Causa in corso
Silvio Dissegna
- Venerabile Servo di Dio -

Silvio Dissegna

(1967 - 1979)

Venerabilità:

- 07 novembre 2014

- Papa  Francesco

Fanciullo; fin da piccolo, si distinse per bontà, generosità e intelligenza. Umanamente era riscontrabile in lui una maturità che andava ben oltre l’età anagrafica. Il giorno della prima Comunione chiese la grazia di assomigliare sempre più a Gesù. Seppe trasformare la sua sofferenza in offerta a Dio per la riparazione dei peccati del mondo e la salvezza dei peccatori

  • Biografia
“Ogni mio dolore sia un gesto di amore per te, o Gesù”

 

Il Venerabile Servo di Dio Silvio Dissegna nasce il 1° luglio 1967 a Moncalieri (Torino), nel reparto maternità dell’ospedale Civile ‘S. Cuore’ da Ottavio, di anni trenta, caposquadra alla FIAT di Carmagnola e da Gabriella Martignon, di anni ventiquattro, bidella nelle scuole elementari del paese dove abita la famiglia. I coniugi Dissegna, originari del Veneto, di famiglie contadine, con cultura profondamente religiosa, si erano sposati il 13 aprile dell’anno precedente e dal loro matrimonio, nel 1968, cioè a distanza di un anno da Silvio nascerà un secondo figlio, Carlo.

Nato il giorno della festa del Preziosissimo Sangue di Gesù, il piccolo Silvio viene battezzato, nella cappella dello stesso ospedale, il 6 luglio, festa di S. Maria Goretti. Gli altri due nomi ricevuti al momento del battesimo sono, Antonio, Giovanni.

Il primo ottobre 1973 Silvio inizia la prima elementare a Poirino. Sta per iniziare la terza elementare quando il 7 settembre Silvio, insieme a suo fratello Carlo, riceve la prima comunione, al pilone, un’edicola posta all’interno del giardino di casa; si trattava di un pilone votivo dedicato a S. Pio X e voluto da don Giuseppe Galli che lo utilizzava anche celebrazioni eucaristiche.

Silvio va bene a scuola ed è pieno di vitalità. Il 19 marzo 1978, mentre partecipa ad una partita di calcio fra amici, giocata presso la cascina Pescheretta, si accorge “che la gamba sinistra non lo reggeva più”.

Soggetto a febbri intermittenti, nei giorni seguenti riprende febbre e comincia ad avvertire insistenti dolori alla gamba sinistra. Circa un mese dopo viene ricoverato al reparto ortopedico dell’ospedale ‘S. Croce’ di Moncalieri, ma solo il 13 maggio gli viene diagnosticata neoplasia ossea, cioè cancro dell’osso. Un mese dopo esce, in carrozzella, dall’ospedale per ricevere, nella chiesa parrocchiale di Poirino il sacramento della confermazione; terminata la festa rientra in ospedale. Non aveva ancora compiuto gli undici anni.

Dimesso dall’ospedale il 4 giugno, chiede di portargli giornalmente la comunione a don Luigi Delsanto, lo stesso sacerdote che lo aiuterà a meditare i misteri del Rosario. Ottavio aveva chiesto per suo figlio Silvio la benedizione a Paolo VI e il papa gliela invia con parole di conforto unitamente a un ricordo religioso. A giugno i suoi compagni sostengono gli esami di licenza elementare, così il suo insegnante, insieme ad altri colleghi, si reca a casa di Silvio per fargli sostenere gli esami, ai quali Silvio si era preparato, nonostante la malattia. Seguono mesi il cui viene accompagnato in varie cliniche, nella speranza di riuscire a debellare la malattia. Viene così dal papà accompagnato a Parigi, presso il prof. Ayat, un luminare delle malattie tumorali: inizia così un ciclo di chemioterapia, cui però il fisico di Silvio mal reagisce.

Il 26 giugno torna a casa, dove riprende a ricevere da don Luigi la comunione quotidiana. Il primo luglio, quando compie undici anni, viene ricoverato d’urgenza all’ospedale di Moncalieri e sottoposto ad una trasfusione. Non era terminato il mese e il 24 luglio, di nuovo, viene portato a Parigi per un secondo ricovero: il male però è diffuso e così le speranze cominciano a venir meno. Ripresa la chemio, l’8 agosto viene rimandato a casa. Di nuovo il 21 agosto a Parigi, per un terzo ricovero, nel giorno dedicato a S. Pio X cui il Silvioo si affida, vi rimane dieci giorni, poi di nuovo torna a casa. Quivi è circondato dall’affetto dei suoi cari e di tanti amici che vengono a trovarlo ma gli mancano il calcio, le corse e la scuola che vorrebbe frequentare. Il 18 settembre è di nuovo a Parigi; la quarta chemio, questa volta, gli procura sofferenze atroci. Trova sollievo nell’Eucaristia che può ricevere in clinica. Dopo dieci giorni è di nuovo a casa, a Poirino; l’ultima speranza viene dall’intercessione dei santi: si invoca papa Giovanni XXIII, si fa il voto a san Gaspare del Bufalo. La mamma di Silvio partecipa ad un incontro di preghiera; mentre, da parte sua, Silvio recita ‘Ave Marie’ e ‘Gloria’ per i cinque continenti, in ciò aiutato dal tipo di corona che usa. Poi sopraggiunge la grande ispirazione di farsi vittima di espiazione, offrendo i dolori che patisce.

