Causa in corso
Miradio della Provvidenza di San Gaetano (al secolo: Giulia Bonifacio)
- Venerabile Serva di Dio -

Miradio della Provvidenza di San Gaetano (al secolo: Giulia Bonifacio)

(1863 - 1926)

Venerabilità:

- 17 dicembre 2022

- Papa  Francesco

Fondatrice della Congregazione delle Povere Figlie di Sant’Antonio, ora Religiose Francescane di Sant’Antonio; prendendo come modelli San Francesco d’Assisi, Sant’Antonio da Padova e San Gaetano da Thiene, ebbe un grande amore per Gesù Bambino e per il Cristo Crocifisso, coltivò un amore profondo per l’Eucarestia dalla quale prendeva forza e ispirazione per promuovere uno stile di vita improntato al dono di se stessa

  • Biografia
“Sarai madre di tanti figli non tuoi”

 

La Venerabile Serva di Dio Miradio della Provvidenza di San Gaetano (al secolo: Giulia Bonifacio) nacque a Castellammare di Stabia (Napoli, Italia) il 2 febbraio 1863, in una famiglia cristiana di modeste condizioni sociali.

Concluso il ciclo di istruzione primaria, lasciò la scuola per contribuire nella gestione della casa. Nel 1882, entrò nella Congregazione delle Povere Figlie di San Pietro d’Alcantara, accolta dai Fondatori, don Vincenzo Gargiulo e suor Maria Agnese dell’Immacolata, nella Casa Madre a Castellammare.

Il 1° maggio 1884 emise la professione dei voti religiosi e, subito dopo, ricevette l’incarico di Maestra delle Probande e delle Novizie.

Nel 1892 venne eletta Vicaria Generale e, due anni dopo, fu trasferita a Roma, all’Ospizio di Santa Margherita da Cortona, che accoglieva ragazze indotte alla prostituzione, gestito dalle suore Margheritine e dalle Alcantarine.

Con gli anni la convivenza tra i due Istituti diventò difficile. Restò all’Ospizio di Santa Margherita fino al 1896, spendendo ogni energia per eliminare le tensioni e rendere più serena la convivenza.

Durante i due anni trascorsi nell’Ospizio, conobbe don Francesco Maria Carisdeo, Parroco di Carpino (Foggia), che divenne la sua guida spirituale. Dopo aver vissuto nelle comunità di Rende (Cosenza) e Tocco Casauria (Pescara), nel 1900, con due consorelle, si trasferì a Carpino accolta dal suo direttore spirituale.

I Superiori si opposero a tale scelta ed ella obbedì, ma cadde in un profondo stato di sconforto. Si ammalò gravemente e, nel 1901, chiese ed ottenne il permesso di potersi curare in famiglia a Napoli a casa di una sua sorella.

Riacquistate le energie fisiche e la forza interiore, tornò a Castellammare, comunicando la decisione di lasciare definitivamente le Alcantarine e, il 22 maggio 1901, con le due consorelle, tornò a Carpino per dare inizio alla fondazione di un nuovo Istituto Religioso.

La comunità si trasferì a Valle Tufara, nella Diocesi di Benevento, dove la Congregazione, denominata Povere Figlie di Sant’Antonio, ottenne il riconoscimento diocesano e si mise a disposizione della Chiesa e dei bisogni della gente, specialmente dell’infanzia e della gioventù.

Nel giugno del 1926 la Serva di Dio consegnò alla Congregazione le Costituzioni e, il 15 dicembre successivo, morì a Secondigliano (Napoli, Italia).

La salma fu trasferita ad Ariccia (diocesi di Albano), sede della Casa generalizia della Congregazione. Per questo la competenza sulla Causa è stata trasferita alla Diocesi di Albano.

La Venerabile Serva di Dio, prendendo come modelli San Francesco d’Assisi, Sant’Antonio da Padova e San Gaetano da Thiene, ebbe un grande amore per Gesù Bambino e per il Cristo Crocifisso, coltivò un amore profondo per l’Eucarestia dalla quale prendeva forza e ispirazione per promuovere uno stile di vita improntato al dono di se stessa; ebbe una grande devozione al Cuore di Maria Immacolata.

L’attesa dei “beni futuri” fu sempre presente in lei. Ancora adolescente, il Servo di Dio Monsignor Vincenzo Maria Sarnelli le disse: “Sarai madre di tanti figli non tuoi”. Fu questo amore materno, che caratterizzò la sua esistenza, prediligendo i piccoli, gli indifesi, i malati, gli abbandonati, gli orfani per i quali, a costo di grandi sacrifici, svolse un’intensa attività apostolica, aprendo scuole, orfanotrofi, laboratori, ricoveri per colerosi e per i profughi di guerra.