna, e, insieme a lui, molte altre persone si recarono davanti all’immagine della Poloni, posta sulla facciata esterna della casa religiosa delle Sorelle della Misericordia a Quilleco (Cile), rivolgendosi in preghiera con la medesima intenzione. Contro ogni previsione, le condizioni di salute della paziente migliorarono. Fu dimessa il 31 gennaio in buone condizioni cliniche senza alcuna conseguenza né generale, né cardiovascolare. Tornata a casa, riprese tutte le sue attività senza difficoltà e con piena lucidità mentale.

Santa Messa con il Rito di Canonizzazione di 7 Beati

Domenica 19 ottobre2025

 

Alle ore 10.30 di questa mattina, XXIX Domenica del Tempo Ordinario, in Piazza San Pietro, il Santo Padre Leone XIV ha presieduto la Celebrazione Eucaristica e il Rito della Canonizzazione dei Beati: Ignazio Maloyan, Peter To Rot, Vincenza Maria Poloni, María Carmen Rendiles Martínez, Maria Troncatti, José Gregorio Hernández Cisneros e Bartolo Longo. Alla Santa Messa erano presenti Delegazioni Ufficiali provenienti dall’Italia, dal Libano, dall’Armenia e dal Venezuela.

 

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Santo Padre leone XIV ha pronunciato dopo la proclamazione del Vangelo:

 

AR  - DE  - EN  - ES  - FR  - IT  - PL  - PT ]

 

Cari fratelli e sorelle,

la domanda che chiude il Vangelo appena proclamato apre la nostra riflessione: «Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8). Questo interrogativo ci rivela quel che è più prezioso agli occhi del Signore: la fede, cioè il legame d’amore tra Dio e l’uomo. Proprio oggi stanno davanti a noi sette testimoni, i nuovi Santi e le nuove Sante, che con la grazia di Dio hanno tenuto accesa la lampada della fede, anzi, sono diventati loro stessi lampade capaci di diffondere la luce di Cristo.

Rispetto a grandi beni materiali e culturali, scientifici e artistici, la fede eccelle non perché essi siano da disprezzare, ma perché senza fede perdono senso. La relazione con Dio è di somma importanza perché Egli ha creato dal nulla tutte le cose, all’inizio dei tempi, e salva dal nulla tutto ciò che nel tempo finisce. Una terra senza fede sarebbe popolata da figli che vivono senza Padre, cioè da creature senza salvezza.

Ecco perché Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, si interroga sulla fede: se sparisse dal mondo, che cosa accadrebbe? Il cielo e la terra resterebbero come prima, ma non ci sarebbe più nel nostro cuore la speranza; la libertà di tutti verrebbe sconfitta dalla morte; il nostro desiderio di vita precipiterebbe nel nulla. Senza fede in Dio, non possiamo sperare nella salvezza. La domanda di Gesù allora ci inquieta, sì, ma solo se dimentichiamo che è Gesù stesso a pronunciarla. Le parole del Signore, infatti, restano sempre vangelo, cioè annuncio gioioso di salvezza. Questa salvezza è il dono della vita eterna che riceviamo dal Padre, mediante il Figlio, con la forza dello Spirito Santo.

Carissimi, appunto per questo Cristo parla ai suoi discepoli della «necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai» (Lc 18,1): come non ci stanchiamo di respirare, così non stanchiamoci di pregare! Come il respiro sostiene la vita del corpo, così la preghiera sostiene la vita dell’anima: la fede, infatti, si esprime nella preghiera e la preghiera autentica vive di fede.

Gesù ci indica questo legame con una parabola: un giudice resta sordo davanti alle pressanti richieste di una vedova, la cui insistenza lo porta, infine, ad agire. A un primo sguardo, tale tenacia diventa per noi un bell’esempio di speranza, specialmente nel tempo della prova e della tribolazione. La perseveranza della donna e il comportamento del giudice, che opera controvoglia, preparano però una provocatoria domanda di Gesù: Dio, il Padre buono, «non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui?» (Lc 18,7).

Facciamo risuonare queste parole nella nostra coscienza: il Signore ci sta chiedendo se crediamo che Dio sia giudice giusto verso tutti. Il Figlio ci domanda se crediamo che il Padre vuole sempre il nostro bene e la salvezza di ogni persona. A proposito, due tentazioni mettono alla prova la nostra fede: la prima prende forza dallo scandalo del male, portando a pensare che Dio non ascolti il pianto degli oppressi e non abbia pietà del dolore innocente. La seconda tentazione è la pretesa che Dio debba agire come vogliamo noi: la preghiera cede allora il posto a un comando su Dio, per insegnargli come fare a essere giusto ed efficace.

