Causa in corso
Consolata Betrone (al secolo: Pierina Lorenzina Giovanna)
- Venerabile Serva di Dio -

Consolata Betrone (al secolo: Pierina Lorenzina Giovanna)

(1903 - 1946)

Venerabilità:

- 06 aprile 2019

- Papa  Francesco

Monaca professa delle Clarisse Cappuccine, dedita alla preghiera giorno e notte, alla luce della spiritualità francescana che aveva abbracciato con grande entusiasmo, visse in povertà e letizia, in obbedienza e umiltà, in semplicità e amore

  • Biografia
  • Decreto sulle Virtù
La sua vocazione particolare fu quella dell’amore

 

    La Serva di Dio Consolata Betrone (al secolo: Pierina Lorenzina Giovanna) nacque a Saluzzo (Cuneo, Italia) il 6 aprile 1903. Trasferitasi con la famiglia a Torino nel 1917, maturò l’idea di consacrarsi al Signore e, nel 1925, entrò nella Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Dopo quasi cinque mesi, a causa dell’incertezza riguardo alla propria vocazione, rientrò a casa, nonostante l’amore per la Madonna, la venerazione per San Giovanni Bosco, l’affetto per le Superiore e la stima per le compagne. Iscrittasi alla scuola della Lega Italiana di Insegnamento, aderì al gruppo della gioventù di Azione Cattolica femminile, nonché all’associazione parrocchiale Consolatrix. Nel 1927 entrò nella Congregazione delle Suore di San Giuseppe Benedetto Cottolengo. Ma, anche qui, dopo circa un anno, comprese che il Signore non la chiamava a questa vita.

    Nel 1929 entrò nel monastero delle Clarisse Cappuccine di Torino. Dopo il noviziato, emise la professione semplice il 6 aprile 1931 e quella solenne 1’8 aprile 1934.

    Nel 1939 fu trasferita nel nuovo monastero di Moncalieri-Moriondo dove, oltre a far la cuoca e la portinaia, svolse anche i servizi di segretaria ed infermiera fino al 1945. Continuò il suo percorso spirituale caratterizzato dall’offerta continua della sua vita a Cristo, dall’affidamento alla sua volontà e dalla preghiera costante.

    Grazie al consiglio di P. Lorenzo Sales, Missionario della Consolata, suo confessore e direttore spirituale dal 1935, scrisse una breve autobiografia. Nel frattempo le sue condizioni fisiche divennero progressivamente sempre più precarie.

    Il 25 ottobre 1945 le fu diagnosticata la tubercolosi polmonare e, il 4 novembre successivo, la Serva di Dio partì per il sanatorio di Lanzo Torinese, poi per il ‘San Luigi’ di Torino. Rientrata in monastero di Moriondo (Italia), morì il 18 luglio 1946.

    La Serva di Dio si distinse per il lavoro instancabile a servizio della comunità, dove svolgeva gli incarichi più umili e coltivava un’intensa vita di preghiera e di continue rinunce. La sua vita spirituale fu generosa, fatta di fede semplice, amore puro e offerta costante per la salvezza delle anime.

    Nel momento della professione solenne, emise il voto dell’atto d’amore incessante e si lasciò guidare dalla volontà del Signore, che la condusse all’unione con Lui nella Piccolissima Via, che consiste nell’essere straordinari nell’amore dentro un’umile ordinarietà. Di carattere esuberante e impulsivo, amante della pittura, lottò costantemente contro tutto ciò che la distoglieva dal suo Sposo e dall’amore fraterno. Combatté l’inclinazione al chiacchiericcio e alla curiosità, visse i turbamenti tipici dell’anima che anela all’unione mistica con il suo Sposo con il quale fu in un continuo colloquio interiore. Si consumò nell’amore a Dio e al prossimo, sino alla morte, giunta a quarantatré anni.

    Visse una profonda unione con Cristo Crocifisso che manifestò nei suoi scritti, che sono intrisi del linguaggio tipico mistico. Infatti, i quattro Censori Teologi che studiarono tali opere, edite e inedite, non formularono alcuna obiezione contraria.