Così il 16 ottobre 1978 parte per Parigi, abbandonandosi pienamente nelle mani di Dio, cui chiede la salvezza che la scienza non può dargli. A Parigi rimane appena otto giorni, poi torna a casa. Rientrati, anche il papà partecipa a un incontro di preghiera. Il 20 novembre successivo, Silvio compie il sesto viaggio a Parigi per sottoporsi alle applicazioni di chemio. Malgrado che abbia piena coscienza che il suo destino è segnato – egli non guarirà – il Silvio è sereno e, tornato a casa, trova la forza nell’Eucaristia e nella preghiera.

Il 2 gennaio 1979 compie il settimo ed ultimo viaggio a Parigi. Il suo stato di salute è grave e non può più essere sottoposto a chemioterapia. Dimesso dalla clinica non dispera, ma prega sempre di più. Il dolore lo tormenta e lui continua ad offrire le sue sofferenze per i peccatori, per il Papa, per la Chiesa e i sacerdoti, per le missioni. Chiede e offre preghiere; recita il santo rosario di giorno e di notte, alla luce di una piccola lampada. Riceve sempre l’Eucaristia con fede e devozione. Quando il dolore diviene lacerante, si ricorre ad iniezioni di morfina.

È il 6 maggio 1979 quando, sull’esempio di san Domenico Savio, si consacra a Maria. La metastasi avanza e, a giugno, Silvio ormai non ci vede più, mentre ha sempre la febbre alta. Per sua consolazione si fa leggere storie di santi e libri sulle apparizioni di Fatima che gli vengono regalati. Il 25 luglio sogna la Vergine che lo chiama vicino a sé.

In paese l’Associazione Piombinesi aveva fatto collette per sostenere la famiglia nei continui viaggi a Parigi, per volontà di Silvio i fondi vengono ora devoluti per la costruzione dell’oratorio parrocchiale. Di lì a pochi giorni riceve, per la seconda volta, gli ultimi sacramenti. Ormai ogni movimento si trasforma, per lui, in un martirio; mentre gli viene meno persino l’udito, tanto che non ci sente quasi più. In questo frangente, a motivo delle ferie, scortano anche le iniezioni di morfina; si fa supplenza con acqua di Lourdes che il Silvio beve con fede, pregando la Madonna. Il 3 settembre Silvio ha un grande collasso; il corpo è tutta una piaga e perde sangue; in compenso è perfettamente lucido. Le medicazioni gli procurano un tormento atroce. La situazione si aggrava e, per la terza volta, gli viene amministrato l’olio degli infermi.

Il 23 settembre 1979 Silvio entra in agonia; gli sono accanto i genitori e le persone più intime. Alle 21,30 del giorno seguente, festa della Madonna della Mercede, il cuore cessa di battergli.

Silvio aveva appena 12 anni

 

Inchiesta diocesana

L’Inchiesta diocesana si svolse presso la Curia ecclesiastica di Torino (Italia), dall’8 febbraio 1995 al 25 ottobre 2001, in cinquanta Sessioni, con l’escussione di trentatre testi, di cui quattro ex officio.

La validità giuridica dell’Inchiesta fu riconosciuta con il Decreto dell’8 novembre 2002.

 

Congresso Peculiare dei Consultori Teologi

Si tenne il 5 novembre 2013, presieduto dal Promotore della Fede, con la presenza dei Consultori prescritti, i quali, delineando il ritratto biografico del Venerabile Servo di Dio, sottolinearono che, fin da piccolo, si distinse per bontà, generosità e intelligenza. Umanamente era riscontrabile in lui una maturità che andava ben oltre l’età anagrafica. Il giorno della prima Comunione chiese la grazia di assomigliare sempre più a Gesù.

La sofferenza valorizzò le sue potenzialità e le portò a maturazione. Affrontò con umiltà, coraggio e mansuetudine la malattia, cercando di non importunare nessuno, persino quando perse totalmente la propria autonomia. Sempre fu animato dalla speranza dapprima di guarire, poi di non soffrire, infine, di andare in Paradiso da Gesù. Seppe trasformare la sua sofferenza in offerta a Dio per la riparazione dei peccati del mondo e la salvezza dei peccatori.

Pur di così giovane età, comprese l’amore di Gesù per le sue creature e visse la partecipazione alla sua croce. I sacramenti che riceveva con fede e la preghiera continua, soprattutto la recita del Santo Rosario, contribuirono alla progressiva maturazione umana e cristiana.

Al termine del dibattito, i Consultori si espressero unanimemente con voto affermativo circa il grado eroico delle virtù, la fama di santità e di segni del Venerabile Servo di Dio.

 

Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi

Si riunì il 21 ottobre 2014. L’Ecc.mo Ponente, dopo avere tratteggiato la storia della Causa e la figura del Venerabile Servo di Dio, si soffermò sull’esercizio delle virtù teologali e cardinali che, presente in lui fin dalla tenera età, apparve in maniera evidente nei diciotto mesi della dolorosa malattia. La sua fede trovò nutrimento nella Comunione Eucaristica quotidiana e nella preghiera, vissuta giorno e notte, soprattutto con la recita del Rosario, che gli permetteva di sentirsi unito alle sofferenze di Cristo in compagnia della Vergine Addolorata.

Diede esempio di come abbracciare la croce e portarla per amore di Dio e dei fratelli. Considerò il Signore come centro della sua vita, ringraziandolo continuamente per ogni dono gratuitamente ricevuto. Nella sofferenza ripeteva: “Ogni mio dolore sia un gesto di amore per te, o Gesù”. Dall’amore verso Dio scaturiva quello verso il prossimo, rendendosi sempre disponibile ad aiutare i compagni in difficoltà e manifestando profonda riconoscenza per coloro che lo assistevano.

Al termine della Relazione dell’Ecc.mo Ponente, che concluse constare de heroicitate virtutum, gli Em.mi ed Ecc.mi Padri risposero unanimemente al dubbio con sentenza unanime affermativa