Da entrambe le tentazioni ci libera Gesù, testimone perfetto di confidenza filiale. Egli è l’innocente, che soprattutto durante la sua passione prega così: “Padre, sia fatta la tua volontà” (cfr Lc 22,42). Sono le stesse parole che il Maestro ci consegna nella preghiera del Padre nostro. Qualunque cosa succeda, Gesù si affida da Figlio al Padre; perciò noi, come fratelli e sorelle nel suo nome, proclamiamo: «È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo Signore nostro» (Messale Romano, Preghiera Eucaristica II, Prefazio).

La preghiera della Chiesa ci ricorda che Dio fa giustizia verso tutti, donando per tutti la sua vita. Così, quando gridiamo al Signore: “dove sei?”, trasformiamo questa invocazione in preghiera e allora riconosciamo che Dio è lì dove l’innocente soffre. La croce di Cristo rivela la giustizia di Dio. E la giustizia di Dio è il perdono: Egli vede il male e lo redime, prendendolo su di sé. Quando siamo crocifissi dal dolore e dalla violenza, dall’odio e dalla guerra, Cristo è già lì, in croce per noi e con noi. Non c’è pianto che Dio non consoli; non c’è lacrima che sia lontana dal suo cuore. Il Signore ci ascolta, ci abbraccia come siamo, per trasformarci come Lui è. Chi invece rifiuta la misericordia di Dio, resta incapace di misericordia verso il prossimo. Chi non accoglie la pace come un dono, non saprà donare la pace.

Carissimi, ora comprendiamo che le domande di Gesù sono un vigoroso invito alla speranza e all’azione: quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà la fede nella provvidenza di Dio? È questa fede, infatti, che sostiene il nostro impegno per la giustizia, proprio perché crediamo che Dio salva il mondo per amore, liberandoci dal fatalismo. Chiediamoci dunque: quando sentiamo l’appello di chi è in difficoltà, siamo testimoni dell’amore del Padre, come Cristo lo è stato verso tutti? Egli è l’umile che chiama i prepotenti a conversione, il giusto che ci rende giusti, come attestano i nuovi Santi di oggi: non eroi, o paladini di qualche ideale, ma uomini e donne autentici.

Questi fedeli amici di Cristo sono martiri per la loro fede, come il Vescovo Ignazio Choukrallah Maloyan e il catechista Pietro To Rot; sono evangelizzatori e missionarie, come suor Maria Troncatti; sono carismatiche fondatrici, come suor Vincenza Maria Poloni e suor Carmen Rendiles Martínez; col loro cuore ardente di devozione, sono benefattori dell’umanità, come Bartolo Longo e José Gregorio Hernández Cisneros. La loro intercessione ci assista nelle prove e il loro esempio ci ispiri nella comune vocazione alla santità. Mentre siamo pellegrini verso questa meta, preghiamo senza stancarci, saldi in quello che abbiamo imparato e crediamo fermamente (cfr 2Tm 3,14). La fede sulla terra sostiene così la speranza del cielo.

Beatificazione di Vincenza Maria Poloni (1802-1855)

Fondatrice dell’Istituto delle Sorelle della Misericordia di Verona

21 settembre 2008

Angelo Amato, SDB
Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi

 

1. È bello vedere questo Palazzetto dello Sport trasformarsi in una Chiesa. E a ragione, perché i santi sono gli atleti della Chiesa e la Beata Vincenza M. Poloni è una campionessa della santità.

«Per me vivere è Cristo» (Fil 1,20) ci dice san Paolo nella lettura odierna. Può essere questa la sintesi dell’esistenza cristiana di Madre Vincenza Maria Poloni, che attingeva da Gesù e dal suo cuore misericordioso le forze umane e spirituali per il suo servizio ai poveri. Ella riattualizzò nel suo tempo i gesti misericordiosi del Signore verso i piccoli, i malati, i bisognosi.

Ma la beata Vincenza Maria Poloni non è una meteora nel cielo della santità veronese. Nell’Ottocento la Chiesa di Verona è stata benedetta con una straordinaria costellazione di santi e di sante, la cui opera e il cui nome è ancora vivo e presente tra noi. Cito, ad sempio, santa Maddalena di Canossa, educatrice di giovani donne e fondatrice delle Figlie e dei Figli della Carità; san Gaspare Bertoni, apostolo della gioventù abbandonata; san Daniele Comboni, fondatore di congregazioni missionarie; san Giovanni Calabria, fondatore della Congregazione dei Poveri Servi e delle Povere Serve della Divina Provvidenza; il beato Agostino Zefirino, fondatore della Congregazione delle Orsoline di Maria Immacolata; il beato Giuseppe Baldo, fondatore della Congregazione delle Piccole Figlie di san Giuseppe; il beato Carlo Steeb, figura eminente nell’assistenza ai soldati feriti e agli ammalati epidemici; il beato Giuseppe Nascimbeni e la beata Maria Domenica Mantovani, fondatori delle Piccole Suore della Sacra Famiglia. E poi ancora i Venerabili Pietro Leonardi e Leopoldina Naudet, i Servi di Dio Nicola Mazza, Teodora Campostrini, Elena da Persico e tanti altri, che voi ben conoscete e che ad elencarli tutti verrebbe fuori una interminabile litania. Il campo di azione di questo manipolo di apostoli fu vasto e benefico come multiforme e ampia è la missione della Chiesa: accoglienza dei bisognosi, assistenza agli ammalati, educazione dei fanciulli e delle fanciulle, cura dei sordomuti, riscatto e promozione delle donne, annuncio del Vangelo ai popoli lontani, direzione spirituale. A questa luminosa costellazione di apostoli e fondatori bisogna aggiungere la nobile figura di Madre Vincenza Maria Poloni, Fondatrice, insieme al Beato Carlo Steeb, delle Sorelle della Misericordia di Verona.