 

TAURINENSIS

 

Beatificationis et Canonizationis

Servae Dei

CONSOLATAE BETRONE

Monialis professe Clarissarum Capuccinarum

(1903-1946)

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Super Virtutibus

 

    «Io sono del mio amato e il suo desiderio è verso di me» (Ct 7, 11).

 

    Il gioioso poema della Sposa del Cantico rivive nella spiritualità della Serva di Dio Consolata Betrone, che, limpida e generosa discepola di Cristo, con fedeltà e coerenza seppe trasformare la sua vita in un continuo atto di amore, per la gloria del Padre e la salvezza del mondo.

    La Serva di Dio nacque il 6 aprile 1903 a Saluzzo, presso Cuneo, figlia di un panettiere, Pietro, e di Giuseppina Nirino casalinga. Due giorni dopo, al fonte battesimale ricevette i nomi di Pierina Lorenzina Giovanna. Educata cristianamente in famiglia, durante l’adolescenza fece parte dell’associazione Figlie di Maria, esperienza che contribuì a intensificare il suo fervore religioso e la sua devozione mariana. Ad Airasca, dove si trasferirono, i suoi iniziarono a gestire una trattoria, stabilendosi poi nel 1917 a Torino per occuparsi di un negozio di pasta e granaglie.

    Pierina, bella e gentile, frequentò saltuariamente le scuole magistrali, alternando lo studio al lavoro nel negozio, e si impegnò nella sua parrocchia di San Massimo, lavorando nell’Azione Cattolica e prendendosi cura delle ragazze. Si accostava quotidianamente all’Eucaristia e iniziò ad avvertire il richiamo della vocazione alla vita religiosa. Di temperamento passionale e forte, superò momenti di prova e di oscurità interiore e giunse a proporre i suoi ideali di consacrazione anche ad alcune amiche.

    Un giorno, pregando sulla tomba di Don Bosco a Valsalice, lesse, attraverso il vetro dell’urna, un autografo del Santo che diceva: “Molti furono i chiamati, ma a loro mancò il tempo”. Comprese all’improvviso che era giunta l’ora di prendere una decisione irrevocabile, risoluzione confermata dopo la lettura della Storia di un’anima. «Sentii» - dirà un giorno - «che la vita d’amore di Santa Teresina potevo farla mia; questa santa avrei potuto imitarla. Ciò che più mi commosse fu la frase: “Vorrei amarlo tanto, Gesù, amarlo come non è mai stato amato!”». 

    Pertanto nel 1925 entrò tra le Figlie di Maria Ausiliatrice e, poco dopo, presso l’Istituto “Cottolengo”; ma, non avvertendo quelli i luoghi in cui far maturare la sua vocazione, fece ritorno a casa. Dietro suggerimento di una suora entrò nella comunità delle Cappuccine di Borgo Po a Torino e assunse il nome di Consolata. L’8 aprile 1934 emise i voti perpetui.

    In quel periodo iniziarono a manifestarsi in lei delle locuzioni interiori. Anche obbedendo ad esse la Serva di Dio progredì nell’esercizio delle virtù e nella comunione con il Signore, alimentata da un profondo raccoglimento, dal silenzio e dalla contemplazione adorante della divina volontà. Amare Gesù e condurre a lui tutte le anime della terra, soprattutto quelle più lontane, divenne la sua più autentica “occupazione”.

    La Piccolissima via d’amore data nell’orazione: Gesù, Maria, Vi amo, salvate anime, non è una giaculatoria, bensì una via interiore atta ad educare e promuovere una maggiore confidenza tra la creatura e Dio, nella conoscenza e fiducia di quel grande attributo divino che è la Misericordia.

    Come Santa Teresina, nel cuore della Chiesa, si definisce l’amore, così Suor Consolata, nel grembo, ne aspira ad essere la confidenza.