2. Pur essendo vissuta nella prima metà dell’Ottocento, Madre Vincenza Maria è una straordinaria testimone della sequela Christi. L’eroicità delle sue virtù è provata dalla quotidianità esemplare della sua vita, prima in famiglia, poi come fondatrice, maestra e madre buona e premurosa. Oltre alle virtù fondamentali della vita cristiana, ella fu ammirevole nelle virtù specifiche e proprie dell’Istituto da lei fondato: umiltà, semplicità, carità. Si tratta di un trittico virtuoso che forgia lo stile di vita delle Sorelle della Misericordia. La sua profonda umiltà, testimoniata da atti concreti di sottomissione e di umiliazione, era però accompagnata dalla serenità e dalla gioia. Amava vedere le sue sorelle ilari e santamente allegre. Dovendo trattare con persone afflitte e sofferenti, dovevano essere angeli di conforto.

Per questo, ancora oggi, Madre Vincenza è modello della intramontabile carità cristiana. Ella imitò Gesù, buon samaritano, nel soccorrere le donne anziane e inferme, nell’educare le fanciulle accolte al Ricovero, nell’assistere religiosamente e moralmente gli ammalati del Civico Ospedale, nell’accorrere al capezzale di coloro che erano colpiti dal colera, che a più riprese imperversò in Verona (1836, 1849, 1855). Era talmente apprezzata la sua carità che alla sua morte fu compianta da tutta la cittadinanza, soprattutto dalle sue figlie spirituali, alle quali lasciò come testamento il carisma della misericordia compassionevole.

3. La fama di santità, già presente in vita, non venne meno dopo la morte. Che anzi si consolidò sempre di più, fino a giungere all’apertura formale della causa di beatificazione. Il carisma della misericordia della Beata è oggi perpetuato dalle Sorelle della Misericordia in ospedali, in case di riposo, in dispensari, in pensionati universitari, in case di accoglienza e di formazione, in scuole materne, in scuole di cucito e di ricamo, in attività catechistiche e in vere e proprie missioni all’estero.

Infatti, il fine principale dell’Istituto, così come viene delineato nelle prime Costituzioni, è quello di onorare nostro Signore Gesù Cristo come sorgente ed esempio di ogni carità, e di servirlo corporalmente e spiritualmente nella persona dei fanciulli, degli ammalati, dei poveri e soprattutto di quei bisognosi, che non rare volte arrossiscono a manifestare pubblicamente la loro indigenza.

Dandone per prima l’esempio, ella esigeva dalle sue figlie spirituali diligenza e precisione. Nelle Costituzioni, parlando dei doveri delle sue suore, scriveva: «Poiché il principale loro ufficio consiste nel servizio degli infermi, lo adempiranno con tutta la possibile diligenza, cordialità ed esattezza, considerando che, non tanto ai poveri infermi quanto a Gesù Cristo stesso, rendono questo ufficio di carità. Perciò esse medesime porteranno loro i cibi e le medicine, trattandoli con compassione, dolcezza, cordialità e rispetto».

Indaffarata com’era nel lavoro quotidiano, non ci è pervenuta nessuna lettera indirizzata alle Suore né si sono trovati promemoria di conferenze spirituali. Si sono tramandati, però, alcuni suoi “detti” e “insegnamenti” riferiti da testimoni oculari e auricolari.

Nel 1946, ad esempio, il camilliano Padre Mario Vanti dichiarava che la Beata era donna straordinaria, che alle parole – piuttosto nulle che poche – aveva sostituito opere di carità viva e sorprendente. La stessa Madre Vincenza ripeteva spesso: «Prima di parlare, si facesse come il gallo che, prima di cantare, batte le ali tre volte». Era dolce ma esigente nella formazione delle suore infermiere. A una giovane che aveva lasciato un impacco a lungo su un’ammalata, tanto da ritirarlo asciutto, disse: «Ti presenterai al dottore e in ginocchio gli chiederai scusa della negligenza commessa verso l’ammalata».

A una novizia, che per vergogna aveva trascurato un lavoro manuale in giardino durante le visite dei parenti all’ospedale, disse con volto serio: «Una serva dei poveri, anziché vergognarsi di ciò che fa in servizio loro, se ne deve gloriare. Mercoledì prossimo, proprio nell’orario delle visite, prenderai i secchi non solo della tua sala ma anche di quella medica, per fare pulizia in giardino. Così vincerai te stessa».

Dalle suore infermiere esigeva puntualità all’orario di lavoro. E quando qualcuna era in ritardo la ammoniva dicendo: «Sorella, dove sei stata fino adesso? Non sai che gli infermieri si trovano già al loro posto, e tu che riscuoti ugualmente lo stipendio, manchi di giustizia, perché non soddisfi a tutto il lavoro richiesto dal tempo accorciato; manchi anche alla carità, perché o le inferme sono prive di assistenza o le tue compagne vi debbono supplire: insomma trascuri il tuo dovere».

4. È di una straordinaria modernità questo atteggiamento di alta professionalità nel lavoro. La santità, infatti, non solo sviluppa le virtù teologali della fede, speranza e carità, ma si manifesta anche mediante virtù umane altamente esemplari, come fortezza, perseveranza, competenza, umiltà, precisione nell’adempimento dei doveri del proprio stato

Ma l’attualità di Suor Vincenza è data soprattutto dall’eterna novità del carisma della misericordia. In un’epoca, come la nostra, in cui apparentemente non ci sarebbe più bisogno di nulla, perché tutto è accessibile e tutto viene fornito a tutti, in realtà la misericordia è più che mai necessaria. Ancora oggi c’è bisogno di uomini e donne che si cingono del grembiule del servizio, mettendosi a curare le piaghe del loro prossimo e prendendosi cura delle loro necessità spirituali e materiali.

Il Vangelo della carità cristiana non ha ancora scritto la parola fine ed esige nuovi interpreti, che, sull’esempio della nostra Beata, continuino a essere servi dei poveri mediante opera di volontariato, ma anche mediante la propria consacrazione al Signore per tutta la vita nella comunità religiosa. La Caritas Christi ancora oggi urge i giovani a seguire questi modelli di vita umanamente e cristianamente gratificanti. I santi della carità sono infatti i veri benefattori dell’umanità. Essi ci hanno lasciato non parole, non libri, non esortazioni, ma la testimonianza concreta della loro vita e delle loro opere.

Madre Vincenza ha lasciato alla città di Verona, all’Italia, alla Chiesa e al mondo intero la preziosa eredità della misericordia, che è una stella che non tramonta mai nel cielo della nostra umanità. Senza la misericordia la nostra civiltà è più povera. Con la misericordia è invece più ricca e più umana.

Prima ancora di santa Faustina Kowalska, Madre Vincenza aveva fatto della misericordia l’attuazione più adeguata della carità evangelica. Una misericordia che sgorga dalla sua sorgente inesauribile che è l’Eucaristia quotidiana, alla quale la madre attingeva il suo inesauribile entusiasmo apostolico. È Gesù eucaristico, col suo cuore misericordioso, a ispirare, sostenere e confortare l’apostolato e la tensione alla santificazione della Madre.

5. Accogliamo allora con gioia questo messaggio che proviene dalla nobile figura della Beata Vincenza Maria Poloni. Accogliamo il suo invito alla comunione con Gesù nel servizio ai bisognosi, uscendo dal cerchio negativo dell’egoismo e del rifiuto. Facciamo nostro il suo invito a coltivare la sapienza del cuore, che ci apre a ogni invocazione di aiuto e che ci spinge a porre gesti di speranza, di solidarietà, di accoglienza, di bontà. Facciamo nostra soprattutto la sua testimonianza di carità, di cui oggi la nostra città e la nostra patria hanno più che mai bisogno.

Sebbene scomparsa più di centocinquant’anni fa, la nostra Beata è ancora viva con la grandezza della sua figura di donna cristiana, forte, luminosa, santa e soprattutto con il suo messaggio evangelico, che ripropone la parola di Gesù: «Qualunque cosa avrete fatto al più piccolo dei miei fratelli l’avrete fatto a me» (Mt 25,40).

Il fronte della carità che ha illuminato la vostra città nel passato continui a illuminare le vostre menti a progetti di bene, cari fedeli di Verona, e a spingere i vostri cuori ad opere di carità. Non contentatevi di contemplare il glorioso passato. Vivete il presente. Non siate secondi a nessuno nel vostro impegno di carità misericordiosa.

Amen.