    La sua missione (per il compimento della quale, dietro richiesta divina, si offrì vittima) è in favore di quelli e di quelle che ella amava chiamare i suoi Fratelli e le sue Sorelle, ossia le anime sacerdotali e religiose che hanno prevaricato.

    La sua vocazione particolare fu quella dell’amore: integrare, per così dire, la dottrina di Santa Teresina sulla piccola via d’amore, dandole una forma concreta, pratica, accessibile a tutte le anime che vi si sentano chiamate, in particolare attraverso un atto incessante d’amore (col cuore).

    Dedita alla preghiera giorno e notte, alla luce della spiritualità francescana che aveva abbracciato con grande entusiasmo, visse in povertà e letizia, in obbedienza e umiltà, in semplicità e amore. In comunità, prima venne impegnata a dipingere, ma poi fu incaricata dei lavori più umili e faticosi: portinaia, ciabattina, cuciniera, tuttofare del monastero. In modo particolare si prese cura delle consorelle anziane e inferme, vedendo in loro il volto dello Sposo sofferente.

    Nel 1938 Suor Consolata venne assegnata al monastero di Moriondo (Testona-Torino), di nuova fondazione. Anche qui la Serva di Dio si impegnò a fondo, lavorando per adattare la casa, collaborando con i muratori, senza risparmiarsi alcun sacrificio. Giunsero, però, gli anni della seconda guerra mondiale. In quel terribile contesto, Suor Consolata si offrì a Dio come vittima per la pace, per le intenzioni del Santo Padre Pio XII, per la Chiesa, per i giovani al fronte.

    Al termine del conflitto, nel novembre 1945, la Serva di Dio venne ricoverata in sanatorio: fu per lei un sacrificio enorme lasciare la sua cella, la preghiera davanti a Gesù Eucaristico, le consorelle. Quindi passò al San Luigi a Torino, tra gli inguaribili. Le restavano, ormai, pochi giorni di vita, così che il 3 luglio 1946 i medici decisero di farla rientrare nel monastero di Moriondo. Pesava appena 35 chili e aveva solo 43 anni. Seguirono due settimane di agonia. Alle prime luci del mattino del 18 luglio 1946 la Serva di Dio chiuse la sua giornata terrena, affidandosi completamente al Cuore di Cristo.

    In virtù della fama di santità, dall’8 febbraio 1995 al 23 aprile 1999 presso la Curia ecclesiastica di Torino fu celebrata l’Inchiesta Diocesana, la cui validità giuridica è stata riconosciuta da questa Congregazione con decreto del 7 aprile 2000.  Preparata la Positio, si è discusso, secondo la consueta procedura, se la Serva di Dio abbia esercitato in grado eroico le virtù. Con esito positivo, il 12 giugno 2018 si è tenuto il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi. I Padri Cardinali e Vescovi nella Sessione Ordinaria del 2 aprile 2019, presieduta da me, Card. Angelo Becciu, hanno riconosciuto che la Serva di Dio ha esercitato in grado eroico le virtù teologali, cardinali ed annesse.

    Presentata, quindi, un’attenta relazione di tutte queste fasi al Sommo Pontefice Francesco da parte del sottoscritto Cardinale Prefetto, il Beatissimo Padre, accogliendo e ratificando i voti della Congregazione delle Cause dei Santi, nel presente giorno ha dichiarato: Constano le virtù teologali della Fede, Speranza e Carità sia verso Dio sia verso il prossimo, nonché le cardinali della Prudenza, Giustizia, Temperanza e Fortezza e di quelle annesse, in grado eroico, della Serva di Dio Consolata Betrone, Monaca professa delle Clarisse Cappuccine, nel caso e per il fine di cui si tratta.

    Il Beatissimo Padre ha dato incarico di rendere pubblico questo decreto e di trascriverlo negli atti della Congregazione delle Cause dei Santi.

    

    Roma, il giorno 6 aprile dell’anno del Signore 2019.

 

ANGELO Card. BECCIU

Prefetto

 

                                                + MARCELLO BARTOLUCCI

                                                Arcivescovo titolare di Bevagna

                                            Segretario